mercoledì 31 luglio 2013

31 luglio 2013

....FINGENDO DI NON VEDERE E TACENDO ANZICHE' PARLARE........questa frase rispecchia la cultura italiana e il modo di  comportarsi di " molti " italiani !!!!!!

Processo Mediaset, tartuffe a Corte

Di Marco Travaglio


Nel Paese di Tartuffe, che con buona pace di Molière non è la Francia ma l’Italia, si attende con ansia spasmodica la sentenza della Cassazione sul caso Mediaset per sapere finalmente se B. è un delinquente matricolato o un innocente perseguitato per fini politici.
Pare infatti, ma si tratta soltanto di voci di corridoio, che parte del Pd avrebbe qualche difficoltà a convivere ancora al governo con il partito guidato, anzi posseduto da un condannato per frode fiscale. E, per capire se B. sia un giglio di campo o un criminale incallito, attendono la sentenza Mediaset in Cassazione. Tutte le precedenti è come se non fossero mai state pronunciate, solo perché non erano condanne definitive. Poco importa se lo dichiaravano responsabile di reati gravissimi, come la falsa testimonianza sulla P2 (amnistiata), le tangenti a Craxi (cadute in prescrizione), svariati falsi in bilancio (reato depenalizzato da lui), la corruzione giudiziaria (prescritta sia per lo scippo della Mondadori a De Benedetti sia per le mazzette a Mills). Per non parlare delle sentenze sulle tangenti alla Guardia di Finanza (i suoi manager pagavano i militari con soldi suoi perché non mettessero il becco nei libri contabili delle sue aziende, ma a sua insaputa). E su Dell’Utri e sui mafiosi stragisti, che dipingono B. come un vecchio amico dei boss. 
Bastava leggere uno dei tanti verdetti che in questi vent’anni l’hanno riguardato per farsi un’idea del personaggio: conoscerlo per evitarlo.
Invece, dopo vent’anni di malavita al potere, siamo qui appesi a una sentenza di Cassazione sul reato forse meno grave –  al confronto degli alt i– commesso dal Caimano: la frode fiscale. Più che un delitto, un’abitudine. Una specialità della casa. In fondo andò così anche per Al Capone: era il capo della mafia americana, ma riuscirono a incastrarlo solo per evasione fiscale. Solo che in America l’evasione è galera sicura, dunque non occorse altro per togliere il boss dalla circolazione. Da noi un evasore che tentasse di entrare in galera verrebbe respinto dalle leggi, che sono inflessibili. Per finire in carcere, sottrarre milioni all’erario non basta: bisogna rubare almeno un limone.
Eccoli dunque lì, i politici di destra, centro e sinistra, che con Al Tappone han fatto affari, inciuci, libri, comparsate tv, bicamerali, riforme bipartisan, alleanze più o meno mascherate, e i giornalisti e gl’intellettuali al seguito, tutti tremanti sotto la Cassazione. Paradossalmente, il meno preoccupato è proprio lui: B. lo sa chi è B. e non ne ha mai fatto mistero. E ha costruito un sistema politico-mediatico perfetto: se lo assolvono, sarà la prova che era un innocente perseguitato; se lo condannano, sarà la prova che è un innocente perseguitato. A tremare sono tutti gli altri: gli ipocriti che lo circondano da vent’anni, fingendo di non vedere e tacendo anziché parlare. Infatti del merito del processo Mediaset, delle prove schiaccianti sul ruolo centrale di B. nella costruzione di una macchina perfetta di decine di società offshore per frodare il fisco e portare fondi neri all’estero da usare per corrompere politici, giudici, forze dell’ordine e funzionari pubblici, non parla nessuno.
È il trionfo di Tartuffe: tutti aspettano che i giudici della Cassazione dicano ciò che tutti sanno benissimo, anche se nessuno osa dire nulla. Oppure delirano, come Letta e Boldrini, che escludono conseguenze sul governo in caso di condanna: come se il pericolo fosse che B. molli il Pd, e non che il Pd resti avvinghiato a un evasore pregiudicato. Viene in mente la storiella raccontata da Montanelliper sbertucciare un’altra ipocrisia italiota, quella dell’intellighenzia “de sinistra” che negli anni 70 negava il terrorismo rosso: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto in albergo, la vide dal buco della serratura spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perché i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”.
Il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2013

sabato 27 luglio 2013

27 luglio 2013

Ciao amici, un saluto da Budapest , proseguono gli allenamenti allo stage internazionale pre mondiale. Questa mattina lezione ed assalti con le ragazze ungheresi, ukraine koreane; pomeriggio seduta di preparazione fisica e bagni nelle vasche di acqua fredda e calda. Il lavoro prosegue bene, le giovani schermitrici giapponese sono felici e sfruttano al meglio ogni assalto , ogni istante dell'allenamento per imparare e per cercare di sfruttare al massimo questa loro meravigliosa esperienza.
Ciao

27 luglio 2013

Evasione fiscale, Letta dura senza paura.

Di Marco Travaglio

Il Fatto Quotidiano


Brrr che paura: Enrico Letta minaccia lotta dura senza paura, “con forza e determinazione”, contro l’evasione fiscale: “Gli italiani che hanno portato i soldi fuori dall’Italia devono sapere che non è più come 5 o 10 anni fa: conviene anche a loro riportare i soldi in Italia e pagare il dovuto”. E questo perché “il clima è cambiato” e “non ci sono più le coperture di qualche anno fa”. Quindi gli evasori verranno inseguiti e catturati ovunque siano, “nei paradisi fiscali o in Svizzera”.
Non è meraviglioso? Il clima è talmente cambiato che B., dopo aver perso le elezioni, è di nuovo al governo. Pare incredibile, ma ha lo stesso nome e lo stesso cognome di quello che nel 2001, nel 2003 e nel 2009 varò tre scudi fiscali per consentire a chi aveva portato i soldi fuori di rimpatriarli clandestinamente, anonimamente, impunemente e pressoché gratuitamente (il terzo scudo passò anche grazie alle assenze di 59 deputati Pd). 
Anche il presidente della Repubblica è cambiato, anche se per un’altra curiosa combinazione si chiama esattamente come quello che promulgò il terzo scudo e, quando un cittadino lo fermò per la strada e gli domandò il perché di quella firma vergognosa, lo redarguì severamente.
C’è poi un’ultima, prodigiosa coincidenza: un certo S. B. fra quattro giorni comparirà al processoMediaset in Cassazione dopo la condanna in primo e secondo grado a 4 anni per frode fiscale. I giudici d’appello hanno sottolineato il suo indefesso impegno antievasione: “Con una strategia originata in anni in cui Silvio Berlusconi era incontestabilmente il gestore diretto di tutte le attività, il gruppo Fininvest, e più precisamente il suo fondatore e dominus, con l’aiuto dell’avvocato Mills ha costituito una galassia di società estere, alcune delle quali occulte, che occulte dovevano restare, tanto da corrompere la Guardia di Finanza che rischiava di scoprirle. Anche perché parte di tali fondi era utilizzata per scopi illeciti: dal finanziamento occulto di uomini politici alla corruzione di inquirenti, dalla corresponsione di somme a testi reticenti alla elusione della normativa italiana (specie della legge Mammì che dettava limiti al possesso di reti tv)”.
In quel sistema, “interponendo fra le major statunitensi e il gruppo Fininvest-Mediaset una serie di società estere che operavano adeguati ricarichi nella compravendita dei diritti” tv, furono “creati costi fittizi destinati a diminuire gli utili del gruppo e quindi le imposte da versare all’erario”. E dire che quei diritti “Mediaset avrebbe potuto averli al costo a cui le majors li vendevano”: invece B. mise in mezzo una miriade di intermediari “vicini, anche personalmente, al proprietario della società, Berlusconi”.
Risultato: i diritti tv “pervenivano a Mediaset con un differenziale di prezzo altissimo e del tutto ingiustificato, in una operatività proseguita per anni, sempre a opera degli stessi uomini che sempre avevano mantenuto la fiducia del proprietario”. Niente attenuanti generiche per B., colpevole di “un sistema di società e conti esteri portato avanti per molti anni, proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti, e condotto in posizione di assoluto vertice”. La condanna riguarda 7,3 milioni di euro, ma solo perché il grosso delle accuse s’è prescritto grazie a leggi fatte dallo stesso imputato (falso in bilancio e Cirielli): il totale delle “maggiorazioni di costo” è di “368 milioni di dollari”.
Quando il Letta nipote ha ammonito “gli italiani che han portato i soldi fuori dall’Italia”, a B. devono essere fischiate le orecchie. Qualcuno ha addirittura temuto un duro attacco del premier al principale di suo zio. Ma è stato un attimo: poi Fassina ha spiegato che “esiste un’evasione di sopravvivenza”, dettata da “ragioni profonde e strutturali che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno”.
Ecco, risolto il problema: B. evadeva per sopravvivere. E Fassina spara cazzate per lo stesso motivo. Che s’ha da fa’, pe’ campa’.
Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2013

venerdì 26 luglio 2013

27 luglio 2013

Innocenti evasioni e riforme costituzionali colpevoli

Di Peter Gomez

Da Il Fatto Quotidiano


In attesa che qualcuno nel Pd finalmente rivaluti anche l’ex ministro Pietro Lunardi e il suo “bisogna convivere con la mafia”, va registrato con piacere come il clima di concordia e d’unità d’intenti, auspicato dall’Eterno Presidente Giorgio Napolitano, stia facendo breccia tra molti nostri esponenti politici. Il vice-ministro all’Economia Stefano Fassina, noto alle cronache per aver sostenuto fino a 6 giorni prima della nascita dell’esecutivo Letta che mai il suo partito avrebbe “governato con Berlusconi”, e poi andato al governo con Berlusconi, ne è forse la dimostrazione migliore.
Dopo appena tre mesi trascorsi a Palazzo Chigi, Fassina ha cambiato opinione pure sulle tasse: “L’evasione di sopravvivenza esiste” spiega adesso il neo-alleato del Cavaliere. E, anche se assicura “di non voler strizzare l’occhio a nessuno”, viene amorevolmente festeggiato dall’amico Renato Brunetta.“Benvenuto nel Pdl”, gli dice l’ex ministro della Pubblica Amministrazione forse fiducioso nel fatto che presto Fassina arriverà come lui a definire “l’Italia peggiore” le organizzazioni dei lavoratori precari. Del resto solo gli stupidi e i paracarri non cambiano mai posizione e Fassina di certo non è un paracarro.
Tutto, insomma, nel Paese comincia ad andare per il verso giusto. E andrà ancora meglio non appena le Camere avranno riscritto la Costituzione. Visto l’alto profilo etico e morale dei nominati in Parlamento e la chiarezza e trasparenza con cui, prima delle elezioni politiche, avevano annunciato agli elettori che avrebbero riformato a fondo la Carta, i nostri hanno deciso di liberarsi dagli odiosi e antiquati orpelli istituzionali che rendevano complicata la modifica della legge fondamentale dello Stato.
I padri costituenti, dopo la guerra e il fascismo, avevano pensato che fosse un rischio immaginare una Costituzione in balia delle maggioranze. Per questo avevano deciso che cambiarla fosse particolarmente difficile: così, se pure le Camere si fossero ritrovate popolate da incompetenti, venduti e carrieristi, ogni mutamento sarebbe avvenuto solo dopo un lungo e ponderato dibattito nel Paese.
Fortunatamente oggi le nostre classi politiche sono fatte di tutt’altra pasta. I partiti non sono più semplici centri di potere, perseguono solo ed esclusivamente il bene comune, a Montecitorio e Palazzo Madama i rappresentati dei cittadini, eletti sulla base di norme estremamente democratiche, sono da tutti stimati per la loro correttezza, competenza e compostezza.
Per questo prima della pausa estiva, dopo il Senato, anche la Camera approverà il cambiamento dell’ormai anacronistico articolo 138 della Carta che imponeva di approvare in doppia lettura, con voto a a distanza di tre mesi l’una dall’altro, ogni eventuale modifica costituzionale.
Quando, in autunno, l’iter della riforma del 138 sarà completata potremo finalmente far riscrivere la legge fondamentale da una snella commissione di 42 nominati in parlamento che si baserà sul lavoro di 35 esperti scelti dal governo. Poi il risultato verrà sottoposto in blocco ai loro autorevoli colleghi (con voti distanziati di soli 45 giorni) e quindi votato in un referendum.
Il bisogno di fare in fretta è evidente a ogni italiano. Per questo, certamente a malincuore, il Parlamento si è trovato costretto a rinunciare per ora all’esame del disegno legge governativo sullariduzione del finanziamento pubblico ai partiti e a altre quisquilie, come la abolizione, o riforma, della prescrizione nei processi penali richiesta dall’Unione Europea. E la nuova legge elettorale.
Fortunatamente il laborioso impegno di Montecitorio non inficia l’altrettanto alacre lavoro dell’ufficio di presidenza della Camera, che proprio mentre Fassina parlava è riuscito a trovare il tempo per spartire tra i vari gruppi 58 milioni di contributi relativi al 2013.
Certo, in Parlamento c’è sempre chi fa ostruzionismo, rifiuta i finanziamenti e tenta di impedire che il nostro Paese si incammini verso il suo radioso futuro di sviluppo e riforme. Nelle aule della Corte di Cassazione c’è poi persino chi crede di poter giudicare se davvero il leader della maggioranza, Silvio Berlusconi, sia colpevole di frode fiscale come stabilito in primo e secondo grado.
Come è noto, secondo alcuni osservatori, il 30 luglio un’eventuale sentenza di condannapotrebbe mettere in forse l’esistenza del governo e quindi della nuova Repubblica italiana fondata sulla nuova Costituzione.
Ma è il caso di stare tranquilli. Ha detto bene Fassina: in Italia c’è chi “evade per sopravvivenza”. E se il Cavaliere è colpevole è di sicuro uno di questi. Basterà dare un’occhiata al suo fascicolo, al Colle e ai lavori in Parlamento perché  i giudici capiscano quale deve essere il verdetto: assoluzione per stato di necessità.

giovedì 25 luglio 2013

26 luglio 2013

Ciao amici , un saluto da Budapest. Siamo arrivati nella capitale ungherese il 24 nel tardo pomeriggio, ieri  abbiamo svolto una doppia leggera seduta di allenamento, per adattare le ragazze al fuso orario. Sia al mattino che al pomeriggio dopo un riscaldamento generale abbiamo lavorato su un po' di tempi con le gambe scherma e poi lezione; al termine di ogni seduta siamo saliti sulla bella terrazza del centro sportivo che ci ospita e le ragazze si sono immerse nelle due vasche che abbiamo approntato di acqua fredda e acqua calda. Le vasche sono belle grandi e permettono alle ragazze un buon recupero e un buon rilassamento al termine di ogni allenamento.
Ciao

venerdì 19 luglio 2013

19 luglio 2013

Ciao amici, con l'allenamento di questo pomeriggio abbiamo terminato il programma di questa settimana, week end libero per le ragazze; ci vedremo lunedi per una doppia lezione per le 5 ragazze che mercoledì partiranno per i mondiali di Budapest. Al mattino dopo la lezione andremo a fare del lavoro in acqua, mentre nel pomeriggio ci sarà la seconda lezione. E' stata una bella settimana di lavoro, l'aggiornamento e l'apprendimento è stato sempre l'obbiettivo da inseguire, nonostante il mondiale alle porte, la tipologia del nostro lavoro non può cambiare. tantissima tecnica individuale, assalti  tra le ragazze e un paio di giorni mixati anche con i migliori under 20 maschi, per dare alle ragazze piu' rapidità nella gestualità e nelle reazioni. Anche mercoledì pomeriggio e tutto il giovedi , quando abbiamo lavorato sulla gara a squadre, alternavo un match contro la squadra maschile ad un match con una femminile; il lavoro mi è sembrato buono ed ho notato benefici nella performance delle ragazze.
Vorrei parlarvi di quello che sto provando da molti giorni; più si avvicina il momento del distacco da Tokyo, più le emozioni esplodono dentro di me. Sono stati tre anni straordinari, un'esperienza meravigliosa che non potrò mai dimenticare. Un popolo che ha saputo conquistarmi con la sua estrema educazione, eleganza nei modi e nei pensieri, con la sua complessità e con i suoi controsensi. Un popolo, una città ed una nazione estremamente civile , dove la qualità della vita è meravigliosa. Tre anni nei quali ho costruito un rapporto intenso con le ragazze, da loro ho ricevuto tutto, passione, professionalità, disponibilità al sacrificio, rispetto ed educazione, tanta, tanta educazione. Mi hanno permesso di fare un'esperienza di vita e professionale meravigliosa, spero di aver ripagato tutto ciò. Ho dato tutto me stesso a loro,e alla Federazione.
La decisione di interrompere il rapporto di lavoro è stata mia, difficile, complicata, dolorosa dal punto di vista umano e tecnico ma è stata una decisione che mi porterà a vivere un'altra esperienza,sicuramente profondamente diversa, ma sono sicuro, altrettanto intrigante ed affascinante.
Domani inizia il mio ultimo week end a Tokyo.......
Ciao

19 luglio 2013


Parla Zagrebelsky: “F35, giustizia e Kazakistan, è l’umiliazione dello Stato”

Intervista al presidente emerito della Corte costituzionale, secondo cui nel nostro Paese "grave un 'non detto' che spiegherebbe molte cose": "Si fa finta di vivere nella normalità della vita democratica, ma non è così. Su tutto domina la difesa dello status quo, in questa maniera la democrazia muore"


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Professore, negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerosi episodi di natura politica e costituzionale che hanno suscitato discussioni e polemiche. Lei che ne pensa?
Prima che dagli episodi, iniziamo da un dubbio, da un interrogativo di portata generale, di cui vorremmo non si dovesse parlare. E, invece, dobbiamo.

Cosa intende?
Una cosa angosciante. Si tratta solo di singoli episodi, oppure di manifestazioni di qualcosa di più profondo, che non riusciamo a vedere e definire con chiarezza, ma avvertiamo come incombente e minaccioso? Qualcosa in cui quelli che altrimenti sarebbero appunto solo episodi isolati, assumono un significato comune. Li dobbiamo trattare isolatamente o come sintomi d’un generale e pericoloso malessere?

Dica lei.
Guardi: può darsi ch’io pecchi in pessimismo. Mi sembra che sulla vita politica, nel nostro Paese, in questo momento, gravi un “non detto” che spiegherebbe molte cose. Si fa finta di vivere nella normalità della vita democratica, ma non è così. È come se una rete invisibile avvolgesse le istituzioni politiche fossilizzandole; imponesse agli attori politici azioni e omissioni altrimenti assurdi e inspiegabili; mirasse a impedire che qualunque cosa nuova avvenga. Questa è stasi, situazione pericolosa. Se qualche episodio, anche grave o gravissimo, sfugge alla rete, l’imperativo è sopire, normalizzare. Ciò che accade sulla scena politica sembra una messinscena. Ci si agita per nulla concludere. Ma la democrazia, così, muore. Lo spettacolo cui assistiamo sembra un gioco delle parti, oltretutto di livello infimo. Il numero degli appassionati sta diminuendo velocemente. L’umore è sempre più cupo. Bastava guardare i volti e udire il tono di alcuni che hanno preso la parola nel dibattito sulla vicenda della “rendition” kazaka. Sembravano tanti “cavalieri dalla trista figura”. Non si respirava il “fresco profumo della libertà”, di cui ha scritto ieri Barbara Spinelli. Né v’era traccia di quella “felicità” che è l’humus della democrazia, di cui abbiamo ragionato Ezio Mauro e io, in contrasto con l’atmosfera stagnante dei regimi del sospetto, dell’intrigo, della libertà negata.

Si riferisce alla maggioranza modello “larghe intese”?
Innanzitutto: è una maggioranza contro natura; contraria alle promesse elettorali e quindi democraticamente illegittima, anche se legale; che pretende di fare cose per le quali non ha ricevuto alcun mandato. Ricorderà che è stata formata pensando a poche e chiare misure da prendere insieme: governo “di scopo” (come se possa esistere un governo senza scopi!), “di servizio” (come se ci possa essere un governo per i fatti suoi!) e, poi, “di necessità”. Ora, sembra un governo marmorizzato il cui scopo necessario sia durare, irretito in un gioco più grande di lui. La riforma elettorale, bando alle ciance, non si fa, perché in fondo, oltre che essere nell’interesse di molti, nel frattempo, con l’attuale, non si può tornare a votare. Perfino l’abnorme procedimento di revisione della Costituzione è stato pensato a questo scopo, come si ammette anche da diversi “saggi” che pur si sono lasciati coinvolgere. E, in attesa che la si cambi, la si viola.

Così arriviamo agli episodi. Il caso F-35?
Incominciamo da qui. Il Parlamento è stato esautorato quando il Consiglio supremo di difesa ha scritto che i “provvedimenti tecnici e le decisioni operative, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”, sottintendendo: “responsabilità esclusive”. Chissà chi sono i consulenti giuridici che hanno avallato queste affermazioni, che svuotano i compiti del Parlamento in materia di sicurezza e politica estera? Un regresso di due secoli, a quando tali questioni erano prerogativa regia. Del resto, lei sa che cosa è questo Consiglio? Qualcuno si è ricordato che la sua natura è stata definita nel 1988 da una relazione della Commissione presieduta da un grande giurista, Livio Paladin, istituita dal presidente Cossiga per fare chiarezza su un organo ambiguo (ministri, generali, presidente della Repubblica)? Fu chiarito allora che si tratta di un organo di consulenza e informazione del presidente, senza poteri di direttiva. D’altra parte, chi stabilisce se certi provvedimenti e certe decisioni sono solo tecniche e operative, e non hanno carattere politico? I sistemi d’arma, l’uso di certi mezzi o di altri non sono questioni politiche? Chi decide? Il Parlamento, in un regime parlamentare. Forse che si sia entrati in un altro regime?

L’affaire kazako è una “brutta figura internazionale” o una violazione dei diritti umani?
Una cosa e l’altra. Ma non solo: è l’umiliazione dello Stato. Ammettiamo che nessun ministro ne sapesse qualcosa. Sarebbe per questo meno grave? Lo sarebbe perfino di più. Vorrebbe dire che le istituzioni non controllano quello che accade nel retrobottega e che il nostro Paese è terreno di scorribande di apparati dello Stato collusi con altri apparati, come già avvenuto nel caso simile di Abu Omar, rapito dai “servizi” americani con la collaborazione di quelli italiani e trasportato in Egitto: un caso in cui s’è fatta valere pesantemente la “ragion di Stato”. Non basta, in questi casi, la responsabilità dei funzionari. L’art. 95 della Carta dice che i ministri, ciascuno personalmente, portano la responsabilità degli atti dei loro dicasteri. Se, sotto di loro, si formano gruppi che agiscono in segreto, per conto loro o in combutta con poteri estranei o stranieri, il ministro non risponderà penalmente di quello che gli passa sotto il naso senza che se ne accorga. Ma politicamente ne è pienamente responsabile. Troppo comodo il “non sapevo”. Chi ci governa, per prima cosa, “deve sapere”. Se no, dove va a finire la nostra sovranità? Chi, dovendola difendere, in questa circostanza, non l’ha difesa?

Che dire del blocco del Parlamento decretato per protesta contro l’Autorità giudiziaria?
Che, anche questa, come la manifestazione di decine di parlamentari scalpitanti dentro e fuori il Tribunale di Milano, è una vicenda inconcepibile. Altrettanto inconcepibile è che l’una e l’altra non siano state oggetto di puntuale e precisa condanna. Anche qui: ammettiamo per carità di Patria che l’una sia stata una normale sospensione tecnica e l’altra una visita guidata a un palazzo pubblico. Non basta, però, averli “derubricati”, per poter dire che non è successo nulla. La questione è che non s’è detto autorevolmente che l’intento e i mezzi immaginati sono, sempre e comunque, inammissibili perché contro lo Stato di diritto.

C’è una logica che spiega i singoli episodi?
Potrei sbagliare, ma a me pare che su tutto domini la difesa dello status quo e del governo che lo garantisce. In stato di necessità, si passa sopra a tutto il resto. L’impressione, poi, è che in quella rete invisibile di connivenze, di cui parlavo all’inizio, si finisca per attribuire a un partito e al suo leader un plusvalore che non corrisponde al loro consenso elettorale e alla rappresentanza in Parlamento. Come se toccarne gli interessi possa determinare una catastrofe generale. Sembra che tutti siano utili, ma qualcuno sia necessario e, per questo, si debbano tollerare da lui cose che, altrimenti, sarebbero intollerabili.

Così si è corrivi nei confronti di una parte politica, anche se c’è di mezzo la Costituzione. A chi spetta difenderla?
In democrazia, a tutti i cittadini, che nella Costituzione si riconoscono. Poi, a chi occupa posti nelle istituzioni, subordinatamente a un giuramento di fedeltà. Infine, salendo più su, a colui che ricopre il ruolo comprensivamente detto di “garante della Costituzione”, il presidente della Repubblica.

Twitter: @SilviaTruzzi1

Da Il Fatto Quotidiano del 18 luglio 2013

mercoledì 17 luglio 2013

18 luglio 2013

ALFANO e CALDEROLI, si salvi chi puo'

Peter Gomez

Il Fatto Quotidiano


A ribadire che ormai la nave Italia segue testarda solo la rotta per il naufragio, arrivano le ultime notizie dalla tolda di comando: il Parlamento. Come era prevedibile e previsto nessuno si è dimesso:Roberto Calderoli, il vicepresidente razzista del Senato, e Angelino Alfano, l’ennesimo ministro dell’Interno a sua insaputa, restano ancora ai loro posti. E, va detto subito, è bene che resistano.
Per chi si informa e s’interessa di politica la coppia rappresenta la plastica incarnazione di un Paese passato dal declino al degrado. Se il duo scomparisse qualche elettore correrebbe anzi il rischio di credere che le cose sono davvero destinate a migliorare. Ma certe illusioni, dopo anni di promesse, è più igienico non darle. Meglio invece urlare: calate le scialuppe, si salvi chi può!
Per questo, davanti alle carriere di Alfano e Calderoli, vale solo la pena di citare Petrolini e il suo memorabile: “Io non ce l’ho con te, ma con chi non ti butta di sotto”. Prendersela coi due non è sbagliato. È inutile. Loro fanno quel che possono, quel che sanno (in effetti niente, ci ha spiegato Alfano parlando dello scandalo kazako) e soprattutto quello che hanno sempre fatto.
Guardate Calderoli, oggi nel mirino per aver paragonato il ministro Kyenge ad un orango. Negli ultimi anni ha definito gli immigrati “bingo bongo”; si è presentato in tv con una maglietta controMaometto, scatenando manifestazioni violente davanti alle sedi diplomatiche italiane e le chiese cristiane in vari paesi arabi; ha pascolato un maiale (il suo) a Lodi sui terreni dove doveva essere costruita una moschea e poi, tanto per rasserenare gli animi di eventuali aspiranti kamikaze, ha indetto il Maiale day in ottica anti-Islam.
Autore della peggior legge elettorale della Repubblica italiana, da lui stesso ribattezzata porcata (e non a causa dell’ossessione per i suini di cui sopra), nel 2012 è pure stato salvato dalla maggioranza dei colleghi del Senato da un processo per truffa aggravata. A spese dei contribuenti aveva preso un volo di Stato per motivi personali facendo però risultare “con artifici e raggiri”, secondo il tribunale dei ministri, di avere impegni istituzionali in Piemonte.
Un miracolato insomma: “Su me stesso non avrei scommesso una lira”, ha confessato un giorno in preda a un chiaro eccesso di autostima. Un leader da osteria che però il 21 marzo del 2013, invece che ritrovarsi in un’aula di giustizia, vede un’altra aula, quella di Palazzo Madama, eleggerlo vice presidente.
Poche settimane dopo la scena si ripete col governo: Pd e Pdl votano tra poche defezioni la fiducia all’esecutivo Letta junior. Vice-premier è Alfano, abituato a fare da spalla al nipote di Gianni Lettafin dai tempi di Vedrò, la fondazione cofondata nel 2005.
A quell’epoca Angelino aveva già donato il proprio cognome al Lodo Alfano, la legge anticostituzionale ideata per tentare di salvare il Capo (suo e dello zio di Enrico). Ma ovviamente non si era accorto che la norma non stava in piedi. Esattamente come non si era reso conto di aver partecipato, nel 1996, al matrimonio della figlia del boss di Palma di Montichiaro, Croce Napoli, e di aver pure baciato il padre della sposa (“non ho nessuna memoria o ricordo di questo matrimonio, attenti a pubblicare una notizia del genere”, dirà nel 2002).
Distratto infatti il ministro dell’Interno lo è da sempre. Impreciso pure. Nel 2009, da Guardasigilli, arriva persino a dimostrarlo con candore davanti ai colleghi della Camera. Parlando di intercettazioni Angelino dice: “Secondo un mio calcolo empirico e non scientifico (sic), è probabilmente intercettata una grandissima parte del Paese: nel 2007, ben 124.845 persone. Ma poi ciascuna fa o riceve in media 30 telefonate al giorno. Così si arriva a 3 milioni di intercettazioni”.
I dati veri però raccontavano altro. Le persone intercettate non erano più di 10mila. Perché il responsabile della Giustizia confondeva il numero di bersagli, ovvero i soggetti effettivamente ascoltati, con quelli delle loro utenze (anche più di cinque a bersaglio), e sommava tra loro le proroghe dello stesso decreto d’ascolto (che dura 20 giorni ed è reiterabile fino a 2 anni).
Ma che ci si può fare? Alfano è fatto così. In Parlamento, nel Pd e nel suo partito lo sanno tutti. Infatti lo hanno nominato vice-premier e ministro dell’Interno. E checché ne dica il M5SSel o Matteo Renzi, è giusto che continui ad esserlo. Alla faccia di una bambina di sei anni e di una madre rispedite in Kazakistan nelle grinfie di un dittatore, di un Viminale fatto traballare nei vertici come mai era successo prima, di un governo di ora in ora più impotente. Se perde la poltrona, la perdono anche gli altri. Il problema qui non è lui che vuole restare. Sono loro che non se ne vogliono andare.
Agguantate un salvagente: buon naufragio a tutti. 

17 luglio 2013

Caso Ablyazov, Kazaki & Kazzari

Marco Travaglio


Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato.
Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno.
 
Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo.
 
Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituitoora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta.
Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante).
Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua.
Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev,Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.

17 luglio 2013


giovedì 11 luglio 2013

11 luglio 2013

Ciao amici, pessima performance nella gara a squadre, abbiamo perso 45a21 dalla Cina. Nessuna scusante, fermo restando che non si puo' pensare di conpetere  con le squadre "titolari" se si tira in tre, ed una ragazza e' venuta in gita, appagata di aver conquistato il posto che le da' delle gratifiche all'universita'. Gia' da due mesi  fa  avevo chiesto alla Fderazione di cambiare questa ragazza che non mostrava nessun interesse, una volta selezionata, mancando spesso agli allenamenti  e non impegnandosi.....ma la burocrazia organizzativa ha impedito questo cambio e quindi la squadra non ha trovato ne  amalgama ne performance. Mi consola il fatto che dal 15 riprendiamo ad allenarci e potro' di nuovo lavorare sulle quattro ragazze che ho scelto per i mondiali, la stessa squadra che ai campionati asiatici ha perso 45a41 dalla stessa Cina di oggi; una squadra giovane, molto giovane ma motivata e piena di voglia di lottare su ogni stoccata, e' quello che voglio dalle mie squadre, non quello che ho visto oggi, , non quello che ho percepito nel dopo londra da parte di molte ragazze universitarie che non hanno nessun interesse nell'emergere nell'attivita' internazionale, ma che si accontentano di primeggiare nel scarsissimo torneo universitario, cosi' da ottenere un percorso  " particolare" nel ciclo universitario.
Ciao domani rientriamo a Tokyo, dove vivro' gli ultimi miei 10 giorni giapponesi.
Ciao

lunedì 8 luglio 2013

9 luglio 2013


Bersani e il M5S, quando i folli dicono la berita'
Peter Gomez
Da Il Fatto Quotidiano

Undici anni dopo la straordinaria performace parlamentare di Luciano Violante sulla (mancata) legge sul conflitto d’interessi, l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, decide di fare di più e di meglio. Verosimilmente invidioso del successo – in numero di visualizzazioni su youtube – ottenuto dall’ex presidente della Camera con il discorso in cui rivelava come nel 1994 fu data “garanzia piena” a Silvio Berlusconi “che non gli sarebbero state toccate le televisioni”, Bersani scuote i già fragili nervi dell’elettorato del Pd con un nuovo retroscena. Il motivo per cui dopo aver giurato decine di volte “mai al governo con Berlusconi” il suo partito si è ritrovato al governo con Berlusconi.
Mica io volevo fare l’alleanza con Grillo, sono mica matto” dice candido l’ex segretario allaFesta de L’Unità di Cremona prima di aggiungere che lui con il M55 può discutere di tutto, tranne che di una questione: la democrazia. Perché “non esiste la possibilità che ci siano movimenti o partiti dove comanda uno solo”.
Un’affermazione per molti versi condivisibile che però apre la porta ai sospetti: forse Bersani è davvero matto ma, come spesso accade in questi casi, non lo sa.
Intendiamoci: qui il problema non sono gli attacchi dell’ex segretario al Movimento. In una democrazia la concorrenza tra partiti è (o almeno dovrebbe essere) un fatto normale. E sulle questioni interne ai 5 Stelle ciascuno è poi libero di pensarla come gli pare. Anche perché pure noi crediamo che episodi come l’espulsione della senatrice Adele Gambaro, di fatto colpevole del reato dal sapore sovietico di critica al Capo, peseranno a lungo sulla credibilità dei M5S.
La questione importante è invece un’altra: in Italia il partito più personale di tutti è, indiscutibilmente, quello del Cavaliere. Ovvero quello con cui il Pd ha ritenuto giusto e conveniente non solo rieleggere Giorgio Napolitano presidente della Repubblica e andare al governo, ma persino tentare di riscrivere quella cosa da nulla che è la Costituzione.
Ecco allora che qualcosa non torna: dopo aver pareggiato le elezioni, Bersani ai 5 Stelle chiede solo l’appoggio esterno per il voto di fiducia, non propone governi che abbiano premier diversi da se stesso e dice di no quando si tratta di portare Stefano Rodotà al Colle. Al Pdl invece finisce per dir di sì su tutto, dopo aver candidato Franco Marini al Quirinale, proprio per poter raccogliere i voti dei berlusconiani.
Insomma, al netto degli errori del M5S (un nome esterno ai partiti per Palazzo Chigi avrebbero dovuto farlo loro), riascoltando Bersani almeno un sospetto rischia di diventare certezza: c’è stato del metodo in quella follia.

9 luglio 2013

Ciao amici, un saluto da Kazan, ieri la Nishioka ha conquistato il 5 posto nella prova individuale; gioia? Rammarico? Ancora non lo so!!??? Da un lato sono felice perche' nel girone ha tirato bene facendo tutte vittorie ( battendo anche la russa Biroukova), posizionandosi al numero uno del tabellone della diretta ha saltato il primo per poi superare  senza grossi problemi la belga Grosslambert. Una volta nelle 8 ha tirato per il match della medaglia con la Volpi, perdendo 15a12, qui aumenta il rammarico, non per la sconfitta in se, la Volpi e' una schermitrice molto brava , ma per il modo nel quale e' arrivata. Shio ha subito 4 stoccate sull' a voi senza farsi trovare pronta....questo e' un errore gravissimo  di per se, ma che in match di un certo livello si paga pesantemente!!
La gara non era forte e numerosa  come una gara di coppa del mondo ma presentava un numero di atlete di alto livello, la Russia, la Cina, la Polonia erano con le loro nazionali maggiori, l'Italia con una parte degli immediati rincalzi della prima squadra( quindi una squadra di assoluto valore), la Francia ha schierato una squadra giovane ma di ottima  prospettiva...insomma una gara buona e una medaglia sarebbe stata una bella gioia. Restera' la buona performance tecnica dalla quale ripartire per i prossimi impegni. La Yanaoka e' stata eliminata al girone , la 17nne giapponese, non riesce ancora a vincere quei match che sono alla sua portata e che fanno la differenza nel girone. La Kawamura, ha superato il girone con 2 vittorie e poi ha perso il match delle 32 con un'americana, dimostrando i suoi limiti nel capire cosa succede in pedana. Oggi giornata di riposo, andremo a vedere delle partite di basket, domani riprenderemo gli allenamenti in vista della gara a squadre.
Ciao

sabato 6 luglio 2013

6 luglio 2013


IO DI DESTRA, CON CHI POSSO FARE POLITICA OGGI????!!!

Flavia Perina
il Fatto Quotidiano

Diciamo  che io sia uno di destra. Mi chiamo Luca. Ho quarant’anni e girando per le strade di Roma ho visto i muri pieni di manifesti per l’anniversario della morte di Giorgio Almirante (22 maggio 1988, ma i poster sono spuntati due giorni fa). Almirante me lo ricordo poco di persona, ma aveva una sua reputazione e mi piaceva: un capo di partito pulito, fuori dalle mafie.
Diciamo che della destra io abbia in testa i convegni del vecchio Fdg con Borsellino, le relazioni di Beppe Niccolai all’antimafia (che pure i comunisti gli stringevano la mano) e magari anche il mito dei treni in orario, che poi significa regole condivise, uno Stato che non imbroglia, cittadini che pagano le tasse in cambio di servizi e serietà. Diciamo che ricordi le campagne di Pisanò contro le ruberie dei socialisti e quella manifestazione di ragazzi sotto Montecitorio, ai tempi di Tangentopoli, con le magliette “Arrendetevi, siete circondati”.
Diciamo che a me, Luca, all’improvviso interessi fare politica. Per amore di un Paese che sta franando, per l’orgoglio della bandiera (il tricolore, sì, ricordatevi che sono di destra) ammazzato dalle lobby, dalla speculazione, dal declino di ogni senso civico. Dove vado a bussare?
Se in Italia uno di sinistra ha problemi (Renzi o EpifaniLetta o Vendola?) uno di destra è semplicemente out. Fuori. Non può fare politica. Con Berlusconi di certo non può stare: un partito che si rifonderà scegliendo i suoi dirigenti con un concorso stile X-Factor è antropologicamente agli antipodi di ogni cultura di destra esistente da noi. Senza parlare del resto. Dell’evasione fiscale, della concussione di pubblico ufficiale, della prostituzione minorile, reati che nella graduatoria del-l’indignazione di destra sono al top, molto sopra alla rapina a mano armata.
Fratelli d’Italia ha Giorgia Meloni, che è giovane e ardimentosa, ma alla fine tifa sempre per Berlusconi premier. E poi, c’ha pure La Russa, uno che da ministro spedì le Frecce Tricolori a Tripoli per festeggiare Gheddafi e gli avrebbe fatto soffiare fumo verde se il capo della pattuglia acrobaticaTammaro non si fosse ribellato (“O col tricolore, o non decolliamo”). La destra di Storace? Quando ne ebbe l’occasione candidò premier la Santanchè, mica Bottai. La destra di Alemanno? Ha governato Roma e ha promosso gente che neanche al circo. Vinse con gli slogan “di destra” sulla sicurezza e come delegato per la Sicurezza piazzò prima Piccolo (arrestato per associazione a delinquere) poi Ciardi (indagato per finanziamento illecito) e alla fine voleva mandarci il gen. Mori, quello sotto processo per la trattativa Stato-mafia, salvo scoprire che dirigeva già un analogo ufficio in Campidoglio.
Gli altri che vorrebbero resuscitare An? Non uno di loro che risponda alla domanda delle cento pistole: fate parte della schiera berlusconiana del “Siamo tutte puttane” o no?
Povero Luca. Brutto destino a destra. Trovarsi a invidiare persino il dibattito della sinistra, noioso e ipocrita, ma almeno esiste e non ha il tabù della leadership. Povero Luca, che ieri ha letto il telegramma di Napolitano per la morte di Anna Mattei, la madre dei ragazzi uccisi nel rogo di Primavalle, e si è ricordato quell’altra destra lì. Era il 1973, quando furono uccisi i Mattei. Berlusconi varava il progetto di Milano Due. Vittorio Mangano veniva assunto ad Arcore da Dell’Utri per “proteggerlo”. Luca non si capacita del paradosso, dell’asincronia tra le due immagini che pure, dopo quarant’anni, si sono totalmente sovrapposte. Come dargli torto? E come dirgli che per uno come lui, nella politica italiana, al momento non c’è spazio?

il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2013

giovedì 4 luglio 2013

5 luglio 2013

Ciao amici, un saluto da Kazan. Dopo la giornata di ieri dedicata al relax e all'ambientamento nel villaggio universitario, questa mattina andremo ad allenarci. Il villaggio e' semplice ma funzionale, le camere sono dotate di aria condizionata il Wifi funziona bene, il ristorante e' buono e tutto e' pulito. I volontari sono molto gentili e tutto sembra funzionare bene. Ieri al ristorante, straordinario punto d'incontro con le razze di tutto il mondo, ho avuto il piacere di riincontrare Valerio Bertotto, ex grande giocatore dell'Udinese attuale allenatore della Nazionale Italiana di calcio dilettanti che partecipa a queste Universiadi. La Nishioka sara' la portabandiea per il Giappone alla sfilata d'apertura, una bella soddisfazione per Shio.
Ciao

martedì 2 luglio 2013

2 luglio 2013

Ciao amici, domani mattina partiamo per Kazan dove si svolgeranno le Universiadi. La nostra squadra sara' composta solo da 3 atlete; Nishioka, Yanaoka e Kawamura. Se durante la gara a squadre una ragazza non dovesse andare bene non potro' sostituirla perche' partiamo senza la quarta atleta, in caso di infortunio di una ragazza non potremo effettuare il cambio e ci dovremo ritirare....buffo vero....amaramente buffo. Questo weekend e' stato molto movimentato, la Matsumoto si e' aggiudicata i campionati giapponesi e con mia grande sorpresa si e' conquistata il posto  ai campionati del mondo????!!!! Nessuno in Federazione aveva interpellato i tecnici per discutere su questa decisione dei vertici federali, ne Emura San(il manager della federazione) ne la Sugawara San( la mia assistente) si sono preoccupati di dirmelo, nemmeno quando  prima dell'ultima gara di Marsiglia ho comunicato le squadre ad Emura San e alla Federazione e alle ragazze nessuno ha pensato di dirmi....Andrea aspetta la Federazione  ha deciso cosi'......buffo vero????.... Chi mi conosce puo' immaginare come posso averla presa e quanto mi sia costato andare a dire alla "piccola " Miyawaki che purtroppo avrebbe partecipato solo alla gara a squadre e che la Matsumoto avrebbe preso il suo posto nella gara individuale. Quindi ricapitoliamo la squadra giapponese sara' cosi' composta Nishioka, Yanaoka , Kano e Maztumoto nella  prova individuale e nella gara a squadra la Miyawaki prendera' il posto della Matsumoto ricomponendo cosi' il quartetto che hai campionati asiatici ha conquistato il bronzo. Spero che da qui al mondiale la fresca campionessa giapponese trovi il tempo per venire ad allenarsi un po' a Tokyo con il resto della squadra, visto che vive a Wakaiama dove lavora e si allena, tant'e' che non e' mai potuta venire a Tokyo ad allenarsi se non per 5 giorni negli ultimi due anni. L'ho vista solo a Marsiglia nell'ultima gara di coppa del mondo dove purtroppo e' stata eliminata nel girone, speriamo che al mondiale possa fare meglio.....!!! Domani mattina lasciero' a tokyo mia moglie e i miei nipoti Tommy e Ale, che si fermeranno nella capitale ancora una decina di giorni, oggi abbiamo passato  una splendida giornata alla spiaggia di Zushi che mi rasserenato e fatto godere questa splendida citta'.
Ciao

lunedì 1 luglio 2013

1 luglio 2013


Tour De France, fatti e fughe.  18 luglio , nella gara irrompono doping e Pantani. 
In concomitanza con la scalata all'Alpe di Huez, la commissione senatoriale francese fendera' pubblici i nomi dei corridori che dal 1998, quando il Tour fu vinto dal Pirata, utilizzarono sostanze dopanti come l'epo. I ciclisti chiedono di rinviare la pubblicazione del rapporto al termine della grande boucle. E minacciano iniziative di proteste ecclatanti.
Cosi' la corsa cancella il suo passato piu' recente, ma con qualche stranezza.

Il Fatto Quotidiano
Leonardo Choen
Apriti cielo! Il Tour conclude la sua prima trasferta nella meravigliosa Corsica, la corsa fin da subito è stata movimentata e ricca di imboscate, ma l’unico argomento che tiene banco è il doping. Il 18 luglio, proprio in concomitanza con la doppia scalata all’Alpe di Huez, salita feticcio della Grande Boucle, la commissione senatoriale francese svelerà il suo rapporto e renderà pubblici i nomi dei corridori che in anni ormai lontani, a cominciare dal 1998 – quando il Tour fu vinto da Marco Pantani – utilizzarono sostanze dopanti come l’Epo, che solo nel 2004 venne “intercettata” dai controlli, con sospetto ritardo (consentendo all’industria del doping di sviluppare altri prodotti non identificabili).
In Italia, da tempo, c’è un movimento trasversale di beatificazione del povero Pirata, figura drammatica ma pur sempre controversa del ciclismo. Morì per overdose di cocaina, il giorno di san Valentino del 2004, solo e disperato. Sull’onda emotiva di questa amarissima vicenda, si dimentica che a ridurre in quello stato Pantani furono certe frequentazioni assai poco raccomandabili, fuori ma anche dentro il mondo delle due ruote. D’altra parte, da noi ci sono “cantori” che hanno osannato persino Lance Armstrong, nonostante i dubbi e le polemiche accompagnavano le sue…stupefacenti prestazioni. Sono gli stessi che si indignano oggi se, leggendo l’Equipe, scoprono che Pat McQuaid, presidente dell’Uci (l’unione ciclistica internazionale) starebbe considerando “l’ipotesi” di cancellare dall’albo d’oro del Tour anche Pantani, in virtù di analisi fatte a posteriori sui test di quel 1998. Un’operazione macabra e emotivamente ignobile, ma purtroppo un conto sono i sentimenti, un altro i dati oggettivi di un’inchiesta. Si può dire che Pantani sarà ammazzato per la seconda volta.
Prima che il centesimo Tour pigliasse il via, una delegazione di cinque corridori, guidati dal decano del gruppo, il tedesco Jens Voigt che il 17 settembre compirà 42 anni (!), ha incontrato la ministradello Sport Valerie Foumeyron per lamentarsi del “linciaggio mediatico” che sta colpendo il ciclismo, “questo accanimento ci offende, oltre che screditarci”, hanno detto i berluschini del pedale, “chiediamo che la pubblicazione del rapporto venga posposta a dopo la fine di questo Tour”.Un’indignazione che potrebbe sfociare in un’azione clamorosa. Lo sciopero del manubrio si può attuare in tanti modi: passeggiando a ritmi blandissimi; bloccandosi dopo un “via”; fermandosi ai piedi di una mitica salita…
In realtà, un metodo per ridare credibilità a questo bellissimo sport ci sarebbe: denunciare i pusherche avvelenano il gruppo. Isolare i tanti corridori che ricorrono alla farmacia proibita. Effettuarecontrolli sistematici e seri: la lista dei prodotti considerati dopanti è incompleta e sempre in ritardo rispetto allo spaccio. Il doping è sempre in fuga, e chi dovrebbe acchiapparlo fa finta di raggiungerlo. Il problema riguarda tutto lo sport, non solo il ciclismo che, agli occhi degli appassionati, sembra la vittima sacrificale di un sistema malato ed ipocrita. I corridori si sentono perseguitati perché sanno di non essere gli unici che ricorrono agli “aiutini”. In particolare, il calcio – vero totem dello sport mondiale – pare esente da controlli veri e ricorrenti. Almeno, questo è il mugugno del gruppo.
La crociata della Francia contro il doping è lodevole e mette paura ai furfanti del pedale, soprattuttoinquieta gli sponsor che considerano il Tour una vetrina fantastica. E così, tra accuse di fondamentalismo sanitario e di truffa, il Tour consuma la sua leggenda incenerendo il suo passato più recente. Con qualche stranezza: perché cancellare Pantani e non Jan Rijs, altro vincitore in odore d’imbroglio, che fece outing? Con Pantani, quel 1998, sul podio ci salirono pure Jan Ullrich (altro dopatone confesso) e l’americano Bobby Julich, che si pentì a bici appesa. Cento Tour, ma quanti vincitori “puliti”? Cancella qui, sbianca là, e vedi che resta ben poco, dal 1998, l’anno dello scandalo Festina, quando perlomeno si cominciò a portare in tribunale chi imbrogliava: da allora, chi corre a tutta manetta, rischia poi di finire in manette. Ve l’immaginate un Maigret in bicicletta, ad indagare nel gruppo?