Ciao amici, domani partiamo per le due gare di coppa del mondo in Asia.La prima si svolgerà a Shanghai la seconda a Seoul e ci vedrà impegnati anche nella gara a squadra.Un buon banco di prova ,queste tre gare, per fare il punto della situazione dopo un mese di lavoro;purtroppo non siamo riusciti a dare sempre continuità all'allenamento(scuola,università, lavoro...), ma questo oramai è risaputo e dovrò sempre convivere con questo tipo di problematica.Per ora nella federazione giapponese solo il fioretto maschile è composto da dei "semi professionisti" della scherma, le altre armi si danno da fare equilibrandosi tra la grande voglia e passione e i problemi della vita quotidiana.Spero di riuscire ad intravedere qualche piccolo miglioramento, sopratutto dal punto di vista dell'atteggiamento mentale durante gli assalti.In questo periodo,oltre al lavoro tecnico, ho dedicato molto tempo alle ragazze per cercare di trasmettere loro la convinzione che si " può fare"...che nessun match è perso in partenza.dobbiamo crescere nella mentalità...piano piano vorrei cancellare quel concetto di sottomissione che in maniera più o meno velata scorre in queste ragazze!!!
Ciao amici
giovedì 29 aprile 2010
martedì 27 aprile 2010
28 aprile 2010
Vi ricordate il problema Tibet prima delle olimpiade......quanta gente ne ha parlato....ora le Olimpiadi sono finite....
GYEGU - Il terremoto che il 14 aprile ha sconvolto la contea di Yushu, nella regione tibetana del Qinghai, rischia di trasformarsi in un sisma politico per l'intera Cina. Migliaia di monaci buddisti, accorsi da tutte le zone del Tibet storico per aiutare la popolazione, sono stati cacciati dai funzionari del partito comunista. Cinque posti di blocco, lungo la strada di 820 chilometri che collega lo Yushu al capoluogo, impediscono a giornalisti e religiosi di raggiungere l'epicentro delle scosse, pressoché isolato. Il presidente della conferenza consultiva del popolo, Jia Qinglin, ha dichiarato che "forze ostili d'oltremare tentano di sabotare gli sforzi di soccorso". Decine di villaggi e di quartieri cittadini, dopo due settimane, non sono ancora stati raggiunti dai soccorritori. Lo scrittore Tra Gyal, intellettuale di riferimento tra i tibetani del Qinghai, è stato arrestato a Xining dopo aver scritto una lettera aperta in cui denunciava le falsificazioni delle autorità.
Le stime delle vittime non concordano. Per giorni si è parlato di poche centinaia di cadaveri. Secondo il governo di Pechino il terremoto ha infine causato 2223 morti, 90 scomparsi, 12 mila feriti e circa 100 mila senzatetto. Il conteggio dei monaci, confermato dalle Ong internazionali presenti sul posto, alza il numero dei morti identificati a oltre seimila. I sopravvissuti affermano che la cifra reale oscilla tra i 15 i 20 mila morti. Dopo giorni di funerali e di silenzio, centinaia di monaci hanno protestato contro la falsità dei dati ufficiali. Gyegu, la città santa dei tibetani, è rasa al suolo. Dei 238 monasteri buddisti della regione, incuneata tra il Sichuan e l'attuale Tibet, 87 sono crollati e il 60% degli altri è pericolante. Il Sengze Gyanak Mani, la montagna di pietre sacre buddiste più grande del mondo, è distrutta. Oltre due miliardi di sassi incisi con i mantra, sono franati travolgendo gli otto stupa e le ruote di preghiera alte dieci metri. Migliaia di statue antiche delle divinità tibetane, di preziosi testi sutra e di thangka, dipinti e ricamati su seta, sono andati perduti. Profonde crepe lacerano il mitico tempio della principessa Wencheng, protetto da una grotta, e la moschea di Jyekundo, il nome tibetano di Gyegu. Tra i 23 mila monaci dell'ordine gelugpa, il governo locale conta 84 vittime. I lama sostengono di aver perduto oltre mille confratelli.
Tra capoluogo e provincia sono crollate il 70% delle 192 scuole, impraticabili le altre. Secondo le cifre ufficiali, gli studenti morti nella regione sarebbero 207. Monaci e attivisti per i diritti umani sono in possesso di elenchi che certificano 769 studenti morti solo nei 67 istituti e collegi di Gyegu. Centinaia gli studenti dispersi. I vertici del partito comunista della contea, dopo le prime ore, avrebbero cambiato i dati nel timore di un altro scandalo. Due anni fa, nel confinante Sichuan, oltre 6 mila alunni sono morti nel terremoto che ha causato il crollo di centinaia di scuole costruite male per fretta, corruzione e incuria. A Gyegu e nelle altre cinque città della contea appaiono cancellati anche i nuovi quartieri costruiti dal governo per concentrare forzatamente i pastori nomadi dispersi sull'altopiano.
Migliaia di superstiti, stremati dalla fame e dal gelo, continuano a scavare tra le macerie con le mani, o con vecchi badili. Recuperano soprattutto travi in legno, preziose per l'assenza di alberi. La contea di Yushu si trova ad una quota media di 4400 metri. Di giorno la temperatura raggiunge ora i dieci gradi, di notte scende a dieci sotto zero. Negli ultimi giorni ha nevicato più volte, un vento gelido e violento solleva tempeste di sabbia. Elettricità e acqua corrente restano interrotte. Squarci di sole trasformano le piste in un pantano. Per raggiungere Gyegu da Xining, occorrono 18 ore di camion. Si viaggia in un deserto di pietre oltre i 4 mila metri e nei passi si tocca quota 5100 metri. Alcuni ponti, impraticabili, costringono a deviazioni sulla schiena delle montagne. Lo scenario è impressionante. In poche ore si passano le sorgenti del Fiume Giallo, del Megong e dello Yangtze, i tre grandi fiumi dell'Asia, tra duemila vette oltre i 5 mila metri.
Tra i "Laghi delle Stelle" ghiacciati, nella prefettura di Maduo, si incontrano solo branchi di yak, antilopi, mufloni e lupi. L'unica strada è invasa dalle colonne dei soccorsi, in gran parte bloccati nel fango indurito. Sul fondo di un precipizio giace un tir rovesciato, con il motore ancora acceso. Nelle tendopoli e per le strade sconvolte di Gyegu, i funzionari di partito e gli agenti di polizia appaiono invece più presenti dei 12 mila militari inviati da Pechino per rimuovere i detriti. La maggioranza, cani compresi, è colpita dal mal di montagna. Nell'aria la concentrazione di ossigeno è la metà di quella presente al livello del mare. Il pericolo di epidemie, tra cui la peste polmonare trasmessa dalle marmotte, è procrastinato dal freddo. Tale rischio, oltre alla difficoltà linguistica tra tibetani e cinesi di etnia han, al fatto che solo una piccola parte della popolazione è censita, è uno dei motivi all'origine della discrepanza nel conteggio delle vittime. Nei primi due giorni dopo il terremoto, quando i soccorsi inviati da Pechino non erano ancora arrivati e 700 scosse di assestamento hanno perfezionato la distruzione, migliaia di cadaveri sono stati cremati, offerti agli avvoltoi, o affidati alla corrente rossa del fiume Yangtze, secondo la tradizione. Sulla sommità della collina di Zhaxi Datong, che franando ha travolto centinaia di case in fango, legno e sassi, due trincee parallele lunghe cento metri sono state scavate dalla gente per bruciare i cadaveri. La cenere è ancora calda e i pali di ferro, disposti a formare una griglia, sono piegati dal peso e dal fuoco. Secondo il governo, in questo rogo comune sono stati bruciati 1400 corpi. Il buddha vivente Lodroe Nyma Rinpoche, guida spirituale del monastero Thrangu, sostiene invece di aver cremato qui 2110 cadaveri solo venerdì 16 aprile.
Le pire più grandi sono state organizzate poi tra sabato e domenica. In decine di villaggi i sopravvissuti continuano però a bruciare salme in modo autonomo, senza aspettare i funzionari.
Davanti alle case crollate, o vicino ai monasteri, volano vie colonne di fumo nero. La cremazione di massa, per i tibetani, è uno shock. Il "funerale di fuoco", al posto di quelli "dell'aria", o "dell'acqua", è un evento estremo. La popolazione si è rassegnata solo perché nel cielo e nei fiumi dello Yushu non c'erano abbastanza avvoltoi, né pesci, per portare tutti i cadaveri nella prossima vita. La tensione sale e l'incubo di Pechino è il surriscaldamento politico dell'intera regione tibetana. Improvvisamente le immagini dei monaci buddisti impegnati a scavare tra le macerie, sono scomparse da giornali e televisioni. Il Qinghai è il cuore dell'antico Tibet.
A Taktser, nella regione dell'Amdo, è nato Tenzin Gyatso, l'attuale Dalai Lama, che dall'esilio ha chiesto invano di poter visitare la sua terra natia, sconvolta dal sisma. E' noto anche come la "Siberia della Cina", a causa degli esperimenti atomici e dei campi di rieducazione maoista. Sulla via per Gyegu si incontra però anche l'Amnye Machen, 6282 metri, il monte sacro dei buddisti, come il Kailash, nell'attuale Tibet. Proprio da qui, nel marzo del 2008, si è propagato fino a Lhasa il focolaio di ribellione dei monaci contro Pechino. Da allora i campi di rieducazione sono stati riaperti. Due settimane fa, quando migliaia di religiosi dal cappuccio giallo sono usciti dai templi per accorrere sul luogo del terremoto, a bordo di moto e furgoni, è stata la prima volta che monaci di sette diverse si incontravano dopo le sommosse represse nel sangue. Attualmente vivono nei monasteri, tra Gansu e Sichuan, pressoché reclusi. Il governo cinese è stato colto alla sprovvista dalla loro "fuga umanitaria" e teme che la concentrazione di monaci nello Yushu, considerati leader dalla popolazione, possa sfociare in un'altra rivolta.
L'espulsione dei religiosi da Gyegu e dai villaggi vicini è la scintilla dell'odio che in queste ore risale tra i tibetani scampati al terremoto, il 97% della popolazione, e i cinesi han. La propaganda nazionalista è massiccia.
Giornali e tivù, da Pechino, tempestano di immagini con militari e medici cinesi, ritratti come eroi, impegnati a salvare tibetani feriti. Le visite del premier Wen Jiabao e del presidente Hu Jintao agli sfollati, hanno paralizzato i soccorsi per due giorni. Come alla vigilia delle Olimpiadi, l'orgoglio patriottico serve a non turbare l'imminente inaugurazione dell'Expo di Shanghai, vetrina mondiale "altamente sensibile". Il governo della capitale, per decenni, ha dipinto i monaci tibetani come "nemici del popolo". Non può consentire che il loro sacrificio, essenziale nelle prime ore della tragedia, offuschi oggi la mobilitazione del partito e attragga inediti simpatie popolari. Il problema più imbarazzante resta però il crollo sistematico di scuole e quartieri appena costruiti dallo Stato, mentre palazzi governativi e caserme risultano intatti. A Gyegu, centomila abitanti prima del sisma, studiavano ventimila bambini e ragazzi.
Confluivano nei collegi da tutta la provincia, lasciando per mesi i loro villaggi di pastori. La scossa più violenta, alle 7.49 del mattino, li ha sorpresi già in classe a pulire, o nelle camerate a preparare gli esami. Nella scuola primaria numero 3, secondo i dati ufficiali, ci sono state 40 vittime.
Secondo il preside Nyima Gyaltsen, ancora in tuta e mocassini sfondati, dei 3100 ragazzi sepolti dai 18 edifici, i superstiti accertati sono invece 63. Stragi analoghe, smentite dalle autorità, si sarebbero verificate in tutte le altre scuole, nell'istituto professionale femminile, nell'orfanotrofio sbriciolato dove vivevano mille bambini, negli ospedali crollati. I tibetani del Qinghai temono che alla truffa sugli appalti degli edifici pubblici segua ora la razzia dei finanziamenti per la ricostruzione. Non accettano di essere esclusi da ogni scelta, si oppongono alle ruspe che stanno spianando tutto e hanno paura che la falsificazione dei dati sulle vittime preluda a una nuova ondata di colonizzazione han della regione. Pechino ha invece un solo problema: la stabilità sociale dell'area tibetana dentro la propaganda sull'efficienza del partito comunista. Lo sa anche Zhu Tsai Jia, che per 49 giorni non si laverà i capelli, né cambierà il suo abito strappato. Per i tibetani questo tempo, dopo un lutto, conclude il cerchio della vita. Apre il bagagliaio dell'auto e innaffia il corpo decomposto di sua moglie Daizhong.
Amici e parenti intonano le preghiere. Non rispondono a un funzionario che mostra la sua tessera rossa e pretende le generalità dei presenti. Salgono su una collina bianca di neve e cercano altri avvoltoi, di nuovo affamati.
La Repubblica 28 aprile 2010
GYEGU - Il terremoto che il 14 aprile ha sconvolto la contea di Yushu, nella regione tibetana del Qinghai, rischia di trasformarsi in un sisma politico per l'intera Cina. Migliaia di monaci buddisti, accorsi da tutte le zone del Tibet storico per aiutare la popolazione, sono stati cacciati dai funzionari del partito comunista. Cinque posti di blocco, lungo la strada di 820 chilometri che collega lo Yushu al capoluogo, impediscono a giornalisti e religiosi di raggiungere l'epicentro delle scosse, pressoché isolato. Il presidente della conferenza consultiva del popolo, Jia Qinglin, ha dichiarato che "forze ostili d'oltremare tentano di sabotare gli sforzi di soccorso". Decine di villaggi e di quartieri cittadini, dopo due settimane, non sono ancora stati raggiunti dai soccorritori. Lo scrittore Tra Gyal, intellettuale di riferimento tra i tibetani del Qinghai, è stato arrestato a Xining dopo aver scritto una lettera aperta in cui denunciava le falsificazioni delle autorità.
Le stime delle vittime non concordano. Per giorni si è parlato di poche centinaia di cadaveri. Secondo il governo di Pechino il terremoto ha infine causato 2223 morti, 90 scomparsi, 12 mila feriti e circa 100 mila senzatetto. Il conteggio dei monaci, confermato dalle Ong internazionali presenti sul posto, alza il numero dei morti identificati a oltre seimila. I sopravvissuti affermano che la cifra reale oscilla tra i 15 i 20 mila morti. Dopo giorni di funerali e di silenzio, centinaia di monaci hanno protestato contro la falsità dei dati ufficiali. Gyegu, la città santa dei tibetani, è rasa al suolo. Dei 238 monasteri buddisti della regione, incuneata tra il Sichuan e l'attuale Tibet, 87 sono crollati e il 60% degli altri è pericolante. Il Sengze Gyanak Mani, la montagna di pietre sacre buddiste più grande del mondo, è distrutta. Oltre due miliardi di sassi incisi con i mantra, sono franati travolgendo gli otto stupa e le ruote di preghiera alte dieci metri. Migliaia di statue antiche delle divinità tibetane, di preziosi testi sutra e di thangka, dipinti e ricamati su seta, sono andati perduti. Profonde crepe lacerano il mitico tempio della principessa Wencheng, protetto da una grotta, e la moschea di Jyekundo, il nome tibetano di Gyegu. Tra i 23 mila monaci dell'ordine gelugpa, il governo locale conta 84 vittime. I lama sostengono di aver perduto oltre mille confratelli.
Tra capoluogo e provincia sono crollate il 70% delle 192 scuole, impraticabili le altre. Secondo le cifre ufficiali, gli studenti morti nella regione sarebbero 207. Monaci e attivisti per i diritti umani sono in possesso di elenchi che certificano 769 studenti morti solo nei 67 istituti e collegi di Gyegu. Centinaia gli studenti dispersi. I vertici del partito comunista della contea, dopo le prime ore, avrebbero cambiato i dati nel timore di un altro scandalo. Due anni fa, nel confinante Sichuan, oltre 6 mila alunni sono morti nel terremoto che ha causato il crollo di centinaia di scuole costruite male per fretta, corruzione e incuria. A Gyegu e nelle altre cinque città della contea appaiono cancellati anche i nuovi quartieri costruiti dal governo per concentrare forzatamente i pastori nomadi dispersi sull'altopiano.
Migliaia di superstiti, stremati dalla fame e dal gelo, continuano a scavare tra le macerie con le mani, o con vecchi badili. Recuperano soprattutto travi in legno, preziose per l'assenza di alberi. La contea di Yushu si trova ad una quota media di 4400 metri. Di giorno la temperatura raggiunge ora i dieci gradi, di notte scende a dieci sotto zero. Negli ultimi giorni ha nevicato più volte, un vento gelido e violento solleva tempeste di sabbia. Elettricità e acqua corrente restano interrotte. Squarci di sole trasformano le piste in un pantano. Per raggiungere Gyegu da Xining, occorrono 18 ore di camion. Si viaggia in un deserto di pietre oltre i 4 mila metri e nei passi si tocca quota 5100 metri. Alcuni ponti, impraticabili, costringono a deviazioni sulla schiena delle montagne. Lo scenario è impressionante. In poche ore si passano le sorgenti del Fiume Giallo, del Megong e dello Yangtze, i tre grandi fiumi dell'Asia, tra duemila vette oltre i 5 mila metri.
Tra i "Laghi delle Stelle" ghiacciati, nella prefettura di Maduo, si incontrano solo branchi di yak, antilopi, mufloni e lupi. L'unica strada è invasa dalle colonne dei soccorsi, in gran parte bloccati nel fango indurito. Sul fondo di un precipizio giace un tir rovesciato, con il motore ancora acceso. Nelle tendopoli e per le strade sconvolte di Gyegu, i funzionari di partito e gli agenti di polizia appaiono invece più presenti dei 12 mila militari inviati da Pechino per rimuovere i detriti. La maggioranza, cani compresi, è colpita dal mal di montagna. Nell'aria la concentrazione di ossigeno è la metà di quella presente al livello del mare. Il pericolo di epidemie, tra cui la peste polmonare trasmessa dalle marmotte, è procrastinato dal freddo. Tale rischio, oltre alla difficoltà linguistica tra tibetani e cinesi di etnia han, al fatto che solo una piccola parte della popolazione è censita, è uno dei motivi all'origine della discrepanza nel conteggio delle vittime. Nei primi due giorni dopo il terremoto, quando i soccorsi inviati da Pechino non erano ancora arrivati e 700 scosse di assestamento hanno perfezionato la distruzione, migliaia di cadaveri sono stati cremati, offerti agli avvoltoi, o affidati alla corrente rossa del fiume Yangtze, secondo la tradizione. Sulla sommità della collina di Zhaxi Datong, che franando ha travolto centinaia di case in fango, legno e sassi, due trincee parallele lunghe cento metri sono state scavate dalla gente per bruciare i cadaveri. La cenere è ancora calda e i pali di ferro, disposti a formare una griglia, sono piegati dal peso e dal fuoco. Secondo il governo, in questo rogo comune sono stati bruciati 1400 corpi. Il buddha vivente Lodroe Nyma Rinpoche, guida spirituale del monastero Thrangu, sostiene invece di aver cremato qui 2110 cadaveri solo venerdì 16 aprile.
Le pire più grandi sono state organizzate poi tra sabato e domenica. In decine di villaggi i sopravvissuti continuano però a bruciare salme in modo autonomo, senza aspettare i funzionari.
Davanti alle case crollate, o vicino ai monasteri, volano vie colonne di fumo nero. La cremazione di massa, per i tibetani, è uno shock. Il "funerale di fuoco", al posto di quelli "dell'aria", o "dell'acqua", è un evento estremo. La popolazione si è rassegnata solo perché nel cielo e nei fiumi dello Yushu non c'erano abbastanza avvoltoi, né pesci, per portare tutti i cadaveri nella prossima vita. La tensione sale e l'incubo di Pechino è il surriscaldamento politico dell'intera regione tibetana. Improvvisamente le immagini dei monaci buddisti impegnati a scavare tra le macerie, sono scomparse da giornali e televisioni. Il Qinghai è il cuore dell'antico Tibet.
A Taktser, nella regione dell'Amdo, è nato Tenzin Gyatso, l'attuale Dalai Lama, che dall'esilio ha chiesto invano di poter visitare la sua terra natia, sconvolta dal sisma. E' noto anche come la "Siberia della Cina", a causa degli esperimenti atomici e dei campi di rieducazione maoista. Sulla via per Gyegu si incontra però anche l'Amnye Machen, 6282 metri, il monte sacro dei buddisti, come il Kailash, nell'attuale Tibet. Proprio da qui, nel marzo del 2008, si è propagato fino a Lhasa il focolaio di ribellione dei monaci contro Pechino. Da allora i campi di rieducazione sono stati riaperti. Due settimane fa, quando migliaia di religiosi dal cappuccio giallo sono usciti dai templi per accorrere sul luogo del terremoto, a bordo di moto e furgoni, è stata la prima volta che monaci di sette diverse si incontravano dopo le sommosse represse nel sangue. Attualmente vivono nei monasteri, tra Gansu e Sichuan, pressoché reclusi. Il governo cinese è stato colto alla sprovvista dalla loro "fuga umanitaria" e teme che la concentrazione di monaci nello Yushu, considerati leader dalla popolazione, possa sfociare in un'altra rivolta.
L'espulsione dei religiosi da Gyegu e dai villaggi vicini è la scintilla dell'odio che in queste ore risale tra i tibetani scampati al terremoto, il 97% della popolazione, e i cinesi han. La propaganda nazionalista è massiccia.
Giornali e tivù, da Pechino, tempestano di immagini con militari e medici cinesi, ritratti come eroi, impegnati a salvare tibetani feriti. Le visite del premier Wen Jiabao e del presidente Hu Jintao agli sfollati, hanno paralizzato i soccorsi per due giorni. Come alla vigilia delle Olimpiadi, l'orgoglio patriottico serve a non turbare l'imminente inaugurazione dell'Expo di Shanghai, vetrina mondiale "altamente sensibile". Il governo della capitale, per decenni, ha dipinto i monaci tibetani come "nemici del popolo". Non può consentire che il loro sacrificio, essenziale nelle prime ore della tragedia, offuschi oggi la mobilitazione del partito e attragga inediti simpatie popolari. Il problema più imbarazzante resta però il crollo sistematico di scuole e quartieri appena costruiti dallo Stato, mentre palazzi governativi e caserme risultano intatti. A Gyegu, centomila abitanti prima del sisma, studiavano ventimila bambini e ragazzi.
Confluivano nei collegi da tutta la provincia, lasciando per mesi i loro villaggi di pastori. La scossa più violenta, alle 7.49 del mattino, li ha sorpresi già in classe a pulire, o nelle camerate a preparare gli esami. Nella scuola primaria numero 3, secondo i dati ufficiali, ci sono state 40 vittime.
Secondo il preside Nyima Gyaltsen, ancora in tuta e mocassini sfondati, dei 3100 ragazzi sepolti dai 18 edifici, i superstiti accertati sono invece 63. Stragi analoghe, smentite dalle autorità, si sarebbero verificate in tutte le altre scuole, nell'istituto professionale femminile, nell'orfanotrofio sbriciolato dove vivevano mille bambini, negli ospedali crollati. I tibetani del Qinghai temono che alla truffa sugli appalti degli edifici pubblici segua ora la razzia dei finanziamenti per la ricostruzione. Non accettano di essere esclusi da ogni scelta, si oppongono alle ruspe che stanno spianando tutto e hanno paura che la falsificazione dei dati sulle vittime preluda a una nuova ondata di colonizzazione han della regione. Pechino ha invece un solo problema: la stabilità sociale dell'area tibetana dentro la propaganda sull'efficienza del partito comunista. Lo sa anche Zhu Tsai Jia, che per 49 giorni non si laverà i capelli, né cambierà il suo abito strappato. Per i tibetani questo tempo, dopo un lutto, conclude il cerchio della vita. Apre il bagagliaio dell'auto e innaffia il corpo decomposto di sua moglie Daizhong.
Amici e parenti intonano le preghiere. Non rispondono a un funzionario che mostra la sua tessera rossa e pretende le generalità dei presenti. Salgono su una collina bianca di neve e cercano altri avvoltoi, di nuovo affamati.
La Repubblica 28 aprile 2010
27 aprile 2010
Un bel po' di anni fa il presidente di una “piccola” societá, di fronte alle enormi difficoltá a competere nelle serie professionistiche italiane con societá ben piú potenti, pensó che invece di seguire l'andazzo del mercato calcistico che era in uso fino ad allora, quando si compravano i giocatori a prezzi a volte altissimi per poi magari scoprire che erano scarsi (con l'avvento dei procuratori, poi!) pensó che era il caso di inventare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno aveva fatto in quel momento: creare una struttura di osservatori in tutto il mondo che potesse creare un enorme archivio di giovani promesse, sconosciute, potenzialmente con grandi doti e soprattutto economiche.
La societá era sana, aveva esperienza decennale nella serie A italiana, era situata in una zona tranquilla dove anche la tifoseria era paziente e molto legata alla squadra: l'ambiente ideale, per questi giovani, per crescere.
Sicuramente quella volta qualcuno storse il naso per questa novitá e probabilmente consiglió il presidente di questa societá di lasciar perdere: “Ridicolo! Signor Presidente, si é chiesto perché non lo fa nessuno, nemmeno societá molto piú grosse della sua? Poi ci sarebbe uno scarico di reponsabilitá fra osservatori e societá!”
Per fortuna che il presidente non ascoltó e andó avanti con la sua idea “che nessuno faceva” perché poi la societá, oltre aa arrivare a consolidare molto positivamente la sua situazione economica, raggiunse anche prestigiosi risultati sportivi.
Ciao Maurizio mx....sei un grande!!!!
_________________
La societá era sana, aveva esperienza decennale nella serie A italiana, era situata in una zona tranquilla dove anche la tifoseria era paziente e molto legata alla squadra: l'ambiente ideale, per questi giovani, per crescere.
Sicuramente quella volta qualcuno storse il naso per questa novitá e probabilmente consiglió il presidente di questa societá di lasciar perdere: “Ridicolo! Signor Presidente, si é chiesto perché non lo fa nessuno, nemmeno societá molto piú grosse della sua? Poi ci sarebbe uno scarico di reponsabilitá fra osservatori e societá!”
Per fortuna che il presidente non ascoltó e andó avanti con la sua idea “che nessuno faceva” perché poi la societá, oltre aa arrivare a consolidare molto positivamente la sua situazione economica, raggiunse anche prestigiosi risultati sportivi.
Ciao Maurizio mx....sei un grande!!!!
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27 aprile 2010
Ciao amici,oggi sono 100 giorni che sono a Tokio.Un'avventura umana e tecnica straordinaria, che per ora mi sta regalando un arricchimento umano e tecnico impensabile.In questi primi 100 giorni ho cercato con tutte le mie forze di calarmi in una realtà ed in una cultura completamente diversa dalla nostra.Spesso mi capita di non capire, di non condividere, di cercare di cambiare...ma poi capisco che questa non può essere la strada...e che devo adeguarmi io al loro mondo, posso solo cercare di proporre idee e situazioni per capire se sono congeniali alla loro cultura e al loro modo di vivere!!Ho trovato persone di una straordinaria educazione e di una grandissimo rispetto per le cose, sono persone molto timide, molto chiuse in se stesse e fanno spesso fatica ad esternare i loro sentimenti.Gli uomini, incarnano i samurai...e quindi sono pronti per la scherma...le donne sono un pò troppo remissive e poco pronte al duello...alla "sana " cattiveria agonistica che ci vuole in pedana per primeggiare...insomma nelle loro vene non scorre l'istinto del "killer"!!!Ma sono ragazze pronte ad ascoltare,ragazze che hanno innate il concetto dell'educazione e del rispetto, ragazze che fanno dei sacrifici incredibili per coronare il loro sogno.Con loro sto lavorando in tantissime direzioni, non solo in quelle tecniche e tattiche ma anche su quelle mentali e comportamentali.
Oggi ho appeso in palestra due enormi cartelli(regolarmente in giapponese), il primo dice: "Noi dobbiamo decidere la storia del match!!"...riferito ad un atteggiamento troppo remissivo verso l'avversaria di turno; il secondo: "La vittoria deve dipendere da noi!!"...dobbiamo lavorare per sviluppare la personalità...devono imparare a cercarsi i rischi..devono andare incontro alla vittoria!!
Dal punto di vista professionale ed umano tutto sta funzionando a meraviglia; le noti dolenti...sono chiaramente la mancanza degli affetti cari!!
Ciao amici
Oggi ho appeso in palestra due enormi cartelli(regolarmente in giapponese), il primo dice: "Noi dobbiamo decidere la storia del match!!"...riferito ad un atteggiamento troppo remissivo verso l'avversaria di turno; il secondo: "La vittoria deve dipendere da noi!!"...dobbiamo lavorare per sviluppare la personalità...devono imparare a cercarsi i rischi..devono andare incontro alla vittoria!!
Dal punto di vista professionale ed umano tutto sta funzionando a meraviglia; le noti dolenti...sono chiaramente la mancanza degli affetti cari!!
Ciao amici
27 aprile 2010
STAFF - Andrea Magro ha scritto tramite Udb che sarebbe opportuno avere uno staff fisso della società, con il solo tecnico e il suo vice presi da fuori: “E’ ridicolo. Vi siete mai chiesti perché non lo fa nessuno? Ci sarebbe lo scarico di responsabilità. Il tecnico direbbe che è colpa del preparatore e viceversa”.
Egregio Signor Marino, le volevo dire che la capisco, se il calcio è assolutamente immobile a qualsiasi tentativo di innovazione è perchè molti allenatori la pensano come lei!!!Meglio definire ridicola una idea, piuttosto che provarla.Meglio calarsi il paraocchi piuttosto che guardarsi intorno e provare a riflettere su cose che in altri sport fanno: Se poi è un'idea che non funziona solamente perchè ci sarebbe "uno scarico di responsabilità"....allora siamo messi proprio male...uno staff si parla si confronta sempre per il bene comune...perchè i grandi professionisti sanno che fare bene il proprio lavoro porta risultati a se stessi allo staff e alla società per la quale lavorano.Non trovo nessuna differenza tra uno staff dell'allenatore e uno staff della società che coopera e si integra con l'allenatore e il vice...se sono bravi fanno tutti la loro parte...se sbagliano(...e tutte le persone che lavorano possono sbagliare)devono essere bravi a saper cambiare o a saper ascoltare chi li può consigliare per correggere eventuali errori!!LL'unico vantaggio è della società che così non butta i soldi e non perde tutto il bagaglio d'esperienza che negli anni una struttura tecnica può costruire!!!!a presunzione ,questo è solo il mio parere, credo che sia una pessima compagna di viaggio!!!Poi Signor Marino...io ho una visione dello sport diversa da quella della maggior parte della gente che frequenta il calcio, io ho avuto il piacere di gestire atleti straordinari e "maestri" di scherma grandissimi con i quali ho vinto molto....ho avuto la fortuna di confrontarmi con allenatori e manager di tantissimi sport e da ognuno di loro ho preso idee, ascoltandoli sempre con grande attenzione ed umiltà...perchè capivo che era una chance importante per potermi arricchire.La voglio ringraziare, da tifoso, perchè ho avuto spesso il piacere di vedere una squadra giocare un bel calcio, da professionista mi sarebbe piaciuto poterla conoscere, potermi confrontere con lei, ma ho sempre avuto la sensazione che lei non fosse interessato a conoscermi.Mi dispiace.Sono certo che la sua professionalità e la sua profonda educazione le consentiranno di raggiungere ottimi risultati . In bocca al lupo!!
Andrea Magro
Egregio Signor Marino, le volevo dire che la capisco, se il calcio è assolutamente immobile a qualsiasi tentativo di innovazione è perchè molti allenatori la pensano come lei!!!Meglio definire ridicola una idea, piuttosto che provarla.Meglio calarsi il paraocchi piuttosto che guardarsi intorno e provare a riflettere su cose che in altri sport fanno: Se poi è un'idea che non funziona solamente perchè ci sarebbe "uno scarico di responsabilità"....allora siamo messi proprio male...uno staff si parla si confronta sempre per il bene comune...perchè i grandi professionisti sanno che fare bene il proprio lavoro porta risultati a se stessi allo staff e alla società per la quale lavorano.Non trovo nessuna differenza tra uno staff dell'allenatore e uno staff della società che coopera e si integra con l'allenatore e il vice...se sono bravi fanno tutti la loro parte...se sbagliano(...e tutte le persone che lavorano possono sbagliare)devono essere bravi a saper cambiare o a saper ascoltare chi li può consigliare per correggere eventuali errori!!LL'unico vantaggio è della società che così non butta i soldi e non perde tutto il bagaglio d'esperienza che negli anni una struttura tecnica può costruire!!!!a presunzione ,questo è solo il mio parere, credo che sia una pessima compagna di viaggio!!!Poi Signor Marino...io ho una visione dello sport diversa da quella della maggior parte della gente che frequenta il calcio, io ho avuto il piacere di gestire atleti straordinari e "maestri" di scherma grandissimi con i quali ho vinto molto....ho avuto la fortuna di confrontarmi con allenatori e manager di tantissimi sport e da ognuno di loro ho preso idee, ascoltandoli sempre con grande attenzione ed umiltà...perchè capivo che era una chance importante per potermi arricchire.La voglio ringraziare, da tifoso, perchè ho avuto spesso il piacere di vedere una squadra giocare un bel calcio, da professionista mi sarebbe piaciuto poterla conoscere, potermi confrontere con lei, ma ho sempre avuto la sensazione che lei non fosse interessato a conoscermi.Mi dispiace.Sono certo che la sua professionalità e la sua profonda educazione le consentiranno di raggiungere ottimi risultati . In bocca al lupo!!
Andrea Magro
sabato 24 aprile 2010
24 aprile 2010
Ciao amici,
Esistono le sconfitte. Ma nessuno puo' sfuggirvi.
Percio' è meglio perdere alcuni combattimenti
nella lotta per i propri sogni,
piuttosto che essere sconfitto
senza neppure conoscere
il motivo per cui si sta lottando.
..dal libro di Paulo Coelho "Sulla sponda del fiume Piedra..."
Esistono le sconfitte. Ma nessuno puo' sfuggirvi.
Percio' è meglio perdere alcuni combattimenti
nella lotta per i propri sogni,
piuttosto che essere sconfitto
senza neppure conoscere
il motivo per cui si sta lottando.
..dal libro di Paulo Coelho "Sulla sponda del fiume Piedra..."
24 aprile 2010
Ciao amici,
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.
Pablo Neruda
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.
Pablo Neruda
24 aprile 2010
Ciao amici,
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo.
Mahatma Gandhi
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo.
Mahatma Gandhi
venerdì 23 aprile 2010
24 aprile 2010
Ciao amici,
pensieri notturni....sulle note della canzone "La stazione di Zima" (R.Vecchioni)
C'è un solo vaso di gerani
dove si ferma il treno,
e un unico lampione
che si spegne se lo guardi,
e il più delle volte
non c'è ad aspettarti nessuno,
perché è sempre troppo presto
o troppo tardi.
-Non scendere- mi dici,-
continua con me questo viaggio!-
e così sono lieto di apprendere
che hai fatto il cielo
e milioni di stelle inutili
come un messaggio,
per dimostrarmi che esisti,
che ci sei davvero:
ma vedi, il problema non è
che tu sia o non ci sia:
il problema è la mia vita
quando non sarà più la mia,
confusa in un abbraccio
senza fine,
persa nella luce tua
sublime,
per ringraziarti
non so di cosa e perché
Lasciami
questo sogno disperato
di esser uomo,
lasciami
quest'orgoglio smisurato
di esser solo un uomo:
perdonami, Signore,
ma io scendo qua,
alla stazione di Zima.
Alla stazione di Zima
qualche volta c'è il sole:
e allora usciamo tutti a guardarlo,
e a tutti viene in mente
che cantiamo la stessa canzone
con altre parole,
e che ci facciamo male
perché non ci capiamo niente.
E il tempo non s'innamora
due volte
di uno stesso uomo;
abbiamo la consistenza lieve
delle foglie:
ma ci teniamo la notte, per mano,
stretti fino all'abbandono,
per non morire da soli
quando il vento ci coglie:
perché vedi, l'importante non è
che tu ci sia o non ci sia:
l'importante è la mia vita
finché sarà la mia:
con te, Signore
è tutto così grande,
così spaventosamente grande,
che non è mio, non fa per me
Guardami,
io so amare soltanto
come un uomo:
guardami,
a malapena ti sento,
e tu sai dove sono...
ti aspetto qui, Signore,
quando ti va, alla stazione di Zima.
pensieri notturni....sulle note della canzone "La stazione di Zima" (R.Vecchioni)
C'è un solo vaso di gerani
dove si ferma il treno,
e un unico lampione
che si spegne se lo guardi,
e il più delle volte
non c'è ad aspettarti nessuno,
perché è sempre troppo presto
o troppo tardi.
-Non scendere- mi dici,-
continua con me questo viaggio!-
e così sono lieto di apprendere
che hai fatto il cielo
e milioni di stelle inutili
come un messaggio,
per dimostrarmi che esisti,
che ci sei davvero:
ma vedi, il problema non è
che tu sia o non ci sia:
il problema è la mia vita
quando non sarà più la mia,
confusa in un abbraccio
senza fine,
persa nella luce tua
sublime,
per ringraziarti
non so di cosa e perché
Lasciami
questo sogno disperato
di esser uomo,
lasciami
quest'orgoglio smisurato
di esser solo un uomo:
perdonami, Signore,
ma io scendo qua,
alla stazione di Zima.
Alla stazione di Zima
qualche volta c'è il sole:
e allora usciamo tutti a guardarlo,
e a tutti viene in mente
che cantiamo la stessa canzone
con altre parole,
e che ci facciamo male
perché non ci capiamo niente.
E il tempo non s'innamora
due volte
di uno stesso uomo;
abbiamo la consistenza lieve
delle foglie:
ma ci teniamo la notte, per mano,
stretti fino all'abbandono,
per non morire da soli
quando il vento ci coglie:
perché vedi, l'importante non è
che tu ci sia o non ci sia:
l'importante è la mia vita
finché sarà la mia:
con te, Signore
è tutto così grande,
così spaventosamente grande,
che non è mio, non fa per me
Guardami,
io so amare soltanto
come un uomo:
guardami,
a malapena ti sento,
e tu sai dove sono...
ti aspetto qui, Signore,
quando ti va, alla stazione di Zima.
giovedì 22 aprile 2010
21 aprile 2010
Ciao amici, ho appena finito una riunione con i dirigenti della Federazione Giapponese, abbiamo ripreso il discorso del primo pomeriggio riguardo alle "filosofie" di come strutturare una squadra durante gli allenamenti e le trasferte.Ho potuto raccontare loro quelle che sono state le mie esperienze lavorative con la scherma italiana, e di come grazie alla cura dei dettagli per ben 15 anni siamo riusciti a creare un percorso importante.I due esempi principali sono stati l'organizzazione di un ritiro collegiale e le trasferte di coppa del mondo.Per quanto riguarda i ritiri ho spiegato loro che tutte le caselle che servivano ad ottimizzare al massimo il valore dei singoli professionisti venivano occupate.Quindi chiaramente i Maestri, gli atleti, i preparatori fisici(se il colleggiale prevedeva carichi di lavoro fisici)il medico( figura importante che doveva gestire tutte le decisioni cliniche e coordinare i fisioterapisti), i fisioterapisti(almeno 2 se nello stesso collegiale lavoravano maschi e femmine, 3 quando lavoravamo assieme alle sciabole), lo psicologo ( che nel mio settore ha lavorato sia in direzione di molti atleti sia con molti maestri) e il tecnico delle armi.Insomma una squadra vera, fatta da uomini che con le loro specifiche professionalità coprivano le esigenze dell'allenamento.Per quanto riguarda le trasferte , ho spiegato ai dirigenti ,che anche noi dovevamo relazionarci con problemi di budget(...sicuramente diverso da quello nipponico) ma il concetto era lo stesso..cercare di coprire tutte le esigenze.Purtroppo non avevamo i soldi di grandi sport professionistici e quindi quasi sempre nelle gare in europa facevamo a meno del medico(discorso sicuramente non corretto...ma non avendo tutti i soldi ho sempre detto ...se il problema è grave lo porto in ospedale e cerco di salvarmi....)mentre il fisioterapista era presente a tutte le gare , per eventualmente risolvere quei problemi non gravi dal punto di vista clinico ma che possono determinare la performance dell'atleta in gara.Invece per quanto riguarda le trasferte in Asia o in America il medico era sempre presente.ad alcune gare, in momenti delicati e per dare la massima sicurezza agli atleti avevo portato anche il tecnico delle armi.Per quanto riguarda i Maestri sempre con un numero che ci permettesse di coprire le atlete in gara nel modo migliore.Quasi sempre due, spesso tre Maestri...addirittura in alcune gare europee 4 maestri!!Per fare tutto questo è fondamentale trovare le risorse o gestire al meglio quello che si ha!!Questo è stata la gestione in italia, ora piano piano stiamo cercando di trovare le risorse per riuscire a "professionalizzare" anche la federazione giapponese.Qui il lavoro da fare è enorme, perchè mancano molte risorse economiche, ma mancano anche professionalità in esclusiva alla scherma.Di maestri a disposizione della nazionale ce ne sono pochissimi e quasi tutti hanno altri lavori, i medici e i fisioterapisti sono inquadrati nella struttura del jiss e quindi difficilmente li puoi portare fuori con te....quindi tanti piccoli problemini che però abbiamo ,tutti assieme, la voglia di cercare di risolvere.Ci vorrà tempo, pazienza....e risorse.Ma c'è grande volontà!!
Konbanua amici miei
Konbanua amici miei
mercoledì 21 aprile 2010
21 aprile 2010
Ciao amici, sono in pausa prima di riprendere con la seduta pomeridiana.I dettagli, la cura dei dettagli e` fondamentale!! Questa mattina ho lavorato in due direzioni....la prima, il fisioterapista per le gare dove siamo impegnati in due prove..in Italia e` scontata la presenza di questa figura professonale, vista la sua importanza...ma qui per il fioretto femminile il problema e` il budget...e quindi sposta di qua...risparmia di qua ..alla fine ho trovato la strada e riusciro` a portarmi il fisioterapista a Shanghai, Seoul e alla trasferta di New york ; per i camp internazionali premondiali di Budapest e Tauber.La seconda "cura dei dettagli" si e` basata sull`analisi video per tre ragazze sull`errore di impostazione nell`eseguire l`affondo.Spesso il "tempo" e la "misura" erano giusti ma o non si toccava o si toccava troppo in bersaglio non valido. Abbiamo , attraverso il video, scoperto il problema e attraverso il video abbiamo iniziato una serie di lezioni per cercare di risolvere il problema.troppo bello il piacere di analizzare, troppo bello il piacere di "provare " a trovare la strada.
Ciao amici
Ciao amici
21 aprile 2010
RESTA PUR SEMPRE A ME QUELLA PAROLA
(Alda Merini)
Resta pur sempre a me quella parola
che non ti ho detto e che mi fa soffrire
cosa languente cosa morta e sola
ma come posso amore dirti e dire
che cosa m’aggredisce se son sola,
cosa più che di te mi fa patire
o io mi sento come una morta viola
che nessuno raccoglie e fa perire
dentro la terra senza che bellezza
venga mai vista in lei, senza che ampiezza
compia sopra ‘sto fiore il suo periglio
però a grazia d’amore io mi appiglio.
(Alda Merini)
Resta pur sempre a me quella parola
che non ti ho detto e che mi fa soffrire
cosa languente cosa morta e sola
ma come posso amore dirti e dire
che cosa m’aggredisce se son sola,
cosa più che di te mi fa patire
o io mi sento come una morta viola
che nessuno raccoglie e fa perire
dentro la terra senza che bellezza
venga mai vista in lei, senza che ampiezza
compia sopra ‘sto fiore il suo periglio
però a grazia d’amore io mi appiglio.
21 aprile 2010
Ciao amici, questo pomeriggio, nella pausa, sono andato a vedere la gara squadre di fioretto femminile universitario.Uno spettacolo!!!!Un campionato seguitissimo, pieno di tifo da parte dei ragazzi delle varie università, un'espressione di grande passionalità e coinvolgimento.
Mentre lo guardavo il pensiero mi è subito corso verso l'Italia!!!
Abbiamo bisogno di quello che ho visto oggi!!Abbiamo bisogno di ricostruire i Giochi della Gioventù...serbatoi fondamentale per decenni di federazioni storiche che ora stanno pagando un conto salatissimo per la sparizione di una grande idea!!Abbiamo bisogno di ricreare le competizioni universitarie e il loro clima "formativo"!!!!Penso a tutti gli sport...ma mi vengono in mente innanzitutto il basket e la pallavolo...sport che ora stanno facendo un pò di fatica a livello di campionati.Se non ricordo male il grande Prof. Bianchini aveva rispolverato l'idea del campionato di basket universitario...per ridare spazio a tutti i giovani che oramai fanno fatica a giocare in a1!!Credo che un campionato ben strutturato a livello nazionale, penso a 3 gironi geografici,con le "final four", sarebbe uno spettacolo stupendo!!!Sono certo che sarebbe un mezzo tecnico e culturale straordinario per far crescere i nostri giovani!!Abbiamo perso il senso d'identità in una maglia in una squadra in una scuola.....c'è bisogno di ritrovarla ..tanto poi al successo e al denaro si arriva lo stesso se si è validi...anzi con questo tipo di organizzazione si arriva meglio, più pronti più "robusti" !!!
Ciao amici
Mentre lo guardavo il pensiero mi è subito corso verso l'Italia!!!
Abbiamo bisogno di quello che ho visto oggi!!Abbiamo bisogno di ricostruire i Giochi della Gioventù...serbatoi fondamentale per decenni di federazioni storiche che ora stanno pagando un conto salatissimo per la sparizione di una grande idea!!Abbiamo bisogno di ricreare le competizioni universitarie e il loro clima "formativo"!!!!Penso a tutti gli sport...ma mi vengono in mente innanzitutto il basket e la pallavolo...sport che ora stanno facendo un pò di fatica a livello di campionati.Se non ricordo male il grande Prof. Bianchini aveva rispolverato l'idea del campionato di basket universitario...per ridare spazio a tutti i giovani che oramai fanno fatica a giocare in a1!!Credo che un campionato ben strutturato a livello nazionale, penso a 3 gironi geografici,con le "final four", sarebbe uno spettacolo stupendo!!!Sono certo che sarebbe un mezzo tecnico e culturale straordinario per far crescere i nostri giovani!!Abbiamo perso il senso d'identità in una maglia in una squadra in una scuola.....c'è bisogno di ritrovarla ..tanto poi al successo e al denaro si arriva lo stesso se si è validi...anzi con questo tipo di organizzazione si arriva meglio, più pronti più "robusti" !!!
Ciao amici
lunedì 19 aprile 2010
19 aprile 2010
Ciao amici.....articolo drammatico che mi ha colpito molto;non oso pensare il dolore di chi si è sentita chiamare mamma....e poi non ha potuto piu accarezzare quel "figlio"......
Bambini prima affidati e poi tolti
L'Italia dei genitori «usa e getta»
Spesso sono solo un «parcheggio» temporaneo. Raccolta di firme per cambiare la legge
MILANO — Ma vengono prima, per la legge, i diritti dei bambini abbandonati o quelli degli aspiranti genitori? È quello che ti domandi leggendo sul sito dell'associazione «La Gabbianella» la testimonianza di Claudio e Cinzia che, come scrivono, sono stati «trafitti a tradimento da una brutta storia di affido». Al centro di questa storia c'è una piccola, Micha, dalla vita travagliata: i primi due mesi (disastrosi) coi genitori naturali, poi in ospedale per denutrizione, poi in «parcheggio d'urgenza» presso una famiglia finché, al sesto mese, viene data in affido a Claudio e a sua moglie. Coi quali resterà per quindici mesi. Felici. A un certo punto, un giudice del Tribunale dei minori, evidentemente informato di come sta crescendo la piccola, chiede ai due se abbiano pensato all'adozione. Claudio e Cinzia sanno di avere qualche anno in più rispetto a quelli previsti dalla legge per chi adotta figlioletti così piccoli. Ma il giudice spiega loro che «si potrebbe procedere verso una adozione speciale/nominale».
Neanche il tempo di sperarci e arriva la doccia fredda: Micha andrà in adozione a un'altra famiglia. I due non capiscono: «Il pediatra si arrabbia quando lo informiamo, dice che dobbiamo prendere un avvocato, questa bimba ha già sofferto tanto nella sua breve vita, ora ha raggiunto un equilibrio, un ulteriore passaggio in un'altra famiglia sarebbe distruttivo. Dice che, se veramente le vogliamo bene, dobbiamo fare di tutto affinché Micha resti dov'è». Portando a sostegno varie testimonianze, cercano di spiegare al presidente del tribunale che la cosa non ha senso e potrebbe danneggiare la bimba: Risposta: «Vi ringraziamo per quello che avete fatto, l'adozione speciale è prevista in casi particolari, questa bambina ha migliori opportunità di vita, ci sono coppie che hanno una domanda di adozione da tre anni quindi con più diritti di voi». Ma come: i diritti di una coppia che desidera un figlio, per quanto diritti legittimi, vengono prima di quelli della creatura che è in ballo? Per carità, magari l'inserimento della piccola si rivelerà alla lunga positivo (l'inizio, a leggere Claudio e Cinzia, è stato traumatico), ma il tema resta: andava privilegiato il bene della bambina o i diritti degli aspiranti genitori? E non sarebbe opportuno un po' di buon senso, in casi come questi, per evitare questi traumi ai piccoli? Il guaio è che di casi così ce ne sono diversi.
Prendiamo quello di Mathias raccontato da Daniela Assembri: «Durante le feste di Natale del 2005, sono passata dagli uffici dei Servizi sociali del Comune della mia città ed ho chiesto se c'era un bambino che avesse bisogno del calore di una casa, per Natale. Avevo già avuto due esperienze di affido e in quegli uffici mi conoscevano. L'assistente sociale mi ha subito proposto un bambino nato da pochi giorni e ancora ricoverato nel reparto maternità dell'ospedale. La giovane famiglia aveva dei problemi. Ho detto di sì con entusiasmo. Mi avrebbero fatto sapere. A metà gennaio 2006 mi confermano l'affido. E così due operatrici dell'Ufficio minori mi portano a casa Mathias, avvolto in una copertina; mi danno alcuni ragguagli sul latte e sugli incontri da fare con i genitori e se ne vanno». Da quel momento, per due anni abbondanti (i due anni fondamentali per la vita di un bambino, quelli in cui impara a camminare, parlare, mangiare, giocare...) lo Stato mostra di fidarsi ciecamente della donna, che è single e vive da sola, senza un marito o un compagno. Una delega piena, totale: «Le assistenti sociali non sono mai venute a casa mia, non hanno mai visto l'ambiente di Mathias, il suo gatto, i suoi giochi, le persone che mi hanno aiutato ad allevarlo (in particolare mio fratello) o che lo hanno tenuto con tanta attenzione e affetto (i miei cari amici)». Finché il giudice decide che il bimbo «parcheggiato» dalla signora Daniela (la quale per lui ha fatto mille rinunce adattandosi all'incertezza burocratica: «Gli compro già il lettino o basterà la carrozzina? E il box? E il girello? E un seggiolino più grande per l'auto? E un nuovo passeggino? E le vacanze? E il mio ritorno al lavoro dopo la maternità? E l'eventuale iscrizione all'asilo?») va dato in adozione. A Daniela? Neanche a parlarne: Mathias le sarà anche affezionato e lei si sarà spesa l'anima per essere una buona mamma, ma santo cielo: non è sposata! Non ha un marito! Per lo Stato va bene come parcheggiatrice, non di più. Ha tirato su lei il bambino e passato lei le notti in bianco quand'era malato e gli ha insegnato lei a dire «mamma» e gli ha mostrato lei la prima volta la luna? Stia al suo posto! E poi tutte quelle domande alle assistenti sociali: cosa sarà del bambino? Dove andrà? La nuova mamma e il nuovo papà sono a posto? Gli vorranno bene? Diamine: non son mica fatti suoi! Conclusione: il piccolo viene tolto a quella che fino a quel momento è stata sua mamma praticamente senza un passaggio delle consegne: «Non ho mai incontrato la famiglia adottiva, pare che sia stata la famiglia stessa a non volermi conoscere».
È giusto così? Vale per Daniela la single, vale per famiglie tradizionali in senso pieno. Come quella, racconta il sito della Gabbianella (www.lagabbianella.org) che accolse la piccola A. e i suoi fratellini: una coppia con «ben cinque figli naturali, che per undici anni ha accolto in affidamento dei bambini, accompagnandoli poi verso altre famiglie adottive o nella loro stessa famiglia naturale». Anche questi genitori «usa e getta»: utilizzati dallo Stato per parcheggiare i tre fratellini e poi scartati per l'adozione di A. (affidata loro quando aveva meno di due mesi) nonostante il parere contrario del Tutore dei minori e del neuropsichiatra, entrambi schierati perché la bimba non venisse spostata dall'ambiente in cui era cresciuta. Per questo «La Gabbianella» presieduta da Carla Forcolin, autrice di più libri sul tema (uno per tutti: Io non posso proteggerti) ha avviato una raccolta di firme per chiedere ai parlamentari un ritocco, messo a punto dall'avvocato Lucrezia Mollica, alla legge 184/83 che regola la materia: «Qualora l'affidamento di un minore si risolva in un'adozione, a causa del mancato recupero della famiglia d'origine, vanno protetti i rapporti instauratisi nel frattempo tra affidati e membri della famiglia affidataria. Va quindi favorita la permanenza del bambino nella famiglia in cui egli già si trova; ove ciò non sia possibile, va comunque tutelato il mantenimento di un rapporto affettivo con la famiglia affidataria, nelle forme e nei modi ritenuti più opportuni dagli operatori, dopo aver ascoltato la famiglia affidataria stessa e la futura famiglia adottiva». Buon senso. Solo buon senso.
Bambini prima affidati e poi tolti
L'Italia dei genitori «usa e getta»
Spesso sono solo un «parcheggio» temporaneo. Raccolta di firme per cambiare la legge
MILANO — Ma vengono prima, per la legge, i diritti dei bambini abbandonati o quelli degli aspiranti genitori? È quello che ti domandi leggendo sul sito dell'associazione «La Gabbianella» la testimonianza di Claudio e Cinzia che, come scrivono, sono stati «trafitti a tradimento da una brutta storia di affido». Al centro di questa storia c'è una piccola, Micha, dalla vita travagliata: i primi due mesi (disastrosi) coi genitori naturali, poi in ospedale per denutrizione, poi in «parcheggio d'urgenza» presso una famiglia finché, al sesto mese, viene data in affido a Claudio e a sua moglie. Coi quali resterà per quindici mesi. Felici. A un certo punto, un giudice del Tribunale dei minori, evidentemente informato di come sta crescendo la piccola, chiede ai due se abbiano pensato all'adozione. Claudio e Cinzia sanno di avere qualche anno in più rispetto a quelli previsti dalla legge per chi adotta figlioletti così piccoli. Ma il giudice spiega loro che «si potrebbe procedere verso una adozione speciale/nominale».
Neanche il tempo di sperarci e arriva la doccia fredda: Micha andrà in adozione a un'altra famiglia. I due non capiscono: «Il pediatra si arrabbia quando lo informiamo, dice che dobbiamo prendere un avvocato, questa bimba ha già sofferto tanto nella sua breve vita, ora ha raggiunto un equilibrio, un ulteriore passaggio in un'altra famiglia sarebbe distruttivo. Dice che, se veramente le vogliamo bene, dobbiamo fare di tutto affinché Micha resti dov'è». Portando a sostegno varie testimonianze, cercano di spiegare al presidente del tribunale che la cosa non ha senso e potrebbe danneggiare la bimba: Risposta: «Vi ringraziamo per quello che avete fatto, l'adozione speciale è prevista in casi particolari, questa bambina ha migliori opportunità di vita, ci sono coppie che hanno una domanda di adozione da tre anni quindi con più diritti di voi». Ma come: i diritti di una coppia che desidera un figlio, per quanto diritti legittimi, vengono prima di quelli della creatura che è in ballo? Per carità, magari l'inserimento della piccola si rivelerà alla lunga positivo (l'inizio, a leggere Claudio e Cinzia, è stato traumatico), ma il tema resta: andava privilegiato il bene della bambina o i diritti degli aspiranti genitori? E non sarebbe opportuno un po' di buon senso, in casi come questi, per evitare questi traumi ai piccoli? Il guaio è che di casi così ce ne sono diversi.
Prendiamo quello di Mathias raccontato da Daniela Assembri: «Durante le feste di Natale del 2005, sono passata dagli uffici dei Servizi sociali del Comune della mia città ed ho chiesto se c'era un bambino che avesse bisogno del calore di una casa, per Natale. Avevo già avuto due esperienze di affido e in quegli uffici mi conoscevano. L'assistente sociale mi ha subito proposto un bambino nato da pochi giorni e ancora ricoverato nel reparto maternità dell'ospedale. La giovane famiglia aveva dei problemi. Ho detto di sì con entusiasmo. Mi avrebbero fatto sapere. A metà gennaio 2006 mi confermano l'affido. E così due operatrici dell'Ufficio minori mi portano a casa Mathias, avvolto in una copertina; mi danno alcuni ragguagli sul latte e sugli incontri da fare con i genitori e se ne vanno». Da quel momento, per due anni abbondanti (i due anni fondamentali per la vita di un bambino, quelli in cui impara a camminare, parlare, mangiare, giocare...) lo Stato mostra di fidarsi ciecamente della donna, che è single e vive da sola, senza un marito o un compagno. Una delega piena, totale: «Le assistenti sociali non sono mai venute a casa mia, non hanno mai visto l'ambiente di Mathias, il suo gatto, i suoi giochi, le persone che mi hanno aiutato ad allevarlo (in particolare mio fratello) o che lo hanno tenuto con tanta attenzione e affetto (i miei cari amici)». Finché il giudice decide che il bimbo «parcheggiato» dalla signora Daniela (la quale per lui ha fatto mille rinunce adattandosi all'incertezza burocratica: «Gli compro già il lettino o basterà la carrozzina? E il box? E il girello? E un seggiolino più grande per l'auto? E un nuovo passeggino? E le vacanze? E il mio ritorno al lavoro dopo la maternità? E l'eventuale iscrizione all'asilo?») va dato in adozione. A Daniela? Neanche a parlarne: Mathias le sarà anche affezionato e lei si sarà spesa l'anima per essere una buona mamma, ma santo cielo: non è sposata! Non ha un marito! Per lo Stato va bene come parcheggiatrice, non di più. Ha tirato su lei il bambino e passato lei le notti in bianco quand'era malato e gli ha insegnato lei a dire «mamma» e gli ha mostrato lei la prima volta la luna? Stia al suo posto! E poi tutte quelle domande alle assistenti sociali: cosa sarà del bambino? Dove andrà? La nuova mamma e il nuovo papà sono a posto? Gli vorranno bene? Diamine: non son mica fatti suoi! Conclusione: il piccolo viene tolto a quella che fino a quel momento è stata sua mamma praticamente senza un passaggio delle consegne: «Non ho mai incontrato la famiglia adottiva, pare che sia stata la famiglia stessa a non volermi conoscere».
È giusto così? Vale per Daniela la single, vale per famiglie tradizionali in senso pieno. Come quella, racconta il sito della Gabbianella (www.lagabbianella.org) che accolse la piccola A. e i suoi fratellini: una coppia con «ben cinque figli naturali, che per undici anni ha accolto in affidamento dei bambini, accompagnandoli poi verso altre famiglie adottive o nella loro stessa famiglia naturale». Anche questi genitori «usa e getta»: utilizzati dallo Stato per parcheggiare i tre fratellini e poi scartati per l'adozione di A. (affidata loro quando aveva meno di due mesi) nonostante il parere contrario del Tutore dei minori e del neuropsichiatra, entrambi schierati perché la bimba non venisse spostata dall'ambiente in cui era cresciuta. Per questo «La Gabbianella» presieduta da Carla Forcolin, autrice di più libri sul tema (uno per tutti: Io non posso proteggerti) ha avviato una raccolta di firme per chiedere ai parlamentari un ritocco, messo a punto dall'avvocato Lucrezia Mollica, alla legge 184/83 che regola la materia: «Qualora l'affidamento di un minore si risolva in un'adozione, a causa del mancato recupero della famiglia d'origine, vanno protetti i rapporti instauratisi nel frattempo tra affidati e membri della famiglia affidataria. Va quindi favorita la permanenza del bambino nella famiglia in cui egli già si trova; ove ciò non sia possibile, va comunque tutelato il mantenimento di un rapporto affettivo con la famiglia affidataria, nelle forme e nei modi ritenuti più opportuni dagli operatori, dopo aver ascoltato la famiglia affidataria stessa e la futura famiglia adottiva». Buon senso. Solo buon senso.
19 aprile 2010
Ciao amici, vi voglio riportare questo articolo letto sul sito della Repubblica.
.
il mio dovere
è difendere la libertà Roberto Saviano replica alla lettera di Marina Berlusconi dopo gli attacchi del presidente del Consiglio. "Dal capo del governo non una critica ma parola finalizzate a intimidire chiunque scriva di mafie e capitali mafiosi"
di ROBERTO SAVIANO
Roberto Saviano
Ho LETTO la lettera del presidente della Mondadori Marina Berlusconi e colgo occasione per precisare alcune questioni. Il capo del governo Berlusconi non ha espresso parole di critica. Critica significa entrare nel merito di una valutazione, di un dato, di una riflessione. Nelle sue parole c'era una condanna non ad una analisi o a un dato ma allo stesso atto di scrivere sulla mafia. Il rischio di quelle parole, ribadisco, è che ci sia un generico e preoccupante tentativo di far passare l'idea che chiunque scriva di mafia fiancheggi la mafia. Come se si dicesse che i libri di oncologia diffondono il cancro. Facendo così si avvantaggia solo la morte.
Non capisco a cosa si riferisce quando la presidente Berlusconi dice: "Sappiamo tutti quanto abbia pesato e pesi l'omertà nella lotta alla criminalità organizzata... ma certo una pubblicistica a senso unico non è il sostegno più efficace per l'immagine del nostro Paese". In Gomorra sono raccontate anche le storie di coloro che hanno resistito alle mafie, un intero capitolo dedicato a Don Peppe Diana, c'è il racconto di una Italia che resiste e contrasta l'impero della criminalità. Quale sarebbe il senso unico? Ho anche più volte detto e scritto, che l'azione antimafia del governo c'è stata ed è stata importante, ricordando però al contempo che siamo ben lontani dall'annientare le organizzazioni, siamo solo all'inizio poiché le strutture economiche e politiche dei clan che continuano ad essere intatte.
Ecco perché alla luce di quanto scrivo ho trovato le parole del capo del governo finalizzate a intimidire chiunque scriva di mafie e di capitali mafiosi. Ho io stesso visto e conosciuto la libertà della casa editrice Mondadori. Ci mancherebbe che uno scrittore non fosse libero nella sua professione. Una libertà esiste però solo se viene difesa, raccolta, costruita nell'agire quotidiano da tutti coloro che lavorano e vivono in una azienda. Ed è infatti proprio a questi che mi sono rivolto ed è da loro che mi aspetto come ho già scritto una presa di posizione in merito alla possibilità di continuare a scrivere liberamente nonostante queste dichiarazioni.
Non può che stupire però che un editore non critichi ma bensì attacchi lo stesso prodotto che manda sul mercato, e lo attacchi su un terreno così sensibile e decisivo come quello della cultura della lotta alla criminalità organizzata. Sono molte le persone in Italia che per il loro impegno nel raccontare pagano un prezzo altissimo non è possibile liquidarle considerando la loro azione "promotrice" del potere mafioso. Una dichiarazione del genere annienta ogni capacità di resistenza e coraggio. E questo da intellettuale non è possibile ignorarlo e da cittadino non posso ascrivere una dichiarazione del genere alla dialettica democratica. È solo una dichiarazione pericolosa che andrebbe immediatamente rettificata.
©2010 Roberto Saviano/ Agenzia Santachiara
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il mio dovere
è difendere la libertà Roberto Saviano replica alla lettera di Marina Berlusconi dopo gli attacchi del presidente del Consiglio. "Dal capo del governo non una critica ma parola finalizzate a intimidire chiunque scriva di mafie e capitali mafiosi"
di ROBERTO SAVIANO
Roberto Saviano
Ho LETTO la lettera del presidente della Mondadori Marina Berlusconi e colgo occasione per precisare alcune questioni. Il capo del governo Berlusconi non ha espresso parole di critica. Critica significa entrare nel merito di una valutazione, di un dato, di una riflessione. Nelle sue parole c'era una condanna non ad una analisi o a un dato ma allo stesso atto di scrivere sulla mafia. Il rischio di quelle parole, ribadisco, è che ci sia un generico e preoccupante tentativo di far passare l'idea che chiunque scriva di mafia fiancheggi la mafia. Come se si dicesse che i libri di oncologia diffondono il cancro. Facendo così si avvantaggia solo la morte.
Non capisco a cosa si riferisce quando la presidente Berlusconi dice: "Sappiamo tutti quanto abbia pesato e pesi l'omertà nella lotta alla criminalità organizzata... ma certo una pubblicistica a senso unico non è il sostegno più efficace per l'immagine del nostro Paese". In Gomorra sono raccontate anche le storie di coloro che hanno resistito alle mafie, un intero capitolo dedicato a Don Peppe Diana, c'è il racconto di una Italia che resiste e contrasta l'impero della criminalità. Quale sarebbe il senso unico? Ho anche più volte detto e scritto, che l'azione antimafia del governo c'è stata ed è stata importante, ricordando però al contempo che siamo ben lontani dall'annientare le organizzazioni, siamo solo all'inizio poiché le strutture economiche e politiche dei clan che continuano ad essere intatte.
Ecco perché alla luce di quanto scrivo ho trovato le parole del capo del governo finalizzate a intimidire chiunque scriva di mafie e di capitali mafiosi. Ho io stesso visto e conosciuto la libertà della casa editrice Mondadori. Ci mancherebbe che uno scrittore non fosse libero nella sua professione. Una libertà esiste però solo se viene difesa, raccolta, costruita nell'agire quotidiano da tutti coloro che lavorano e vivono in una azienda. Ed è infatti proprio a questi che mi sono rivolto ed è da loro che mi aspetto come ho già scritto una presa di posizione in merito alla possibilità di continuare a scrivere liberamente nonostante queste dichiarazioni.
Non può che stupire però che un editore non critichi ma bensì attacchi lo stesso prodotto che manda sul mercato, e lo attacchi su un terreno così sensibile e decisivo come quello della cultura della lotta alla criminalità organizzata. Sono molte le persone in Italia che per il loro impegno nel raccontare pagano un prezzo altissimo non è possibile liquidarle considerando la loro azione "promotrice" del potere mafioso. Una dichiarazione del genere annienta ogni capacità di resistenza e coraggio. E questo da intellettuale non è possibile ignorarlo e da cittadino non posso ascrivere una dichiarazione del genere alla dialettica democratica. È solo una dichiarazione pericolosa che andrebbe immediatamente rettificata.
©2010 Roberto Saviano/ Agenzia Santachiara
19 aprile 2010
Ciao amici, una bellisiima giornata di lavoro, di impegno, di passione nel cercare di superare i propri limiti,nel cercare di dare quello che si ha dentro, nel cercare di dare ad ogni ragazza,secondo quelle che sono le singole caratteristiche...dove non arriva il giapponese, dove non arriva l`inglese arrivano le dita, arriva la mano, arriva il fioretto, il tempo la misura...che gioia infinita sentire che durante la lezione le cose hanno un loro tempo naturale, che piano piano le ragazze riescono a capire la differenza tra la scelta di tempo e la voglia di velocita` automatica.Quanta gioia nel sentire che la lezione ci prende ci porta dentro i segreti di questo bellissimo sport!!Sono un allenatore fortunato, per 15 anni da C.t. ho potuto parlare,vedere ascoltare grandi maestri, mi sono stati di grande aiuto per aunentare la mia conoscenza schermistica e ora cerco di dare tutto quello che ho dentro a queste straordinarie creature.Domenica abbiamo passato tutta la giornata a provare le gare a squadre e questo lunedi` doppia lezione per continuare a "cercare la strada"...per cercare di "sentire" le giuste sensazioni e continuare giorno dopo giorno a curare la mano, le coordinazioni e la tecnica individuale.
Sono stanco ma felice, che bello vivere di sport, che bello vivere queste emozioni...sono un uomo proprio fortunato.....manchi solo tu Giusy...e non e` poco!!!
Konbanua
Sono stanco ma felice, che bello vivere di sport, che bello vivere queste emozioni...sono un uomo proprio fortunato.....manchi solo tu Giusy...e non e` poco!!!
Konbanua
domenica 18 aprile 2010
19 aprile 2010
Ciao amici, una bellissima notizia,sono stati liberati gli italiani di Emergency !!!!Sono felice!!!
19 aprile 2010
Ciao amici,
Caro Antonio, stai tranquillo che l'analisi di dove ho sbagliato l'ho fatta molte ma molte volte, e per fortuna ho trovato dentro di me anche le risposte e questo mi ha dato grande forza e serenità!!!Chi lavora sbaglia sempre, ma l'importante(almeno per me) è stato aver sempre detto in faccia il mio pensiero(giusto o sbagliato che fosse)..non aver mai tramato , e sopratutto non preso in giro le persone .Molte volte ci siamo ritrovati a condividere molti pensieri, spesso a litigare per filosofie di pensieri diversi ma io almeno l'ho sempre fatto guardandoti in faccia.!!Come professionista sono contento di quello che ho fatto in 15 anni di c.t. lavorando con grandi atleti, grandi Maestri e professionisti che hanno dato tutto se stessi per la scherma...ho vissuto pagine indeminticabili e momenti di vita quotidiana anche molto ma molto difficili,ma come uomo sono felice di non aver mai esultato per il dolore di altre persone e la serenità che ho dentro mi permettera sempre di guardare in faccia tutti ...anche coloro che dalla vergogna(...tu mi dirai... non tutti provano vergogna...molti sanno mentire anche a se stessi......)dovrebbero abbassare gli occhi!!!!! ognuno si sceglie le proprie amicizie e le proprie compagnie...le mie me le tengo ben strette e se posso le abbraccio perchè sono uomini veri!!!!!Scusami non avevo visto il tuo commento sull'altro post ora ti ho risposto; come mai hai cancellato il mio post.....ehhh...non vuoi farmi più pubblicità...hi hi hi...scherzo naturalmente!!!!Ciao
Caro Antonio, stai tranquillo che l'analisi di dove ho sbagliato l'ho fatta molte ma molte volte, e per fortuna ho trovato dentro di me anche le risposte e questo mi ha dato grande forza e serenità!!!Chi lavora sbaglia sempre, ma l'importante(almeno per me) è stato aver sempre detto in faccia il mio pensiero(giusto o sbagliato che fosse)..non aver mai tramato , e sopratutto non preso in giro le persone .Molte volte ci siamo ritrovati a condividere molti pensieri, spesso a litigare per filosofie di pensieri diversi ma io almeno l'ho sempre fatto guardandoti in faccia.!!Come professionista sono contento di quello che ho fatto in 15 anni di c.t. lavorando con grandi atleti, grandi Maestri e professionisti che hanno dato tutto se stessi per la scherma...ho vissuto pagine indeminticabili e momenti di vita quotidiana anche molto ma molto difficili,ma come uomo sono felice di non aver mai esultato per il dolore di altre persone e la serenità che ho dentro mi permettera sempre di guardare in faccia tutti ...anche coloro che dalla vergogna(...tu mi dirai... non tutti provano vergogna...molti sanno mentire anche a se stessi......)dovrebbero abbassare gli occhi!!!!! ognuno si sceglie le proprie amicizie e le proprie compagnie...le mie me le tengo ben strette e se posso le abbraccio perchè sono uomini veri!!!!!Scusami non avevo visto il tuo commento sull'altro post ora ti ho risposto; come mai hai cancellato il mio post.....ehhh...non vuoi farmi più pubblicità...hi hi hi...scherzo naturalmente!!!!Ciao
18 aprile 2010
Ciao amici...delle volte mi chiedo che cosa porta le persone ad accanirsi così...evidentemente non trovano pace neanche nell'aver esultato pubblicamente dichiarandosi "vincitori"...e pedine decisive nel sconfiggere "l'odiato " nemico!!!Chissa quanto soffrono dentro povere anime infelici!!
Spesso una persona molto saggia mi dice di non dar peso...che tanto tutto torna...caro vero amico mio,hai ragione!!!
Spesso una persona molto saggia mi dice di non dar peso...che tanto tutto torna...caro vero amico mio,hai ragione!!!
18 aprile 2010
Ciao amici,
caro Antonio, tu devi capire che un ragioniere(ed assolutamente modesto) non può che consultare la rete, se non conosce i termini, non avendo studiato medicina; ma attratto dall'imparare le cose e sopratutto le persone, sono andato a cercare cosa volesse dire il "tuo titolo"....e lo trovato di pessimo gusto!! ma ognuno nella vita cerca la propria strada, i propri sogni e le proprie soddisfazioni!!!
caro Antonio, tu devi capire che un ragioniere(ed assolutamente modesto) non può che consultare la rete, se non conosce i termini, non avendo studiato medicina; ma attratto dall'imparare le cose e sopratutto le persone, sono andato a cercare cosa volesse dire il "tuo titolo"....e lo trovato di pessimo gusto!! ma ognuno nella vita cerca la propria strada, i propri sogni e le proprie soddisfazioni!!!
sabato 17 aprile 2010
18 aprile 2010
PALILALIA.....Disturbo neurologico tipico del morbo di Parkinson costituito dalla ripetizione continua di parole o frasi. Etimologia: comp. greco pálin di nuovo e laléin parlare.
Cosi` e` stato intitolato il mio post ripreso da "schermaonline"....liberta` di stampa e liberta` di pensiero..condizioni essenziali per la democrazia....ma io con il morbo di Parkinson non avrei scherzato!!!
Cosi` e` stato intitolato il mio post ripreso da "schermaonline"....liberta` di stampa e liberta` di pensiero..condizioni essenziali per la democrazia....ma io con il morbo di Parkinson non avrei scherzato!!!
17 aprile 2010
Ciao Amici,
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
Konbanua
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY IO STO CON EMERGENCY
Konbanua
venerdì 16 aprile 2010
17 aprile 2010
Ciao amici, sono le sei del mattino qui a Tokio, i tetti sono tutti bianchi...nevica!!!!!!! ciaooooo
giovedì 15 aprile 2010
15 aprile 2010
Il tempo mischia bene le bibite,
gli imperativie quel che mando giù
qualcuno vede ancora negli occhi miei
quel che gli specchi non rifletton più:
si spezza la collana, le idee van giu;
stan rotolando un po' di qua e di là;
e tutti a dirmi come raccoglierle,
non c'è nessuno qui che non lo sa;
non riesco a immaginarmi di vivere
illuminato dalla verità,
la risposta nel vento dov'è, dov'è?
Sarà la stessa per ognuno di noi?
Oh sergio, non ho tempo di scriverti,
ma un giorno o l'altro mi rincontrerai:
ci appoggeremo sui gomiti
quando il sole viene giù,
mi accadrà di sorridere,
come non speravo più...
e l'occhio azzurro avrà un momento
uguale all'occhio blu...
...Una straordinaria canzone del Prof. Vecchioni....
La dedico a Lei caro Paron, perchè immagino quante idee ogni giorno dovrà ascoltare; Però mi permetta di ricordarle, creda nelle idee..le idee sono la forza e il senso della vita degli uomini!!Lei che prima di tutti ha avuto "l'idea " di come si gestisce una squadra...lei, sono certo, alla fine saprà cosa è giusto fare!!!
Diffidi,non le devo certo insegnare io la vita, di chi non ha idee, di chi non vuole innovare...solo chi pensa ha la forza di rischiare, solo chi ha idee può combattere per loro a testa alta!!!!
Le ho voluto scrivere, ancora una volta, perchè dal lontano Friuli qualcuno mi ha detto che Lei è rimasto male della mia lettera aperta, caro Paron le mie erano solo riflessioni sulle sue considerazioni fatte sulla carta stampata riguarda l'area tecnica fissa!!!Nulla di più che il mio piacere personale nel sapere che lei forse stava pensando a quella scelta. So benissimo che molti addetti ai lavori non la condividono e continuano a professare e a credere che sia assolutamente giusto che l'allenatore si porti il suo staff appoggiandosi a dichiarazioni di grandissimi allenatori che non credono in questa innovazione;....ma io ci credo...e sono certo che di ottimi allenatori ne troverei a bizzeffe se fossi in grado di creare un grande staff tecnico...fatto di grandi professionisti!!!Ma io nono sono Lei, non sono il proprietario dell'Udinese e sopratutto non ho fatto tutto quello che Lei è riuscito a fare in tutti questi anni.....ma io la mia idea me la tengo stretta!!! ma in fondo non è un caso se io ho lasciato la sua squadra, io credo nelle idee, ma rispetto chi ne ha delle altre e quindi tolgo il disturbo...ma questo non mi impedisce o non mi inpedirà mai di avere dentro di me questa convinzione. Sono certo che qualunque decisione lei prenderà sarà ,come sempre, un'ottima scelta per l'Udinese!!!
Caro Paron, come sempre Fuarce Udin. Andrea Magro
gli imperativie quel che mando giù
qualcuno vede ancora negli occhi miei
quel che gli specchi non rifletton più:
si spezza la collana, le idee van giu;
stan rotolando un po' di qua e di là;
e tutti a dirmi come raccoglierle,
non c'è nessuno qui che non lo sa;
non riesco a immaginarmi di vivere
illuminato dalla verità,
la risposta nel vento dov'è, dov'è?
Sarà la stessa per ognuno di noi?
Oh sergio, non ho tempo di scriverti,
ma un giorno o l'altro mi rincontrerai:
ci appoggeremo sui gomiti
quando il sole viene giù,
mi accadrà di sorridere,
come non speravo più...
e l'occhio azzurro avrà un momento
uguale all'occhio blu...
...Una straordinaria canzone del Prof. Vecchioni....
La dedico a Lei caro Paron, perchè immagino quante idee ogni giorno dovrà ascoltare; Però mi permetta di ricordarle, creda nelle idee..le idee sono la forza e il senso della vita degli uomini!!Lei che prima di tutti ha avuto "l'idea " di come si gestisce una squadra...lei, sono certo, alla fine saprà cosa è giusto fare!!!
Diffidi,non le devo certo insegnare io la vita, di chi non ha idee, di chi non vuole innovare...solo chi pensa ha la forza di rischiare, solo chi ha idee può combattere per loro a testa alta!!!!
Le ho voluto scrivere, ancora una volta, perchè dal lontano Friuli qualcuno mi ha detto che Lei è rimasto male della mia lettera aperta, caro Paron le mie erano solo riflessioni sulle sue considerazioni fatte sulla carta stampata riguarda l'area tecnica fissa!!!Nulla di più che il mio piacere personale nel sapere che lei forse stava pensando a quella scelta. So benissimo che molti addetti ai lavori non la condividono e continuano a professare e a credere che sia assolutamente giusto che l'allenatore si porti il suo staff appoggiandosi a dichiarazioni di grandissimi allenatori che non credono in questa innovazione;....ma io ci credo...e sono certo che di ottimi allenatori ne troverei a bizzeffe se fossi in grado di creare un grande staff tecnico...fatto di grandi professionisti!!!Ma io nono sono Lei, non sono il proprietario dell'Udinese e sopratutto non ho fatto tutto quello che Lei è riuscito a fare in tutti questi anni.....ma io la mia idea me la tengo stretta!!! ma in fondo non è un caso se io ho lasciato la sua squadra, io credo nelle idee, ma rispetto chi ne ha delle altre e quindi tolgo il disturbo...ma questo non mi impedisce o non mi inpedirà mai di avere dentro di me questa convinzione. Sono certo che qualunque decisione lei prenderà sarà ,come sempre, un'ottima scelta per l'Udinese!!!
Caro Paron, come sempre Fuarce Udin. Andrea Magro
domenica 11 aprile 2010
11 aprile 2010
Ciao amici e buona domenica; ieri ho presentato a Emura San e a tutti i vertici federali un progetto per la ristrutturazione del settore under 20 del fioretto femminile.Sono partito da una domanda provocatoria...perchè il Giappone (nel fioretto femminile) partecipa ai mondiali giovani....?Durante la stagione le fiorettiste non partecipano in forma ufficiale alle prove under 20 e il piccolissimo budget viene adoperato per i mondiali.Con tutto il rispetto ho fatto notare che mi sembra un progetto che non può produrre risultati ma che sopratutto non può produrre quel percorso di crescita che a noi manca in questo momento...le fiorettiste under 17 e under 20 vivono i loro anni chiuse nell'isola e poi irrompono nel mondo dell'assoluto...pagando un dazio molto pesante e rischiando quindi di smettere molto presto.Non parlo di due o tre atlete, parlo di un intero settore, parlo di un progetto che deve racchiudere tutta l'organizzazione del fioretto femminile giapponese. Anche il criterio di selezione va rivisto...non è possibile scegliere la squadra con una gara interna e basta...mica devono andare a fare un campionato giapponese all'estero...devono partecipare ad un mondiale contro le altre schermitrici del globo!!!Il progetto prevede 3 gare nazionali per le cadette e le giovani, ad ogni prova (si disputeranno il sabato e la domenica)le migliori 8 cadette parteciperanno alla prova giovani; intervallate da tre gare di coppa del mondo under 20 dove parteciperemo con 12 atlete(8 under 20 e 4 cadette),la prima classificata sia della gara cadette che della gara under 20 parteciperà di diritto alla gara di coppa del mondo.Dopo ogni gara nipponica e quindi prima della gara di coppa faremo un colleggiale con 18 atlete( 10 under 20 e 8 cadette)questo calendario si concluderà con il campionato ufficiale giapponese ( i vincitori dei rispettivi campionati parteciperanno di diritto ai mondiali , lasciando a mia discrezione i posti rimanenti)dopo il quale selezioneremo le squadre e prepareremo i mondiali con un ultimo allenamento.Spero che la Federazione condivida questo progetto(lo trovo fondamentale per crescere nuove generazioni di fiorettiste)e che trovi le risorse economiche per farlo.
Konbanua
Konbanua
mercoledì 7 aprile 2010
7 aprile 2010
Konbanua amici,
mentre prosegue il ritiro improntato sulla preparaione, la Federazione Giapponese ha stabilito il budget per tutto l'anno 2010 del settore tecnico.La cifra totale per tutte 6 le specialità e di poco inferiore ai 350.000 euro.Questa cifra è grosso modo divisa con un 40% per il f.m. un 20% per il f.f. un 20% per le spade e l'ultimo 20% per le sciabole.Con questa cifra dobbiamo coprire le spese per i tecnici che andranno alle gare,le spese di iscrizione, le spese per i colleggiali ufficiali al centro di preparazione olimpica di Tokio, le spese per i ritiri premondiali e gli allenamenti all'estero.Con questa cifra, la federazione riesce a supportare 4 ragazze per il 50% delle spese che sostengono per allenarsi e partecipare alle gare.
Sono molto contento, questo pomeriggio, siamo riusciti a chiudere l'organizzazione della seconda parte della stagione e tutta la preparazione per i mondiali di Parigi.
Parteciperemo alle gare di Shanghai, Seoul, San pietroburgo, l'Havana e New York con allenamento al Fencers Club prima della gara.Dopo i campionati Asiatici le ragazze avranno un mese completamente libero; per poi riprendere gli allenamenti il 16 di Agosto con la preparazione atletica; svolgeremo questo ritiro fuori Tokio.Il mese di settembre e di ottobre li divideremo tra mini raduni di 5 giorni (dal lunedi al venerdi)al centro di preparazione olimpica e per il mese di settembre andremo a Budapest per una decina di giorni, dove potremo allenarci assieme ad ungheresi,russe,tedesche,rumene,americane,inglesi ed austriache ed effettuare gli ultimi 2 giorni una gara individuale ed una a squadre!!!Un ottima possibilità per le nostre ragazze che hanno bisogno di elevare il loro livello di allenamento ed esperienza.
Nel mese di ottobre andremo a Tauber ,sempre per una decina di giorni, dove ci alleneremo con la nazionale tedesca per poi chiudere il viaggio partecipando alla prova Open che le tedesche faranno a Mosbach.Sono certo che questo programma permetterà alle ragazze di vivere esperienze fondamentali nella ricerca del livello internazionale.
Konbanua amici.
mentre prosegue il ritiro improntato sulla preparaione, la Federazione Giapponese ha stabilito il budget per tutto l'anno 2010 del settore tecnico.La cifra totale per tutte 6 le specialità e di poco inferiore ai 350.000 euro.Questa cifra è grosso modo divisa con un 40% per il f.m. un 20% per il f.f. un 20% per le spade e l'ultimo 20% per le sciabole.Con questa cifra dobbiamo coprire le spese per i tecnici che andranno alle gare,le spese di iscrizione, le spese per i colleggiali ufficiali al centro di preparazione olimpica di Tokio, le spese per i ritiri premondiali e gli allenamenti all'estero.Con questa cifra, la federazione riesce a supportare 4 ragazze per il 50% delle spese che sostengono per allenarsi e partecipare alle gare.
Sono molto contento, questo pomeriggio, siamo riusciti a chiudere l'organizzazione della seconda parte della stagione e tutta la preparazione per i mondiali di Parigi.
Parteciperemo alle gare di Shanghai, Seoul, San pietroburgo, l'Havana e New York con allenamento al Fencers Club prima della gara.Dopo i campionati Asiatici le ragazze avranno un mese completamente libero; per poi riprendere gli allenamenti il 16 di Agosto con la preparazione atletica; svolgeremo questo ritiro fuori Tokio.Il mese di settembre e di ottobre li divideremo tra mini raduni di 5 giorni (dal lunedi al venerdi)al centro di preparazione olimpica e per il mese di settembre andremo a Budapest per una decina di giorni, dove potremo allenarci assieme ad ungheresi,russe,tedesche,rumene,americane,inglesi ed austriache ed effettuare gli ultimi 2 giorni una gara individuale ed una a squadre!!!Un ottima possibilità per le nostre ragazze che hanno bisogno di elevare il loro livello di allenamento ed esperienza.
Nel mese di ottobre andremo a Tauber ,sempre per una decina di giorni, dove ci alleneremo con la nazionale tedesca per poi chiudere il viaggio partecipando alla prova Open che le tedesche faranno a Mosbach.Sono certo che questo programma permetterà alle ragazze di vivere esperienze fondamentali nella ricerca del livello internazionale.
Konbanua amici.
martedì 6 aprile 2010
6 aprile 2010
Konbanua amici,
"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi." (Marcel Proust)
"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi." (Marcel Proust)
6 aprile 2010
Konbanua amici,
"Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo" (Aristotele)
"Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo" (Aristotele)
sabato 3 aprile 2010
3 aprile 2010
Konbanua amici,
terzo giorno di colleggiale improntato sulla preparazione fisica, ma diciamo pure sull'impostazione del lavoro atletico legato alla scherma.Mi sono coordinato con uno dei preparatori del JISS (il centro di preparazione olimpica di Tokio), che è anche un preparatore di una delle ragazze , ed abbiamo impostato il lavoro da fare.Il coach seguirà la parte atletica del fioretto femminile per tutta questa stagione.Lavoreremo sul potenziamento muscolare, sulla coordinazione, sulla sensibilità e rapidità dei piedi...insomma tutto quello che serve per aiutare a migliorare il gruppo delle ragazze.Piano piano sto costruendo uno bello staff, in modo che ognuno possa esprimersi al meglio nelle proprie competenze!!!Durante questi 10 giorni, per quanto riguarda la parte schermistica, verranno svolte delle lezioni per lavorare su tutto quello che è successo nei primi tre mesi di conoscenza reciproca e sulle esperienze delle prime gare affrontate.
Vi faccio i miei più sinceri auguri di Buona Pasqua; qui a Tokio non viene festeggiata...ma l'uovo di cioccolato esiste...ma in questo weekend di festa per l'arrivo della primavera i giapponesi usano mangiare con la famiglia o con gli amici più cari, sotto i meravigliosi alberi di pesco in fiore.
Sayonara
terzo giorno di colleggiale improntato sulla preparazione fisica, ma diciamo pure sull'impostazione del lavoro atletico legato alla scherma.Mi sono coordinato con uno dei preparatori del JISS (il centro di preparazione olimpica di Tokio), che è anche un preparatore di una delle ragazze , ed abbiamo impostato il lavoro da fare.Il coach seguirà la parte atletica del fioretto femminile per tutta questa stagione.Lavoreremo sul potenziamento muscolare, sulla coordinazione, sulla sensibilità e rapidità dei piedi...insomma tutto quello che serve per aiutare a migliorare il gruppo delle ragazze.Piano piano sto costruendo uno bello staff, in modo che ognuno possa esprimersi al meglio nelle proprie competenze!!!Durante questi 10 giorni, per quanto riguarda la parte schermistica, verranno svolte delle lezioni per lavorare su tutto quello che è successo nei primi tre mesi di conoscenza reciproca e sulle esperienze delle prime gare affrontate.
Vi faccio i miei più sinceri auguri di Buona Pasqua; qui a Tokio non viene festeggiata...ma l'uovo di cioccolato esiste...ma in questo weekend di festa per l'arrivo della primavera i giapponesi usano mangiare con la famiglia o con gli amici più cari, sotto i meravigliosi alberi di pesco in fiore.
Sayonara
venerdì 2 aprile 2010
2 aprile 2010
Dedicata a mia moglie....
Penso che ogni giorno sia
Come una pesca miracolosa
E che è bello pescare sospesi
Su di una soffice nuvola rosa .
Io come un gentiluomo ,
E tu come una sposa .
Mentre fuori dalla finestra
Si alza in volo soltanto la polvere .
C'è aria di tempesta !
Sarà che noi due siamo di un altro
Lontanissimo pianeta .
Ma il mondo da qui sembra soltanto
Una botola segreta .
Tutti vogliono tutto , per poi accorgersi
Che è niente .
Noi non faremo come l'altra gente ,
Questi sono e resteranno per sempre…
I migliori anni della nostra vita .
I migliori anni della nostra vita .
Stringimi forte che nessuna notte è infinita ,
I migliori anni della nostra vita .
Penso che è stupendo
Restare al buio abbracciati e muti ,
Come pugili dopo un incontro .
Come gli ultimi sopravvissuti .
Forse un giorno scopriremo
Che non ci siamo mai perduti…
E che tutta questa tristezza in realtà ,
Non è mai esistita !
I migliori anni della nostra vita ,
I migliori anni della nostra vita ,
Stringimi forte che nessuna notte è infinita .
I migliori anni della nostra vita !
Stringimi forte che nessuna notte è infinita .
I migliori anni della nostra vita
Renato Zero
Penso che ogni giorno sia
Come una pesca miracolosa
E che è bello pescare sospesi
Su di una soffice nuvola rosa .
Io come un gentiluomo ,
E tu come una sposa .
Mentre fuori dalla finestra
Si alza in volo soltanto la polvere .
C'è aria di tempesta !
Sarà che noi due siamo di un altro
Lontanissimo pianeta .
Ma il mondo da qui sembra soltanto
Una botola segreta .
Tutti vogliono tutto , per poi accorgersi
Che è niente .
Noi non faremo come l'altra gente ,
Questi sono e resteranno per sempre…
I migliori anni della nostra vita .
I migliori anni della nostra vita .
Stringimi forte che nessuna notte è infinita ,
I migliori anni della nostra vita .
Penso che è stupendo
Restare al buio abbracciati e muti ,
Come pugili dopo un incontro .
Come gli ultimi sopravvissuti .
Forse un giorno scopriremo
Che non ci siamo mai perduti…
E che tutta questa tristezza in realtà ,
Non è mai esistita !
I migliori anni della nostra vita ,
I migliori anni della nostra vita ,
Stringimi forte che nessuna notte è infinita .
I migliori anni della nostra vita !
Stringimi forte che nessuna notte è infinita .
I migliori anni della nostra vita
Renato Zero
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