Ciao Hiroko, grazie per la traduzione del pezzo della Ikeata, ma grazie per tutto quello che stai facendo per la Federazione Giapponese, per le ragazze e per me.La tua presenza in palestra è preziosissima e quando ci vieni a trovare, riesco ad approfondire concetti molti importanti per le ragazze.Tutto il discorso fatto sulla professionalità, sulla cura di se stessi, sulla cura del materiale senza di te, sarebbe stato impossibile.Grazie a te alcuni concetti sulla gestione e sulla mentalità oramai sono chiari per le ragazze.Mi auguro che la Federazione non ti perda e faccia di tutto per inserirti nel suo organigramma; so che i tuoi innumerevoli impegni ti portano sempre in giro per il mondo, ma dove la trovano una donna che conosce la scherma, con una cultura "aperta" e con una incredibile conoscenza dell'italiano, tedesco, francese e inglese???!!!!!!
Grazie ancora Hiroko.
giovedì 30 settembre 2010
sabato 25 settembre 2010
25 settembre
こんにちは☆ 私は、フルーレ女子の池端です。今は世界選手権に向けてアンドレアと毎日厳しい練習に励んでいます。 先日までブダペストに合宿に行ってました。合宿だけで海外で練習するというのは、ほとんど経験がなかったのですが、すごくいい練習になりました!!今度はドイツに練習に行きます。世界選手権に向けてがんばるぞって感じです。
いつもアンドレアにピストの上ではトラのように獣になれといわれます。シャイな日本人には少し抵抗があったけど少しずつトラのような心になれてる気がします!
がんばるぞ世界選手権!!!
いつもアンドレアにピストの上ではトラのように獣になれといわれます。シャイな日本人には少し抵抗があったけど少しずつトラのような心になれてる気がします!
がんばるぞ世界選手権!!!
giovedì 23 settembre 2010
23 settembre 2010
Ciao amici, in questi due giorni di riposo per il gruppo delle Senior dopo l'allenamento di Budapest, mi sono dedicato alle ragazzine dell'Academy.Molto piacevole ed interessante il lavoro che stiamo svillupando con queste ragazzine di 14 e 15 anni, stiamo lavorando per il futuro e per dare continuità al gruppo senior.Come già vi avevo anticipato nella prossima stagione inizieremo un nuovo percorso tecnico, partecipando ad un buon numero di gare del circuito under 20, permettendo così alle speranze giapponesi di non restare isolate dal resto del mondo ma di avere un percorso di crescita ed esperienza uguale a tutte le loro colleghe.
Domani riprenderemo gli allenamenti con il gruppo della prima squadra, due giorni di lavoro con Ito San per ricaricare le batterie dal punto di vista fisico e poi una settimana schermistica alternata con delle sedute in piscina prima di ripartire per l'europa, destinazione Tauber il meraviglioso centro schermistico tedesco.Ci fermeremo per una decina di giorni ad allenarci con le atlete tedesche e poi parteciperemo ai campionati tedeschi a Mosbach.
Ciao
Domani riprenderemo gli allenamenti con il gruppo della prima squadra, due giorni di lavoro con Ito San per ricaricare le batterie dal punto di vista fisico e poi una settimana schermistica alternata con delle sedute in piscina prima di ripartire per l'europa, destinazione Tauber il meraviglioso centro schermistico tedesco.Ci fermeremo per una decina di giorni ad allenarci con le atlete tedesche e poi parteciperemo ai campionati tedeschi a Mosbach.
Ciao
lunedì 20 settembre 2010
20 settembre 2010
I consulenti del lavoro: sciopero Aic è illegittimo
(ASCA) - Roma, 17 set - La Fondazione studi consulenti del lavoro, con il suo presidente Rosario De Luca, interviene sullo sciopero proclamato dai calciatori per il 25 e 26 settembre, alzando la paletta rossa alle richieste dell'Aic.
''Sarebbe uno sciopero come tanti altri, tutelato dalla Costituzione, utile a rivendicare dei diritti sacrosanti.
Se non fosse - afferma De Luca - che lo sciopero e' stato indetto dalla categoria dei lavoratori subordinati piu' ricchi in Italia. E allora si pone la questione, non di poco conto, se la palese ricchezza puo' ridurre l'esercizio di diritti anche costituzionalmente garantiti.
Se la questione venisse affrontata sul piano tecnico, la risposta sarebbe scontata: il diritto allo sciopero e' garantito dalla Costituzione indipendentemente dal salario percepito dal lavoratore. Ma se la questione, invece, venisse affronta sul piano morale, allora si arriverebbe a conclusioni ovviamente diverse. Il mondo del lavoro 'ordinario' in questi giorni - prosegue De Luca - si sta chiedendo quanto le richieste formulate dai calciatori siano aderenti al sistema giuridico lavoristico vigente in Italia.
La risposta e' semplice: poco o quasi niente. E' infatti in atto un grande cambiamento per oltre 20 milioni di lavoratori dipendenti: un cambiamento nella flessibilita', nelle relazioni industriali, nella certezza della prestazione, insomma verso un ammodernamento del sistema lavoro per renderlo piu' competitivo rispetto agli altri Paesi. Quindi e' giusto che anche la lega dei calciatori spinga verso questa direzione alla pari di tutti gli altri lavoratori subordinati. I calciatori non possono gridare allo scandalo se un contratto collettivo dovesse prevedere dei compensi legati ai risultati poiche' questa - per il datore di lavoro - e' una semplice regola, ma efficace, per avere maggiore produttivita'. Non e' pensabile infatti che i minimi tabellari, che saranno assicurati ai calciatori in una stagione comunque disastrosa, possano mettere in discussione il principio dell'art. 36 della costituzione a cui tutti siamo sottoposti, secondo il quale 'Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa'.
Allo stesso modo, visto che i calciatori fanno della propria immagine uno strumento di guadagno economico spesso superiore all'ingaggio sportivo, non si puo' gridare allo scandalo se un contratto collettivo dovesse introdurre pesanti sanzioni - anche economiche - nell'ipotesi di palesi comportamenti pubblici scorretti, assunti dai calciatori: e in questi anni se ne sono visti diversi.
E non si puo' gridare allo scandalo neanche per una modifica che preveda, a scadenza di contratto, l'impossibilita' per il calciatore di rifiutarsi al trasferimento presso un altro club a parita' di ingaggio e condizioni professionali.
D'altronde, questo principio e' gia' applicato ai 'veri' lavoratori subordinati attraverso l'art. 2112 del c.c.: quindi, non si comprende perche' la categoria piu' ricca di subordinati debba essere sottratta a questa possibilita'.
La strada dello sciopero dei calciatori risulta pertanto - conclude De Luca - legata piu' a rivendicazioni di altro genere che non a vere e proprie lesioni di loro diritti''.
(ASCA) - Roma, 17 set - La Fondazione studi consulenti del lavoro, con il suo presidente Rosario De Luca, interviene sullo sciopero proclamato dai calciatori per il 25 e 26 settembre, alzando la paletta rossa alle richieste dell'Aic.
''Sarebbe uno sciopero come tanti altri, tutelato dalla Costituzione, utile a rivendicare dei diritti sacrosanti.
Se non fosse - afferma De Luca - che lo sciopero e' stato indetto dalla categoria dei lavoratori subordinati piu' ricchi in Italia. E allora si pone la questione, non di poco conto, se la palese ricchezza puo' ridurre l'esercizio di diritti anche costituzionalmente garantiti.
Se la questione venisse affrontata sul piano tecnico, la risposta sarebbe scontata: il diritto allo sciopero e' garantito dalla Costituzione indipendentemente dal salario percepito dal lavoratore. Ma se la questione, invece, venisse affronta sul piano morale, allora si arriverebbe a conclusioni ovviamente diverse. Il mondo del lavoro 'ordinario' in questi giorni - prosegue De Luca - si sta chiedendo quanto le richieste formulate dai calciatori siano aderenti al sistema giuridico lavoristico vigente in Italia.
La risposta e' semplice: poco o quasi niente. E' infatti in atto un grande cambiamento per oltre 20 milioni di lavoratori dipendenti: un cambiamento nella flessibilita', nelle relazioni industriali, nella certezza della prestazione, insomma verso un ammodernamento del sistema lavoro per renderlo piu' competitivo rispetto agli altri Paesi. Quindi e' giusto che anche la lega dei calciatori spinga verso questa direzione alla pari di tutti gli altri lavoratori subordinati. I calciatori non possono gridare allo scandalo se un contratto collettivo dovesse prevedere dei compensi legati ai risultati poiche' questa - per il datore di lavoro - e' una semplice regola, ma efficace, per avere maggiore produttivita'. Non e' pensabile infatti che i minimi tabellari, che saranno assicurati ai calciatori in una stagione comunque disastrosa, possano mettere in discussione il principio dell'art. 36 della costituzione a cui tutti siamo sottoposti, secondo il quale 'Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa'.
Allo stesso modo, visto che i calciatori fanno della propria immagine uno strumento di guadagno economico spesso superiore all'ingaggio sportivo, non si puo' gridare allo scandalo se un contratto collettivo dovesse introdurre pesanti sanzioni - anche economiche - nell'ipotesi di palesi comportamenti pubblici scorretti, assunti dai calciatori: e in questi anni se ne sono visti diversi.
E non si puo' gridare allo scandalo neanche per una modifica che preveda, a scadenza di contratto, l'impossibilita' per il calciatore di rifiutarsi al trasferimento presso un altro club a parita' di ingaggio e condizioni professionali.
D'altronde, questo principio e' gia' applicato ai 'veri' lavoratori subordinati attraverso l'art. 2112 del c.c.: quindi, non si comprende perche' la categoria piu' ricca di subordinati debba essere sottratta a questa possibilita'.
La strada dello sciopero dei calciatori risulta pertanto - conclude De Luca - legata piu' a rivendicazioni di altro genere che non a vere e proprie lesioni di loro diritti''.
domenica 19 settembre 2010
19 settembre 2010
Ciao amici con la gara a squadre di oggi si è concluso questo allenamento internazionale.Un grazie di cuore agli organizzatori ungheresi, per l'idea,per la gentilezza e per la funzionalità degli allenamenti, delle gare e degli degli impianti.
Questa è la classifica della gara a squadre:
1 Ungheria 1
2 Ukraina 1
3 Giappone 1
4 Romania
5 Giappone 2
6 Ungheria 2
7 Singapore
8 Ukraina 2
Sono un pò meno soddisfatto di ieri, abbiamo perso un pò di attenzione e di qualità, ma forse era anche abbastanza prevedibile. La mancanza di abitudine a questa continuità d'attenzione assieme ad un pò di fatica anche condizionato la performance delle ragazze. La prima squadra dopo aver superato agevolmente Singapore, non ha tirato al meglio con l'Ukraina, finendo imbottigliato in un "non match" perso alla fine per 20a18.Nella finalina per il 3 posto si sono riprese a spese della Romania sconfitta per 39a23.La Nishioka non ha tirato per non forzare un problema alla schiena quindi sono scese sempre in pedana Ikeata,Yoschizawa ed Hirata.
La seconda suadra nel complesso mi è piaciuta di più; ottimo anche oggi il comportamento di Ichikawa e Mori e molto buono quello della giovanissima Yanaoka (15 anni). Dopo aver perso di una sola stoccata 27a26 con la Romania , hanno battuto Ukraina 2 e Ungheria 2.Sono estremamente soddisfatto, del comportamento, dell'impegno e dell'educazione che le ragazze giapponesi hanno avuto durante tutto questo allenamento.Come ho ribadito tante volte"lunga è la strada che porta a lo monte" e per ora il nostro livello è quello di lottare per conquistare delle medaglie nel continente asiatico e partecipare ai mondiali per continuare ad apprendere, ma di vero cuore mi auguro che un giorno queste ragazze possano raccogliere qualcosa di meraviglioso, la loro passione e i loro sacrifici sarebbero ricompensati.Io comunque sono un uomo felice e straordinariamente fortunato a lavorare con ragazze come queste.
Ciao.
Questa è la classifica della gara a squadre:
1 Ungheria 1
2 Ukraina 1
3 Giappone 1
4 Romania
5 Giappone 2
6 Ungheria 2
7 Singapore
8 Ukraina 2
Sono un pò meno soddisfatto di ieri, abbiamo perso un pò di attenzione e di qualità, ma forse era anche abbastanza prevedibile. La mancanza di abitudine a questa continuità d'attenzione assieme ad un pò di fatica anche condizionato la performance delle ragazze. La prima squadra dopo aver superato agevolmente Singapore, non ha tirato al meglio con l'Ukraina, finendo imbottigliato in un "non match" perso alla fine per 20a18.Nella finalina per il 3 posto si sono riprese a spese della Romania sconfitta per 39a23.La Nishioka non ha tirato per non forzare un problema alla schiena quindi sono scese sempre in pedana Ikeata,Yoschizawa ed Hirata.
La seconda suadra nel complesso mi è piaciuta di più; ottimo anche oggi il comportamento di Ichikawa e Mori e molto buono quello della giovanissima Yanaoka (15 anni). Dopo aver perso di una sola stoccata 27a26 con la Romania , hanno battuto Ukraina 2 e Ungheria 2.Sono estremamente soddisfatto, del comportamento, dell'impegno e dell'educazione che le ragazze giapponesi hanno avuto durante tutto questo allenamento.Come ho ribadito tante volte"lunga è la strada che porta a lo monte" e per ora il nostro livello è quello di lottare per conquistare delle medaglie nel continente asiatico e partecipare ai mondiali per continuare ad apprendere, ma di vero cuore mi auguro che un giorno queste ragazze possano raccogliere qualcosa di meraviglioso, la loro passione e i loro sacrifici sarebbero ricompensati.Io comunque sono un uomo felice e straordinariamente fortunato a lavorare con ragazze come queste.
Ciao.
sabato 18 settembre 2010
18 settembre 2010
Ciao amici, ecco la classifica del torneo di Budapest:
1 Mohamed Ungheria
2 Ichikawa Giappone
3 Nattan Ungheria
3 Udrea Romania
5 Nishioka Giappone
6 Hirata Giappone
7 Mori Giappone
8 Varga Katalina Ungheria
Le altre Giapponesi:9 Yoshizawa( ha perso dalla Mori)
11 Ikeata (ha perso dalla Udrea)
34 Yanaoka (ha perso dalla Dierdeva Ukraina)
Sono molto contento della prova delle ragazze giapponesi, hanno tirato con attenzione, buona scherma , passione e grande volontà. Ho visto delle buone cose e chiaramente anche errori, sui quali continueremo a lavorare.
Sono particolarmente felice per il secondo posto della Ichikawa, dopo una stagione di coppa nella quale non è mai riuscita a superare i 64, ed non è stata selezionata per i mondiali, ha cambiato marcia, allenandosi con grande impegno ed intensità, capendo che il ritiro prempondiale per lei sarà la ripartenza "mentale" e tecnica per la prossima stagione.Bene anche la Nishioka che effettivamente avrebbe potuto vincere anche il match con la Nattan, l'ultima stoccata forse era a suo favore ma è importante che lei ricostruisca i parecchi errori che ha fatto durante il match che le hanno impedito, probabilmente, di chiuderlo prima; se farà questo, sarà un'atleta intelligente che non si ferma ad un "possibile " errore arbitrale.Mi è piaciuta anche la Hirata che ha vinto un buon match,per entrare nelle 8, con la Varga gabriella.Anche la Mori, come la Ichikawa , sta ben interpretando il suo ruolo di riserva e si sta impegnando al massimo e sono certo che tutto questo le ritornerà.E' stata una buona gara di allenamento vinta dalla Mohamed (9a7 sulla Ichikawa)con la sua solita classe ed eleganza, un'altra tappa nell'apprendimento agonoistico per le ragazze nipponiche che hanno sfruttato al massimo questa gara. La formula con i due gironi e la diretta è stata un'ottima scelta degli organizzatori.Domani gara a squadre test importante per allenare la continuità di attenzione!!Molto probabilmente non farò tirare la Nishioka che lamenta dei dolori alla schiena, prontamente curata dal coach fisico Kato San con l'agopuntura...una "figata"!!!!Voglio ringraziare Wada San e Kato San per l'impegno e la professionalità dimostrati.
Sono veramente felice per l'impegno, la passione e la gioia che queste ragazze mettono nella loro performance sportiva.
Sayonara.
1 Mohamed Ungheria
2 Ichikawa Giappone
3 Nattan Ungheria
3 Udrea Romania
5 Nishioka Giappone
6 Hirata Giappone
7 Mori Giappone
8 Varga Katalina Ungheria
Le altre Giapponesi:9 Yoshizawa( ha perso dalla Mori)
11 Ikeata (ha perso dalla Udrea)
34 Yanaoka (ha perso dalla Dierdeva Ukraina)
Sono molto contento della prova delle ragazze giapponesi, hanno tirato con attenzione, buona scherma , passione e grande volontà. Ho visto delle buone cose e chiaramente anche errori, sui quali continueremo a lavorare.
Sono particolarmente felice per il secondo posto della Ichikawa, dopo una stagione di coppa nella quale non è mai riuscita a superare i 64, ed non è stata selezionata per i mondiali, ha cambiato marcia, allenandosi con grande impegno ed intensità, capendo che il ritiro prempondiale per lei sarà la ripartenza "mentale" e tecnica per la prossima stagione.Bene anche la Nishioka che effettivamente avrebbe potuto vincere anche il match con la Nattan, l'ultima stoccata forse era a suo favore ma è importante che lei ricostruisca i parecchi errori che ha fatto durante il match che le hanno impedito, probabilmente, di chiuderlo prima; se farà questo, sarà un'atleta intelligente che non si ferma ad un "possibile " errore arbitrale.Mi è piaciuta anche la Hirata che ha vinto un buon match,per entrare nelle 8, con la Varga gabriella.Anche la Mori, come la Ichikawa , sta ben interpretando il suo ruolo di riserva e si sta impegnando al massimo e sono certo che tutto questo le ritornerà.E' stata una buona gara di allenamento vinta dalla Mohamed (9a7 sulla Ichikawa)con la sua solita classe ed eleganza, un'altra tappa nell'apprendimento agonoistico per le ragazze nipponiche che hanno sfruttato al massimo questa gara. La formula con i due gironi e la diretta è stata un'ottima scelta degli organizzatori.Domani gara a squadre test importante per allenare la continuità di attenzione!!Molto probabilmente non farò tirare la Nishioka che lamenta dei dolori alla schiena, prontamente curata dal coach fisico Kato San con l'agopuntura...una "figata"!!!!Voglio ringraziare Wada San e Kato San per l'impegno e la professionalità dimostrati.
Sono veramente felice per l'impegno, la passione e la gioia che queste ragazze mettono nella loro performance sportiva.
Sayonara.
venerdì 17 settembre 2010
17 settembre 2010
Carlo Annese Gazzetta dello Sport : Intervista a Saviano
Una tosse cupa lo interrompe spesso mentre parla al telefono. Roberto Saviano è reduce da una polmonite («per i filtri marci dell’auto blindata», dice) che non gli consente di uscire dal rifugio segreto in cui vive, come se non bastasse la solitudine vigilata alla quale è obbligato da quando Gomorra è diventato un best seller planetario e lui il nemico numero uno della camorra. Non gli ha impedito, però, di partecipare a Sfide, in onda oggi su Rai 3 alle 23.10, per rievocare lo scudetto conquistato 19 anni fa nel basket da Caserta - la squadra di Gentile ed Esposito -, a riprova di una passione profonda per lo sport, testimoniata dai reportage sui ragazzi d’oro della boxe di Marcianise e sull’incontro con Leo Messi, che fa parte dell’ultimo libro La bellezza e l’inferno.
«Nel ’91 avevo 12 anni. Veder vincere quella squadra, composta da ragazzi del posto, cambiò la percezione del territorio. Fu una riscossa. Significò che qui il talento può avere uno sbocco; che esiste una realtà che non ha bisogno dell’aiuto di un politico, ma vince con le proprie forze; che non si è solo una provincia sconosciuta in mano alla malavita. Lo stesso vale per le medaglie olimpiche prodotte a Marcianise in palestre puzzolenti di scuole medie che nessuno crederebbe esistano ancora».
Lei le conosce bene avendole frequentate.
«Da ragazzo ho praticato basket, boxe e anche pallanuoto, ai tempi del Volturno, ma senza eccellere. Per il basket sono alto appena 1.70 e tiro male; a pallanuoto m’ispiravo a Manuel Estiarte, un genio: ero alto quanto lui e magro,maevidentemente non è bastato. Nel pugilato ho avuto uno dei migliori allenatori al mondo,Mimmo Brillantino, maestro di campioni olimpici. All’inizio anche lui credeva in me, poi un giorno mi ha fatto sorridere dicendo: "Robbe’, mi sa che devi soltanto scrivere", come a dire che il ring lo avrei potuto frequentare esclusivamente per migliorare il fisico».
Roberto Saviano, 31 anni il 22 settembre, una vita da fantasma. È quello che continua a fare?
«Se non mi allenassi, sarei finito. La mia vita è declinata in due sole espressioni: o esisto in pubblico - su un giornale, in tv - o non esisto, perché sono rinchiuso, blindato. Fare sport è l’unico modo che ho per sentire di essere reale, non solo una foto o un video su YouTube. Faccio boxe da anni. Con difficoltà, vedo ogni tanto Brillantino; mi sono allenato per un po’ grazie alla polizia nella palestra degli atleti olimpici. Continuo a essere un pessimo boxeur, ma a volte penso che, se dovessi mai affrontare su un ring un collega scrittore o giornalista, beh avrei buone speranze di vincere».
Nello scudetto di Caserta c’è lo stesso spirito di Leo Messi: nulla è impossibile.
«Mi attirano le sfide impossibili. Non amo lo sportivo perfetto. Cristiano Ronaldo, per dire, non mi piace: carino, con il muscoletto e il tocco giusto. A me piacciono gli sghembi: Garrincha, Eusebio, Maradona. Uomini che hanno avuto difficoltà fisiche, sociali e lo sport ha salvato; persone che hanno dimostrato che ce la si può fare. Guardare a queste storie mi ha sempre dato coraggio: sono costellazioni che aiutano a navigare nel quotidiano».
Lo sport, dunque, può dare speranza?
«Può essere fondamentale per dare disciplina ai ragazzi: palestre, campetti e stadi dovrebbero riempire il Sud ed essere sottratti a una precarietà che li espone alle infiltrazioni negative. Dall’inchiesta sulla Parmalat è emerso che le tangenti ai Casalesi per assicurarsi il mercato venivano pagate spesso a società sportive di organizzazioni criminali. Così, la criminalità si sta mangiando settori della crescita sociale che invece dovrebbero costruire rispetto e lealtà. Il calcio è profondamente infiltrato, come ha detto tempo fa don Ciotti: molti personaggi che circolano in quel mondo sono interfaccia delle organizzazioni calabresi e campane. Questo, i magistrati lo sanno bene. E non va dimenticato che Calciopoli è partita da Napoli e da due magistrati, Beatrice e Narducci, che hanno una formazione anti-mafia. E perché Napoli è da sempre una centrale per le organizzazioni per accedere al calcio che conta. Con De Laurentiis le cose sembrano cambiate, speriamo».
Segue le partite, la domenica?
«Sì. Sono grande tifoso del Napoli e della Nazionale, specie quando giocano calciatori meridionali. La squadra di Mazzarri mi piace, sembra essere sulla strada giusta. Però mi manca il contatto con la folla, sono isolatissimo ». Come si fa a vivere così? «Me lo sto chiedendo. Sono schiacciato tra due gigantesche forze: da un lato la sensazione che gli addetti ai lavori non mi sopportino più e credano che la mia sia una messinscena; dall’altro, gli inquirenti che mi avvertono di rischi e minacce, per cui devono aumentare il livello di protezione: adesso ho spesso 7 uomini che mi seguono. Tutto questo mi lacera dentro, e ciò chemi ha dato un baricentro negli ultimi anni è stato allenarmi. Quando non posso farlo, devo ammettere, sono facile preda di sconforto e depressione».
Quante volte si allena?
«Nei momenti più duri, anche tutti i giorni: 2 ore di corsa, 2 di sacco e guanti. Quando vengo spostato, salto intere settimane. Se vado all’estero, chiedo se c’è una palestra vicina».
Uno dei suoi miti è Maradona. Ora vorrebbe tornare a Napoli per festeggiare i cinquant’anni: è giusto perdonargli i debiti col fisco?
«Diego deve pagare, ma potrebbe essere trattato come tanti imprenditori nei cui confronti non c’è stata troppa severità. Bisogna farlo tornare, trovando un compromesso. Circondato da personaggi inavvicinabili, Maradona è un uomo saccheggiato, con visioni politiche da sedicenne (come l’amore per Castro e Chavez). Ma è anche intelligente, un grande comunicatore che ha intuito quali poteri determinavano gli equilibri nel calcio. Come Bono Vox nella musica, è uno di quei grandi personaggi che non lasciano solo una traccia nella sua arte, ma attraverso la sua arte fa parlare anche di molto altro».
«Gomorra» ha fatto parlare di camorra nel mondo. Per questo lei è stato accusato, anche da calciatori come Cannavaro e Borriello, di aver evidenziato solo il peggio di Napoli.
«So che Cannavaro mi ha cercato per scusarsi e spiegarmi che non intendeva denigrare il mio lavoro. Piuttosto mi sembrano paradossali le parole di Borriello, per quanto abbia corretto il tiro ammettendo d’aver detto una cosa più grande di lui. Borriello è figlio di Vittorio, detto Biberon perché da ragazzino metteva la tettarella sulla bottiglia per bere la birra, ammazzato da Pasquale Centore, ex sindaco di San Nicola La Strada, narcotrafficante poi pentito. Centore disse di averlo fatto perché Biberon aveva chiesto interessi da usura del 300% sui prestiti. Le critiche di Borriello mi sembrano una contraddizione tutta italiana. Sono accusato di diffamare la città perché mostro cosa sta accadendo: per me, al contrario, diffama chi tace».
L’hanno definita, per questo, un eroe moderno, al pari di certi campioni. Si sente così?
«No, perché ho paura della parola eroe: si associa a un’idea di morte. Io sono vivo, voglio fare molti errori, scrivere ancora un sacco di fesserie, voglio divertirmi, riacquistare una vita normale. Tra pochi giorni compio 31 anni, a volte mi sembra di averne novecento».
Intanto ha lasciato Facebook per scrivere un libro.
«E questo ha scatenato la curiosità. Ho letto che mi occuperò di ’ndrangheta, P3, droga. Nulla di tutto questo e mi diverto a depistare: per scaramanzia, non lo dirò neanche a lei».
Pubblicherà ancora per Mondadori, malgrado le polemiche sul premier-editore?
«Mi sono trovato bene con la casa editrice e con chi ci lavora; il mio problema, oggi, è ovviamente con la proprietà. Vedremo ».
Che cosa farà il giorno in cui non sarà più blindato?
«Ci penso continuamente. Vorrei vedere una partita di calcio e giocarne una, anche se sono un mediocre libero. Poi farei una corsa sul lungomare, magari atteggiandomi un po’ con le mani fasciate, come fanno i pugili, per sentirmi più duro».
Carlo Annese
Una tosse cupa lo interrompe spesso mentre parla al telefono. Roberto Saviano è reduce da una polmonite («per i filtri marci dell’auto blindata», dice) che non gli consente di uscire dal rifugio segreto in cui vive, come se non bastasse la solitudine vigilata alla quale è obbligato da quando Gomorra è diventato un best seller planetario e lui il nemico numero uno della camorra. Non gli ha impedito, però, di partecipare a Sfide, in onda oggi su Rai 3 alle 23.10, per rievocare lo scudetto conquistato 19 anni fa nel basket da Caserta - la squadra di Gentile ed Esposito -, a riprova di una passione profonda per lo sport, testimoniata dai reportage sui ragazzi d’oro della boxe di Marcianise e sull’incontro con Leo Messi, che fa parte dell’ultimo libro La bellezza e l’inferno.
«Nel ’91 avevo 12 anni. Veder vincere quella squadra, composta da ragazzi del posto, cambiò la percezione del territorio. Fu una riscossa. Significò che qui il talento può avere uno sbocco; che esiste una realtà che non ha bisogno dell’aiuto di un politico, ma vince con le proprie forze; che non si è solo una provincia sconosciuta in mano alla malavita. Lo stesso vale per le medaglie olimpiche prodotte a Marcianise in palestre puzzolenti di scuole medie che nessuno crederebbe esistano ancora».
Lei le conosce bene avendole frequentate.
«Da ragazzo ho praticato basket, boxe e anche pallanuoto, ai tempi del Volturno, ma senza eccellere. Per il basket sono alto appena 1.70 e tiro male; a pallanuoto m’ispiravo a Manuel Estiarte, un genio: ero alto quanto lui e magro,maevidentemente non è bastato. Nel pugilato ho avuto uno dei migliori allenatori al mondo,Mimmo Brillantino, maestro di campioni olimpici. All’inizio anche lui credeva in me, poi un giorno mi ha fatto sorridere dicendo: "Robbe’, mi sa che devi soltanto scrivere", come a dire che il ring lo avrei potuto frequentare esclusivamente per migliorare il fisico».
Roberto Saviano, 31 anni il 22 settembre, una vita da fantasma. È quello che continua a fare?
«Se non mi allenassi, sarei finito. La mia vita è declinata in due sole espressioni: o esisto in pubblico - su un giornale, in tv - o non esisto, perché sono rinchiuso, blindato. Fare sport è l’unico modo che ho per sentire di essere reale, non solo una foto o un video su YouTube. Faccio boxe da anni. Con difficoltà, vedo ogni tanto Brillantino; mi sono allenato per un po’ grazie alla polizia nella palestra degli atleti olimpici. Continuo a essere un pessimo boxeur, ma a volte penso che, se dovessi mai affrontare su un ring un collega scrittore o giornalista, beh avrei buone speranze di vincere».
Nello scudetto di Caserta c’è lo stesso spirito di Leo Messi: nulla è impossibile.
«Mi attirano le sfide impossibili. Non amo lo sportivo perfetto. Cristiano Ronaldo, per dire, non mi piace: carino, con il muscoletto e il tocco giusto. A me piacciono gli sghembi: Garrincha, Eusebio, Maradona. Uomini che hanno avuto difficoltà fisiche, sociali e lo sport ha salvato; persone che hanno dimostrato che ce la si può fare. Guardare a queste storie mi ha sempre dato coraggio: sono costellazioni che aiutano a navigare nel quotidiano».
Lo sport, dunque, può dare speranza?
«Può essere fondamentale per dare disciplina ai ragazzi: palestre, campetti e stadi dovrebbero riempire il Sud ed essere sottratti a una precarietà che li espone alle infiltrazioni negative. Dall’inchiesta sulla Parmalat è emerso che le tangenti ai Casalesi per assicurarsi il mercato venivano pagate spesso a società sportive di organizzazioni criminali. Così, la criminalità si sta mangiando settori della crescita sociale che invece dovrebbero costruire rispetto e lealtà. Il calcio è profondamente infiltrato, come ha detto tempo fa don Ciotti: molti personaggi che circolano in quel mondo sono interfaccia delle organizzazioni calabresi e campane. Questo, i magistrati lo sanno bene. E non va dimenticato che Calciopoli è partita da Napoli e da due magistrati, Beatrice e Narducci, che hanno una formazione anti-mafia. E perché Napoli è da sempre una centrale per le organizzazioni per accedere al calcio che conta. Con De Laurentiis le cose sembrano cambiate, speriamo».
Segue le partite, la domenica?
«Sì. Sono grande tifoso del Napoli e della Nazionale, specie quando giocano calciatori meridionali. La squadra di Mazzarri mi piace, sembra essere sulla strada giusta. Però mi manca il contatto con la folla, sono isolatissimo ». Come si fa a vivere così? «Me lo sto chiedendo. Sono schiacciato tra due gigantesche forze: da un lato la sensazione che gli addetti ai lavori non mi sopportino più e credano che la mia sia una messinscena; dall’altro, gli inquirenti che mi avvertono di rischi e minacce, per cui devono aumentare il livello di protezione: adesso ho spesso 7 uomini che mi seguono. Tutto questo mi lacera dentro, e ciò chemi ha dato un baricentro negli ultimi anni è stato allenarmi. Quando non posso farlo, devo ammettere, sono facile preda di sconforto e depressione».
Quante volte si allena?
«Nei momenti più duri, anche tutti i giorni: 2 ore di corsa, 2 di sacco e guanti. Quando vengo spostato, salto intere settimane. Se vado all’estero, chiedo se c’è una palestra vicina».
Uno dei suoi miti è Maradona. Ora vorrebbe tornare a Napoli per festeggiare i cinquant’anni: è giusto perdonargli i debiti col fisco?
«Diego deve pagare, ma potrebbe essere trattato come tanti imprenditori nei cui confronti non c’è stata troppa severità. Bisogna farlo tornare, trovando un compromesso. Circondato da personaggi inavvicinabili, Maradona è un uomo saccheggiato, con visioni politiche da sedicenne (come l’amore per Castro e Chavez). Ma è anche intelligente, un grande comunicatore che ha intuito quali poteri determinavano gli equilibri nel calcio. Come Bono Vox nella musica, è uno di quei grandi personaggi che non lasciano solo una traccia nella sua arte, ma attraverso la sua arte fa parlare anche di molto altro».
«Gomorra» ha fatto parlare di camorra nel mondo. Per questo lei è stato accusato, anche da calciatori come Cannavaro e Borriello, di aver evidenziato solo il peggio di Napoli.
«So che Cannavaro mi ha cercato per scusarsi e spiegarmi che non intendeva denigrare il mio lavoro. Piuttosto mi sembrano paradossali le parole di Borriello, per quanto abbia corretto il tiro ammettendo d’aver detto una cosa più grande di lui. Borriello è figlio di Vittorio, detto Biberon perché da ragazzino metteva la tettarella sulla bottiglia per bere la birra, ammazzato da Pasquale Centore, ex sindaco di San Nicola La Strada, narcotrafficante poi pentito. Centore disse di averlo fatto perché Biberon aveva chiesto interessi da usura del 300% sui prestiti. Le critiche di Borriello mi sembrano una contraddizione tutta italiana. Sono accusato di diffamare la città perché mostro cosa sta accadendo: per me, al contrario, diffama chi tace».
L’hanno definita, per questo, un eroe moderno, al pari di certi campioni. Si sente così?
«No, perché ho paura della parola eroe: si associa a un’idea di morte. Io sono vivo, voglio fare molti errori, scrivere ancora un sacco di fesserie, voglio divertirmi, riacquistare una vita normale. Tra pochi giorni compio 31 anni, a volte mi sembra di averne novecento».
Intanto ha lasciato Facebook per scrivere un libro.
«E questo ha scatenato la curiosità. Ho letto che mi occuperò di ’ndrangheta, P3, droga. Nulla di tutto questo e mi diverto a depistare: per scaramanzia, non lo dirò neanche a lei».
Pubblicherà ancora per Mondadori, malgrado le polemiche sul premier-editore?
«Mi sono trovato bene con la casa editrice e con chi ci lavora; il mio problema, oggi, è ovviamente con la proprietà. Vedremo ».
Che cosa farà il giorno in cui non sarà più blindato?
«Ci penso continuamente. Vorrei vedere una partita di calcio e giocarne una, anche se sono un mediocre libero. Poi farei una corsa sul lungomare, magari atteggiandomi un po’ con le mani fasciate, come fanno i pugili, per sentirmi più duro».
Carlo Annese
17 settembre 2010
Ciao Monica, ho letto questo tuo articolo su UDB è veramente bello complimenti.
Ciao
"Sole sul tetto dei palazzi in costruzione,
sole che batte sul campo di pallone e terra
e polvere che tira vento e poi magari piove..."
(Francesco De Gregori)
A volte il calcio sa raccontare storie bellissime, distaccate da quello che appare ogni giorno sotto gli occhi di tutti. Un calcio lontano mille miglia da intercettazioni, scandali, società che non sanno perdere. Questa l'avevamo già raccontata, ma ritirata fuori oggi da un cassetto appare ancora di più con le pagine ingillite, non dalla mancanza di memoria, ma dalla polvere che continua a sfiorare Kabul
La bellezza del calcio a volte si trova nello sguardo di un vecchio che assiste da bordo campo a 22 ragazzi che corrono dietro a un pallone. La bellezza che sta nei campi di periferia, polverosi, come nella canzone di De Gregori, dove gli spogliatoi sono in una baracca ampia come uno sgabuzziono, e tutti insime dentro non ci si sta. La bellezza sta nel vedere questi giocatori, mavidi di sudore, cercare un gol da raccontare la sera agli amici al bar. Di posti così ce ne sono tanti, per fortuna in Italia, anche se qui non sono così martoriati da eventi venuti da lontanto. E quel pallone è ancora liberazione, un calcio alla vita. Quello che raccontiamo sta dall'altra parte del mondo, un mondo che il calcio non se lo può permettere di vedere nemmeno sui televisori.
Kabul, Afghanistan, ore 16.
Le squadre stanno entrando in campo. La tensione è alta. Qualche militare armato appare sugli spalti, dove a guardare la partita ci sono si e no una cinquantina di persone. Per lo più vecchi. Qualcuno fuma sigarette pestifere, altri masticano delle foglie che dicono dargli forza, altri sorseggiano del tè alla menta. Fa caldo. La polvere che si alza dal campo crea piccoli vortici che salgono verso il cielo. La partita che si andrà a giocare non vale per qualche campionato. A dire il vero non vale nulla, se non per chi la gioca. A scendere in campo due squadre con nomi impronunciabili. Una veste maglie blu, ma ogni giocatore ha una gradazione diversa. Qualcuno poi esibisce la maglia della Francia campione del mondo nel 98, altri quella del Chelsea. L'altra invece appare molto più elegante. Veste di bianco e nero. Veste le maglie di una misconosciuta squadra, lontana, che gioca in serie A, in Italia. Già, l'Italia, miraggio distante anni luce da qui. Sogno di ricchezza, calciatori famosi, idoli lontani. Questa squadra veste con le maglie dell'Udinese, donate, da quanto abbiamo capito, da un militare della missione di pace presente. E di queste maglie ne vanno orgogliosi questi ragazzi. Le esibiscono come un simbolo, o forse solo un sogno di immedesimazione, in qualcuno che è sicuramente più felice. A Kabul, intanto in lontananza si sentono colpi di kalashnikov e mortai, che squassano la lentezza di un pomeriggio qualunque. Ma le squadre non sembrano nemmeno accorgersene. Qui nessuno ci fa più caso agli spari. E' l'ordinaria apatia della guerra. Non fai più caso a nulla. Cerchi la bellezza altrove, perchè se stai a sentire tutti i morti, allora ne esci pazzo. E poi la partita sta per cominciare. Ma subito salta all'occhio che non è una partita normale. A qualcuno manca una gamba, altri sono senza braccia. Sono tutte vittime delle mine anti uomo. Ragazzini che non sai se hanno 14 anni o 50. L'età qui non conta più. Ma negli occhi hanno tanta voglia di normalità. Anche se questa durerà solo 90 miserabili minuti.
La partita ha inizio. La squadra con indosso la casacca dell'Udinese sembra volersi subito affermare. Affamati di una vittoria cercano di assaltare la difesa avversaria. Qualcuno cade: non sta in piedi, sulle gambe. Ma si rialza. Vuole dimostrare che infondo si può raggiungere un goal, un traguardo anche menomati. Avanti allora. Ma nonostante le energie profuse, la tanto agognata rete non arriva. Bisogna aspettare. Far uscire l'avversario. Ma non succede nulla. Qualche vecchio in tribuna abbandona il posto. A una certa ora a Kabul è meglio rientrare a casa. Tutto sembra anonimo, anche il risultato. Ma a volte cercare qualcosa, con volontà ferrea, porta a qualche risultato. Alla fine, il gol arriva. L'Udinese afghana segna il goal della vittoria. Chi ha segnato, è senza un braccio: ma si alza la maglietta per esultare proprio come fanno i giocatori qui. Forse l'unica cosa che li accomuna. Poi la partita finisce. Su Kabul cala un tramonto rosso acceso. E' molto bello. Un altro giorno finisce. Ancora spari in lontananza. Ma presto sarà notte, e forse si potrà sognare ancora...
Quando il cuore senza un pezzo il suo ritmo prenderà
quando l'aria che fa il giro i tuoi polmoni beccherà
quando questa merda intorno sempre merda resterà
riconoscerai l'odore perché questa è la realtà
quando la tua sveglia suona e tu ti chiederai che or'è
che la vita è sempre forte molto più che facile
quando sposti appena il piede lì il tuo tempo crescerà
Sopra il giorno di dolore che uno ha
(Luciano Ligabue)
Ecco, domenica si gioca Udinese-Juve: qualcuno che non ha mai respirato il profumo dei campi di periferia, ha deciso che per limitare la violenza (chiassà se lo proporrà anche in Afghanistan),ha introdotto una tessera del tifoso: che non serve ad altro che a mischiare i tifosi che, sprovvisti di questpo strumento, vogliono comprarsi un biglietto dove meglio gli garba.
Così juventini e udinesi saranno assieme.
Tutti conosciamo che questi colori, seppur identici, portano con sé valori diversi. Quelli torinesi da sempre sono stati simbolizzati col potere economico e politico, quelli friulani col potere dei poveri, di chi vuole dire no e per farlo deve urlare, urlare urlare verso il cielo, sperando che qualcuno esista davvero lassù per riordinare il sistema delle cose.
Non crediamo, che seppur esista, abbia questi problemi: questi ce li possiamo tranquillamente superare da soli. Per prima cosa amando la propria squadra e non odiando l'avversario, chiunque esso sia. Non esiste un eaversario. Gli avversari siamo noi tsessi, i nostri limiti e i nostri difetti, che molte volte non vogliamo vedere e facciamo ricadere sugli altri.
Il secondo punto è onorare quella maglia lontana indossata con tanto amore da gente per i quali i miliardi di Ibrha sarebbero un lusso per intere generazioni. Che se gli pargli di sciopero non capiscono nemmeno cosa significhi. Ma amano quel che indossano, perché è qualcosa che li unisce.
Infondo il calcio non è tutto qui?
Ciao
"Sole sul tetto dei palazzi in costruzione,
sole che batte sul campo di pallone e terra
e polvere che tira vento e poi magari piove..."
(Francesco De Gregori)
A volte il calcio sa raccontare storie bellissime, distaccate da quello che appare ogni giorno sotto gli occhi di tutti. Un calcio lontano mille miglia da intercettazioni, scandali, società che non sanno perdere. Questa l'avevamo già raccontata, ma ritirata fuori oggi da un cassetto appare ancora di più con le pagine ingillite, non dalla mancanza di memoria, ma dalla polvere che continua a sfiorare Kabul
La bellezza del calcio a volte si trova nello sguardo di un vecchio che assiste da bordo campo a 22 ragazzi che corrono dietro a un pallone. La bellezza che sta nei campi di periferia, polverosi, come nella canzone di De Gregori, dove gli spogliatoi sono in una baracca ampia come uno sgabuzziono, e tutti insime dentro non ci si sta. La bellezza sta nel vedere questi giocatori, mavidi di sudore, cercare un gol da raccontare la sera agli amici al bar. Di posti così ce ne sono tanti, per fortuna in Italia, anche se qui non sono così martoriati da eventi venuti da lontanto. E quel pallone è ancora liberazione, un calcio alla vita. Quello che raccontiamo sta dall'altra parte del mondo, un mondo che il calcio non se lo può permettere di vedere nemmeno sui televisori.
Kabul, Afghanistan, ore 16.
Le squadre stanno entrando in campo. La tensione è alta. Qualche militare armato appare sugli spalti, dove a guardare la partita ci sono si e no una cinquantina di persone. Per lo più vecchi. Qualcuno fuma sigarette pestifere, altri masticano delle foglie che dicono dargli forza, altri sorseggiano del tè alla menta. Fa caldo. La polvere che si alza dal campo crea piccoli vortici che salgono verso il cielo. La partita che si andrà a giocare non vale per qualche campionato. A dire il vero non vale nulla, se non per chi la gioca. A scendere in campo due squadre con nomi impronunciabili. Una veste maglie blu, ma ogni giocatore ha una gradazione diversa. Qualcuno poi esibisce la maglia della Francia campione del mondo nel 98, altri quella del Chelsea. L'altra invece appare molto più elegante. Veste di bianco e nero. Veste le maglie di una misconosciuta squadra, lontana, che gioca in serie A, in Italia. Già, l'Italia, miraggio distante anni luce da qui. Sogno di ricchezza, calciatori famosi, idoli lontani. Questa squadra veste con le maglie dell'Udinese, donate, da quanto abbiamo capito, da un militare della missione di pace presente. E di queste maglie ne vanno orgogliosi questi ragazzi. Le esibiscono come un simbolo, o forse solo un sogno di immedesimazione, in qualcuno che è sicuramente più felice. A Kabul, intanto in lontananza si sentono colpi di kalashnikov e mortai, che squassano la lentezza di un pomeriggio qualunque. Ma le squadre non sembrano nemmeno accorgersene. Qui nessuno ci fa più caso agli spari. E' l'ordinaria apatia della guerra. Non fai più caso a nulla. Cerchi la bellezza altrove, perchè se stai a sentire tutti i morti, allora ne esci pazzo. E poi la partita sta per cominciare. Ma subito salta all'occhio che non è una partita normale. A qualcuno manca una gamba, altri sono senza braccia. Sono tutte vittime delle mine anti uomo. Ragazzini che non sai se hanno 14 anni o 50. L'età qui non conta più. Ma negli occhi hanno tanta voglia di normalità. Anche se questa durerà solo 90 miserabili minuti.
La partita ha inizio. La squadra con indosso la casacca dell'Udinese sembra volersi subito affermare. Affamati di una vittoria cercano di assaltare la difesa avversaria. Qualcuno cade: non sta in piedi, sulle gambe. Ma si rialza. Vuole dimostrare che infondo si può raggiungere un goal, un traguardo anche menomati. Avanti allora. Ma nonostante le energie profuse, la tanto agognata rete non arriva. Bisogna aspettare. Far uscire l'avversario. Ma non succede nulla. Qualche vecchio in tribuna abbandona il posto. A una certa ora a Kabul è meglio rientrare a casa. Tutto sembra anonimo, anche il risultato. Ma a volte cercare qualcosa, con volontà ferrea, porta a qualche risultato. Alla fine, il gol arriva. L'Udinese afghana segna il goal della vittoria. Chi ha segnato, è senza un braccio: ma si alza la maglietta per esultare proprio come fanno i giocatori qui. Forse l'unica cosa che li accomuna. Poi la partita finisce. Su Kabul cala un tramonto rosso acceso. E' molto bello. Un altro giorno finisce. Ancora spari in lontananza. Ma presto sarà notte, e forse si potrà sognare ancora...
Quando il cuore senza un pezzo il suo ritmo prenderà
quando l'aria che fa il giro i tuoi polmoni beccherà
quando questa merda intorno sempre merda resterà
riconoscerai l'odore perché questa è la realtà
quando la tua sveglia suona e tu ti chiederai che or'è
che la vita è sempre forte molto più che facile
quando sposti appena il piede lì il tuo tempo crescerà
Sopra il giorno di dolore che uno ha
(Luciano Ligabue)
Ecco, domenica si gioca Udinese-Juve: qualcuno che non ha mai respirato il profumo dei campi di periferia, ha deciso che per limitare la violenza (chiassà se lo proporrà anche in Afghanistan),ha introdotto una tessera del tifoso: che non serve ad altro che a mischiare i tifosi che, sprovvisti di questpo strumento, vogliono comprarsi un biglietto dove meglio gli garba.
Così juventini e udinesi saranno assieme.
Tutti conosciamo che questi colori, seppur identici, portano con sé valori diversi. Quelli torinesi da sempre sono stati simbolizzati col potere economico e politico, quelli friulani col potere dei poveri, di chi vuole dire no e per farlo deve urlare, urlare urlare verso il cielo, sperando che qualcuno esista davvero lassù per riordinare il sistema delle cose.
Non crediamo, che seppur esista, abbia questi problemi: questi ce li possiamo tranquillamente superare da soli. Per prima cosa amando la propria squadra e non odiando l'avversario, chiunque esso sia. Non esiste un eaversario. Gli avversari siamo noi tsessi, i nostri limiti e i nostri difetti, che molte volte non vogliamo vedere e facciamo ricadere sugli altri.
Il secondo punto è onorare quella maglia lontana indossata con tanto amore da gente per i quali i miliardi di Ibrha sarebbero un lusso per intere generazioni. Che se gli pargli di sciopero non capiscono nemmeno cosa significhi. Ma amano quel che indossano, perché è qualcosa che li unisce.
Infondo il calcio non è tutto qui?
17 settembre 2010
Cronaca | di Gaetano Pecoraro
17 settembre 2010
Storia di Ngom: la rivincità dello “sporco negro”
Il 2 settembre del 2008 Ngom Ravane, clandestino del Senegal, viene picchiato con una mazza da baseball nel centro di Milano. A compiere la violenza è un italiano. Anziché tacere, Ngom decide di collaborare con la giustizia. Un caso delicato, quello di Ngom, che porta il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a interessarsi della vicenda. E il Questore di Milano a rilasciare un permesso di soggiorno il 15 settembre scorso.
“Via sporco negro, vaffanculo sei venuto a rompere i coglioni alla gente”, gli urla un commerciante italiano del mercato rionale di Porta Vittoria. Lo offende. Ngom non risponde. Il fruttivendolo prende una mazza da baseball dal furgone e in pieno giorno comincia a picchiarlo. Alfredo Zampogna, avvocato, quella mattina vede con i suoi occhi l’inaudita violenza. Il 7 settembre del 2008, cinque giorni dopo l’aggressione, Zampogna comunica all’ufficio d’immigrazione l’assunzione della difesa per il caso del senegalese. Così la motiva: “Occorre reagire a questo clima d’odio e violenza spesso scatenato da irresponsabili atteggiamenti di certa classe politica che determina nelle frange più povere della popolazione reazioni violente di stampo chiaramente razzista”.
Quel clima d’odio di cui parla l’avvocato attraversa Milano nel 2008, con l’autunno oramai alle porte. Il 14 settembre, 12 giorni dopo l’aggressione di Ngom, Abdul William Guibre, 19 anni, italiano, originario del Burkina, viene ucciso a sprangate. Anche in questo caso sono un padre e un figlio, entrambi italiani, proprietari di un bar, a compiere la violenza. Abba aveva rubato dei biscotti. Le comunità straniere scendono in piazza a protestare. In quei giorni di tensione il clandestino decide di denunciare. Si costituisce parte civile al processo. Due anni durante i quali, per non essere espulso, dovrà richiedere un permesso di soggiorno temporaneo (di tre mesi in tre mesi) per “gravi motivi di giustizia”.
Il processo, affidato al sostituto procurato Ilda Boccassini, si conclude il 7 giugno scorso. Il colpevole viene condannato a due anni di carcere, e a risarcire la vittima con 13.000 euro. Viene riconosciuta anche l’aggravante per aver commesso il fatto con “finalità di discriminazione razziale”. Un caso di giustizia, concluso grazie alla collaborazione del senegalese. Ma per la legge Bossi–Fini, Ngome, terminato il processo, dovrà essere espulso. Così l’avvocato Zampogna decide di scrivere al Capo dello Stato.
Una lettera in cui lo stesso Ngom spiega i paradossi della legge sull’immigrazione: “Durante i due anni del processo mi è permesso di restare in Italia, ma con l’espresso divieto di lavorare. Perché la legislazione vigente non contempla la possibilità per me, cittadino extracomunitario, rimasto vittima di molteplici reati, anche di stampo razzista, commessi da un italiano, di ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari”. L’avvocato Zampogna spiega il perché: “Secondo il testo attuale sull’immigrazione, il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene concesso solo in alcuni casi. Il più comune è quello del rifugiato politico. Vale a dire di chi dimostra di essere stato perseguitato, per motivi politici, nel paese di provenienza. Altro caso comune è quello di una prostituta, ridotta in stato di schiavitù da organizzazioni criminali internazionali, che collabori con l’autorità giudiziaria italiana. Ma non nel caso di Ngom”.
Alla fine però Giorgio Napolitano, vista la gravità dei reati subiti da Ngom, decide di premiare il coraggio dell’ormai ex straniero. Segnala il caso al ministero degli Interni. Infine, il 15 settembre scorso, la consegna del permesso di soggiorno definitivo da parte del Questore di Milano
17 settembre 2010
Storia di Ngom: la rivincità dello “sporco negro”
Il 2 settembre del 2008 Ngom Ravane, clandestino del Senegal, viene picchiato con una mazza da baseball nel centro di Milano. A compiere la violenza è un italiano. Anziché tacere, Ngom decide di collaborare con la giustizia. Un caso delicato, quello di Ngom, che porta il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a interessarsi della vicenda. E il Questore di Milano a rilasciare un permesso di soggiorno il 15 settembre scorso.
“Via sporco negro, vaffanculo sei venuto a rompere i coglioni alla gente”, gli urla un commerciante italiano del mercato rionale di Porta Vittoria. Lo offende. Ngom non risponde. Il fruttivendolo prende una mazza da baseball dal furgone e in pieno giorno comincia a picchiarlo. Alfredo Zampogna, avvocato, quella mattina vede con i suoi occhi l’inaudita violenza. Il 7 settembre del 2008, cinque giorni dopo l’aggressione, Zampogna comunica all’ufficio d’immigrazione l’assunzione della difesa per il caso del senegalese. Così la motiva: “Occorre reagire a questo clima d’odio e violenza spesso scatenato da irresponsabili atteggiamenti di certa classe politica che determina nelle frange più povere della popolazione reazioni violente di stampo chiaramente razzista”.
Quel clima d’odio di cui parla l’avvocato attraversa Milano nel 2008, con l’autunno oramai alle porte. Il 14 settembre, 12 giorni dopo l’aggressione di Ngom, Abdul William Guibre, 19 anni, italiano, originario del Burkina, viene ucciso a sprangate. Anche in questo caso sono un padre e un figlio, entrambi italiani, proprietari di un bar, a compiere la violenza. Abba aveva rubato dei biscotti. Le comunità straniere scendono in piazza a protestare. In quei giorni di tensione il clandestino decide di denunciare. Si costituisce parte civile al processo. Due anni durante i quali, per non essere espulso, dovrà richiedere un permesso di soggiorno temporaneo (di tre mesi in tre mesi) per “gravi motivi di giustizia”.
Il processo, affidato al sostituto procurato Ilda Boccassini, si conclude il 7 giugno scorso. Il colpevole viene condannato a due anni di carcere, e a risarcire la vittima con 13.000 euro. Viene riconosciuta anche l’aggravante per aver commesso il fatto con “finalità di discriminazione razziale”. Un caso di giustizia, concluso grazie alla collaborazione del senegalese. Ma per la legge Bossi–Fini, Ngome, terminato il processo, dovrà essere espulso. Così l’avvocato Zampogna decide di scrivere al Capo dello Stato.
Una lettera in cui lo stesso Ngom spiega i paradossi della legge sull’immigrazione: “Durante i due anni del processo mi è permesso di restare in Italia, ma con l’espresso divieto di lavorare. Perché la legislazione vigente non contempla la possibilità per me, cittadino extracomunitario, rimasto vittima di molteplici reati, anche di stampo razzista, commessi da un italiano, di ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari”. L’avvocato Zampogna spiega il perché: “Secondo il testo attuale sull’immigrazione, il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene concesso solo in alcuni casi. Il più comune è quello del rifugiato politico. Vale a dire di chi dimostra di essere stato perseguitato, per motivi politici, nel paese di provenienza. Altro caso comune è quello di una prostituta, ridotta in stato di schiavitù da organizzazioni criminali internazionali, che collabori con l’autorità giudiziaria italiana. Ma non nel caso di Ngom”.
Alla fine però Giorgio Napolitano, vista la gravità dei reati subiti da Ngom, decide di premiare il coraggio dell’ormai ex straniero. Segnala il caso al ministero degli Interni. Infine, il 15 settembre scorso, la consegna del permesso di soggiorno definitivo da parte del Questore di Milano
17 settembre 2010
Aiuto! L’appello di Michele Santoro per Annozero
Cari amici, sono di nuovo costretto a chiedere il vostro aiuto. Giovedì 23 settembre alle ore 21.00 è prevista la partenza di Annozero ma la redazione è tornata al lavoro da poche ore e con grande ritardo, i contratti di Travaglio e Vauro non sono ancora stati firmati e lo spot che abbiamo preparato è fermo sul tavolo del Direttore Generale .
Tuttavia, se non ci sarà impedito di farlo, noi saremo comunque in onda giovedì prossimo e con me ci saranno come sempre Marco e Vauro.
Vi prego, come avete fatto con Rai per una Notte, di far circolare tra i vostri amici e tra le persone con cui siete in contatto questo mio messaggio avvertendoli della data d’inizio del programma.
Nelle prossime ore vi terrò puntualmente informati di quanto avviene.
Un abbraccio
Michele Santoro
Cari amici, sono di nuovo costretto a chiedere il vostro aiuto. Giovedì 23 settembre alle ore 21.00 è prevista la partenza di Annozero ma la redazione è tornata al lavoro da poche ore e con grande ritardo, i contratti di Travaglio e Vauro non sono ancora stati firmati e lo spot che abbiamo preparato è fermo sul tavolo del Direttore Generale .
Tuttavia, se non ci sarà impedito di farlo, noi saremo comunque in onda giovedì prossimo e con me ci saranno come sempre Marco e Vauro.
Vi prego, come avete fatto con Rai per una Notte, di far circolare tra i vostri amici e tra le persone con cui siete in contatto questo mio messaggio avvertendoli della data d’inizio del programma.
Nelle prossime ore vi terrò puntualmente informati di quanto avviene.
Un abbraccio
Michele Santoro
17 settembre 2010
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Dante rimproverava così gli italiani,sette secoli fa...non è servito!!!!
nave sanza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Dante rimproverava così gli italiani,sette secoli fa...non è servito!!!!
giovedì 16 settembre 2010
16 settembre 2010
Ciao amici,l'allenamento a Budapest procede bene , senza intoppi.Lunedi, martedi e mercoledì due sedute al giorno, solo assalti un otimo mix di qualità, quantità e possibilità, per le ragazze giapponesi, di accumulare esperienza e di "sentire" cosa accade in pedana.In questi tre ogni le ragazze hanno viaggiato alla media di 10 assalti a seduta quindi un totale di quasi 60 assalti, che per noi sono un ottimo lavoro, perchè fatto con atlete straniere che interpretano scuole schermistiche diverse e quindi, come dicevo prima, un ottimo lavoro per accumulare esperienza; anche perchè ogni singolo assalto è stato interpretato con la massima "intelligenza", cioè impegnandosi sempre al massimo, senza sciupare un occasione così importante. Questa mattina abbiamo fatto solo lezione;dopo un bel riposo pomeridiano andremo a fare una passeggiata in centro e cena ad un ristorante giapponese per la gioia delle ragazze. Domani giornata completamente libera che sfrutteremo per ammirare la bellezza della capitale ungherese .Sabato e domenica ci attendono i due tornei, individuale e a squadre, che concluderanno questo bellissimo allenamento internazionale.
Ciao
Ciao
martedì 14 settembre 2010
14 settembre 2010
FORZA RAGAZZI, mi viene spontaneo chiamarvi così, siete dei professionisti, ma molti di voi sono ancora dei ragazzi!!!!Forza Ragazzi, avete la fortuna di avere un grande allenatore, un grande staff ...seguitelo con abnegazione, con coraggio, con professionalità.Avete la fortuna di essere guidati da dei grandi professionisti, ma sopratutto da persone serie con grandi doti umane, fatevi condurre da loro, che conoscono la strada!!!Sapete benissimo, voi giocatori, che deve essere il singolo individuo a porsi a disposizione della squadra, solo così la grande individualità potrà emergere, solo così il talento potrà fare la differenza...solo così si diventa squadra!!!Solo le squadre vere sanno superare i momenti di difficoltà, solo le squadre vere possono perdere due partite di seguito ed essere pronte a scendere in campo per la rivincita, perchè il cuore pulsante della squadra ruggisce in spogliatoio ed attende voglioso il prossimo appuntamento!!!Perchè la grande squadra, e voi questo lo sapete molto bene, sa che durante la settimana si decide il destino della partita....e li che voi sarete feroci nell'applicazione, nell'attenzione nella professionalità nel seguire il condottiero che vi indica la strada!!!E' li che capirete, quanto sia importante incoraggiare un compagno che sbaglia un passaggio, gli darete grande forza, grande fiducia, gli toglierete l'ansia e la paura!!!Forza ragazzi siate una squadra, se potete sentite solo un pò dell'immenso amore che questo popolo ha per i colori della maglia che portate!!!FORZA RAGAZZI FUARCE UDIN!!!!!!!!
lunedì 13 settembre 2010
13 settembre 2010
Ciao amici, un saluto da Budapest, l'allenamento prosegue in maniera molto positiva ed intensa.Sono assolutamente soddisfatto di come le creature nipponiche lo stanno interpretando.Avevo chiesto loro, durante gli assalti, di provare le cose, di "sentire" ciò che sta succedendo in pedana; di capire gli errori e di cercare di correggerli.C'è molto impegno e buone sensazioni.Sono contento quando le vedo perdere gli assalti con le forti fiorettiste ungheresi e dialogare tra di loro e con me per trovare le soluzioni, per poi ritornare in pedana e riprovarci.Oggi doppia seduta di assalti con ungheresi, ukraine,rumene, austriche,belghe ,moldave, slovacche e le ragazze di singapore.Un ottimo misto di qualità e quantità, che ci sta dando una grande opportunità per migliorare.
Ciao
Ciao
13 settembre 2010
Continuazione della seconda lettera a Totò....ho letto questo articolo che mi ha fatto fare ulteriori riflessioni....!!!
Notizie varie
“Carissimo Massimo sono Aurora, educatrice asilo nido trentaduenne campana emigrata in Toscana da otto anni in cerca di un lavoro stabile, portavoce dei Movimenti Disoccupati e Precari di Firenze e d’Italia, volevo rispondere a questo tuo pensiero che mi ha tanto colpito perché noi purtroppo non ci sentiamo nemmeno persone, ma solo schiavi, che pur di arrivare a fine mese, anzi a fine giornata, siamo costretti ad accettare di lavorare in qualsiasi condizione.
Oltre a curare i tuoi interessi e leggere i giornali sportivi, ti è giunto all’orecchio delle gravi problematiche sul mondo del lavoro? Volgi lo sguardo oltre il tuo mondo fiabesco? Negli stadi si osserva, giustamente, un minuto di silenzio, si indossa la fascia nera, si indossano magliette per tanti buoni scopi, si organizzano partite di beneficenza , ma mai e dico mai, un pensiero, una parola, uno striscione, sulle morti bianche, sul lavoro nero, su persone che ogni giorno perdono posti di lavoro. Da oltre due settimane in Italia ci sono precari in sciopero della fame per un lavoro a tempo determinato, retribuito con poco più di 1000 euro al mese per i pochi mesi che forse riusciranno, se fortunati a lavorare durante un solo anno, persone che purtroppo si tolgono la vita perché gli è stata tolta la DIGNITA’, madre che gli viene tolta la figlia neonata solo perché guadagna appena 500 euro al mese. Noi disoccupati, precari, poveri dobbiamo anzi ci costringono a farlo, arrovellarci su come arrivare a fine mese, combattiamo perché vorremmo una svolta nella nostra Italia e Voi avete deciso di scioperare per motivi a me futili , visto i vostri lauti guadagni che offendono tutti, lavoratori e non. Come faccio a spiegare ad un bambino tifoso, anzi amante del calcio del vostro sciopero, bambino a cui spesso si deve dire NO anche per una semplice bustina di figurine? Che modello educativo, umano e civico può dare ai tanti giovani questa vostra presa di posizione, visto che siete il loro modello da seguire? Forse potrebbe avere un senso se vi trovaste in prima persona a sostenere fattivamente e personalmente il mondo dei cittadini espulsi dal lavoro che sta’ urlando in varie piazze la loro disperazione, mettendo a disposizione la vostra istanza per ricostruire una società che rimetta al centro dei propri obbiettivi la DIGNITA’ e i DIRITTI di ogni individuo. E’ giusto che tuteliate i vostri diritti da lavoratore e sicuramente non è colpa vostra se questa società ha generato mostruose diseguaglianze, così mostruose da far indignare le tante migliaia di persone che ogni giorno lottano per sopravvivere qui in Italia e non nel Terzo Mondo. Spero di avere una risposta a questo mio scritto che dia un senso alla vostra iniziativa e al mio sentirmi “ NULLA” per poter ritornar ad essere una fiera tifosa delle squadre di calcio italiane”.
Matteo Fantozzi
Notizie varie
“Carissimo Massimo sono Aurora, educatrice asilo nido trentaduenne campana emigrata in Toscana da otto anni in cerca di un lavoro stabile, portavoce dei Movimenti Disoccupati e Precari di Firenze e d’Italia, volevo rispondere a questo tuo pensiero che mi ha tanto colpito perché noi purtroppo non ci sentiamo nemmeno persone, ma solo schiavi, che pur di arrivare a fine mese, anzi a fine giornata, siamo costretti ad accettare di lavorare in qualsiasi condizione.
Oltre a curare i tuoi interessi e leggere i giornali sportivi, ti è giunto all’orecchio delle gravi problematiche sul mondo del lavoro? Volgi lo sguardo oltre il tuo mondo fiabesco? Negli stadi si osserva, giustamente, un minuto di silenzio, si indossa la fascia nera, si indossano magliette per tanti buoni scopi, si organizzano partite di beneficenza , ma mai e dico mai, un pensiero, una parola, uno striscione, sulle morti bianche, sul lavoro nero, su persone che ogni giorno perdono posti di lavoro. Da oltre due settimane in Italia ci sono precari in sciopero della fame per un lavoro a tempo determinato, retribuito con poco più di 1000 euro al mese per i pochi mesi che forse riusciranno, se fortunati a lavorare durante un solo anno, persone che purtroppo si tolgono la vita perché gli è stata tolta la DIGNITA’, madre che gli viene tolta la figlia neonata solo perché guadagna appena 500 euro al mese. Noi disoccupati, precari, poveri dobbiamo anzi ci costringono a farlo, arrovellarci su come arrivare a fine mese, combattiamo perché vorremmo una svolta nella nostra Italia e Voi avete deciso di scioperare per motivi a me futili , visto i vostri lauti guadagni che offendono tutti, lavoratori e non. Come faccio a spiegare ad un bambino tifoso, anzi amante del calcio del vostro sciopero, bambino a cui spesso si deve dire NO anche per una semplice bustina di figurine? Che modello educativo, umano e civico può dare ai tanti giovani questa vostra presa di posizione, visto che siete il loro modello da seguire? Forse potrebbe avere un senso se vi trovaste in prima persona a sostenere fattivamente e personalmente il mondo dei cittadini espulsi dal lavoro che sta’ urlando in varie piazze la loro disperazione, mettendo a disposizione la vostra istanza per ricostruire una società che rimetta al centro dei propri obbiettivi la DIGNITA’ e i DIRITTI di ogni individuo. E’ giusto che tuteliate i vostri diritti da lavoratore e sicuramente non è colpa vostra se questa società ha generato mostruose diseguaglianze, così mostruose da far indignare le tante migliaia di persone che ogni giorno lottano per sopravvivere qui in Italia e non nel Terzo Mondo. Spero di avere una risposta a questo mio scritto che dia un senso alla vostra iniziativa e al mio sentirmi “ NULLA” per poter ritornar ad essere una fiera tifosa delle squadre di calcio italiane”.
Matteo Fantozzi
domenica 12 settembre 2010
12 settembre 2010
"A mio parere, la grande popolarità che ha il calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza in ogni angolo del mondo c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi. Ma il calcio, oggi, è sempre più un'industria e sempre meno un gioco"
Zdenek Zeman
Zdenek Zeman
12 settembre 2010
Onore a Boscia Tanjevic, grandissimo allenatore e grande uomo di sport!!!!!
"Voglio arrivare all'Europeo 2011"
ISTANBUL, 12 settembre 2010 - "Allora Boscia, la finale con gli Stati Uniti sarà la tua ultima partita da allenatore...". "Col cavolo!". Boscia Tanjevic non molla: un anno fa aveva annunciato il ritiro dopo il Mondiale in casa con la sua Turchia, a marzo gli è stato diagnosticato un tumore ed è stato operato, in giugno ha accettato il ruolo di nuovo direttore tecnico della Lottomatica Roma. Tutto quadra meno la sua voglia di allenare ancora: "Se la salute regge - dice - vorrei disputare l'Europeo del 2011 e qualificare la Turchia all'Olimpiade. Ho allenato 39 anni, voglio arrivare a 40. Certo, se batto gli Stati Uniti, a Londra ci andiamo subito. Ma è molto difficile...". Dopo aver conquistato la finale e vinto una medaglia con la terza nazionale differente, Boscia è sempre Boscia e dà una lezione di stile a tanti colleghi: "Contro la Serbia in semifinale siamo stati fortunati. Hanno giocato meglio di noi, se Turkoglu non avesse perso la palla, l'ultima azione non sarebbe finita in mano a Tunceri smarcato... Cosa ho tentato di fare nell'ultimo mezzo secondo sull'ultima rimessa serba? Mettere in campo un quintetto dove tutti potessero cambiare marcatura per non prendere un canestro da tre e sperare di salvare il culo...".
"Voglio arrivare all'Europeo 2011"
ISTANBUL, 12 settembre 2010 - "Allora Boscia, la finale con gli Stati Uniti sarà la tua ultima partita da allenatore...". "Col cavolo!". Boscia Tanjevic non molla: un anno fa aveva annunciato il ritiro dopo il Mondiale in casa con la sua Turchia, a marzo gli è stato diagnosticato un tumore ed è stato operato, in giugno ha accettato il ruolo di nuovo direttore tecnico della Lottomatica Roma. Tutto quadra meno la sua voglia di allenare ancora: "Se la salute regge - dice - vorrei disputare l'Europeo del 2011 e qualificare la Turchia all'Olimpiade. Ho allenato 39 anni, voglio arrivare a 40. Certo, se batto gli Stati Uniti, a Londra ci andiamo subito. Ma è molto difficile...". Dopo aver conquistato la finale e vinto una medaglia con la terza nazionale differente, Boscia è sempre Boscia e dà una lezione di stile a tanti colleghi: "Contro la Serbia in semifinale siamo stati fortunati. Hanno giocato meglio di noi, se Turkoglu non avesse perso la palla, l'ultima azione non sarebbe finita in mano a Tunceri smarcato... Cosa ho tentato di fare nell'ultimo mezzo secondo sull'ultima rimessa serba? Mettere in campo un quintetto dove tutti potessero cambiare marcatura per non prendere un canestro da tre e sperare di salvare il culo...".
sabato 11 settembre 2010
12 settembre 2010
Ciao caro Totò, poco tempo fa ti ho scritto per chiederti di restare, pensando di interpretare il pensiero di molti tifosi udinesi, non so se l'hai letta......ma so che sei rimasto; e di tutto quello che c'è stato e della gestione della situazione poco mi importa ora ti scrivo con la stessa sincerità.....tu sei il capitano della Nostra squadra, sei proprio sicuro che lo sciopero che i calciatori vorrebbero fare sia una cosa giusta, sia una cosa fattibile di questi tempi...????Non credi che aumenterebbe il grande distacco che si sta creando tra la gente e il calcio.Sicuramente avrete riflettuto a fondo e forse le considerazioni che fate sono anche condivisibili, ma definirvi lavoratori normali, mi sa tanto di grande forzatura!!!Mi sbaglierò ma i lavoratori normali hanno ben altri problemi!!!!Continuo ad illudermi che gli uomini pensanti possano fare la differenza, continuo a credere che i valori non si comprano al supermercato, sono certo che tu sia un uomo vero....se puoi fai in modo che la categoria dei calciatori capisca....!!!Mandi Totò.....e gonfia la rete!!!!!!!
Andrea Magro
Andrea Magro
11 settembre 2010
Da: "Il Libraio di Selinunte" (R.Vecchioni)
......Perchè " tutte le parole scritte dagli uomini sono forsennato amore non corrisposto;sono un diario frettoloso e incerto che dobbiamo riempire di corsa, perchè tempo ce n'è poco.Un immenso diario che teniamo per Dio, per non recarsi a mani vuote all'appuntamento"
......Perchè " tutte le parole scritte dagli uomini sono forsennato amore non corrisposto;sono un diario frettoloso e incerto che dobbiamo riempire di corsa, perchè tempo ce n'è poco.Un immenso diario che teniamo per Dio, per non recarsi a mani vuote all'appuntamento"
venerdì 10 settembre 2010
10 settembre 2010
Ciao Silvia,non so cosa dire, non so cosa pensare posso solo mandare un immenso abbraccio al Padre alla Madre a Simona a Beppe e Furio.
giovedì 9 settembre 2010
9 settembre 2010
Ciao amici, con la seduta mattutina dedicata alle gambe si è concluso il secondo periodo di allenamento.Siamo partiti il 16 Agosto con il camp di Fukuoka improntato sulla preparazione fisica e un pò di lezione, rientrato il 30 agosto abbiamo lavorato in questi giorni sulla scherma, e più precisamente sulla quantità schermistica, facendo ancora qualche richiamo fisico.Domani partiamo per Budapest, ci attende una bellissima esperienza internazionale di allenamento.Potremo, per una settimana, allenarci con molte nazioni di ottimo livello; per poi il sabato e la domenica partecipare a due gare, una individuale e una a squadre.
Ciao.
Ciao.
mercoledì 8 settembre 2010
8 settembre
Ciao amici, un caro saluto da Tokio, è da poco finito l'allenamento pomeridiano; abbiamo fatto lezione.Quando finisco sedute di allenamento come quelle di oggi sono stravolto ma felice.Non è facile cercare "la strada" della comprensione quando devi relazionarti con una lingua così difficile, è vero che il fioretto, la distanza il tempo non hanno bisogno di parole...ma ogni tanto una parolina può aiutare ed è straordinariamente bello il feeling comunicativo che si sta creando tra me e le ragazze fatto di (...non tante..)parole giapponesi, termini tecnici in inglese e francese e di suoni ...attraverso il suono di parole italiane o giapponesi cerco di trasmettere a loro determinate sensazioni.la conoscenza reciproca sta migliorando e sono così felice quando "sento" che tempo e misura stanno entrando in maniera naturale in queste ragazze che la fatica si trasforma in gioia!!Tantissimo lavoro ed apprendimento reciproco ci attende per diventare forti, ma siamo contenti di ciò che ci stiamo trasmettendo!!
Ciao
Ciao
lunedì 6 settembre 2010
6 settembre 2010
Ciao amici,dopo aver pubblicato il mio ultimo post ho letto questo articolo.....
Morire nell'indifferenza"Si, si, lo sapevo": così Jorge Lorenzo ieri, appena sceso dalla moto (quando non poteva sapere ufficialmente della morte di Tomizawa) ha commentato in mondovisione la scomparsa del pilota giapponese in diretta mondiale. Ieri tutti lo abbiamo preso per matto, per un pilota che ancora scosso dall'adrenalina della corsa si sia confuso nella risposta data al collega. Ma poi, quando gli abbiamo chiesto lumi (come facevi a sapere?"), Jorge sempre glissato rifugiandosi nel suo spagnolo e cercando di parlare della sua corsa. Così l'orribile sospetto, che Tomizawa si morto in pista, si fa strada, trova conferme. Una differenza non da poco perché con un pilota morto in pista e non fuori dall'autodromo si dovrebbe aprire un'inchiesta diversa da parte della magistratura.
Ma da dove arrivano i dubbi della morte di Tomizawa in circuito? Da tanti aspetti. Primo: perché trasportare un "ferito" così grave in ambulanza e non in elicottero? Secondo, perché Valentino Rossi ha detto "quando ho visto l'ambulanza andare così piano ho capito"? Perché il "ferito" è stato trattato come un sacco di patate e mosso senza nessun rispetto? Perché non è stata data almeno la bandiera rossa per pulire la pista dai detriti? Il sospetto cresce.
Domande senza risposte perché a queste risposte non si deve dare risposta. Successe lo stesso secoli fa, incredibilmente lo stesso giorno dell'incidente di Tomizawa: il 5 settembre del 1993. Chi scrive era ai primi Gp seguiti da inviato, sempre per Repubblica. Allora scrivemmo che Raney rimase paralizzato per una follia, quella di montare cordoli alti come muri perché a Misano oltre alle moto ci dovevano correre anche i camion e le macchine. Successe il putiferio. Ma dopo le accuse più ignobili i cordoli furono abbassati...
La sicurezza nelle moto è un argomento tabù. E non potrebbe essere altrimenti. "Se sei incerto tieni aperto" recita uno degli slogan più antichi del mondo delle corse. E' roba degli anni Venti. Da allora nulla è cambiato. E ha ragione Graziano Rossi, papà di Valentino ed ex pilota della Classe 500 a spiegare che "Quando correvo io e quando vedo correre mio figlio penso solo che l'incidente mortale a me e a Vale non potrà succedere mai. E' una cosa che riguarda solo gli altri".
Insomma, il "caso Tomizawa" non è nulla di nuovo per il mondo delle moto e delle corse. Ma per capire quale aria si è respirata ieri in autodromo, lontano dalla sala stampa, dal paddock e dalla mentalità dei piloti che corrono vi proponiamo uno degli oltre seicento commenti piovuto nel blog. Eccolo, è di Madmax:
"Ieri ero presente al circuito di Misano.
Ho visto con i miei occhi l’incidente al povero Tomizawa (è successo a circa 200 metri da dove mi trovavo io) e ripensando a quel momento e a quello che è successo dopo devo dire di aver visto qualcosa di inspiegabile.
Nonostante il terribile schianto e con la pista piena di detriti, la direzione non ha interrotto la gara.
Tra il pubblico c’era confusione per quello che era successo e in assenza di comunicazioni precise sono cominciate a circolare le versioni più disparate.
Io, vedendo che la gara non era stata interrotta e la lentezza con cui soccorrevano il povero giapponese mi ero convinto che nonostante la terribile carambola l’entità dell’incidente non fosse così grave.
Quando mia madre mi ha telefonato e mi ha detto come stava la realtà mi si è gelato il sangue.
Come si sa, lo spettacolo è andato avanti ugualmente; ci sono stati i festeggiamenti, le impennate, i fischi a Lorenzo, etc.
Questo anche quando, a fine corsa, lo speaker si è degnato di annunciare ciò che ormai sapevano tutti.
Ci ha detto che le bandiere sarebbero state messe a mezz’asta e udite udite… non ci sarebbero state le hostess sul podio.
Allo speaker gli va riconosciuto il tentativo di creare un clima più sobrio durante la premiazione ma parte del pubblico non gli interessava nulla della morte di Tomizawa e continuava a far suonare le trombe.
Io me ne sono restato seduto sul prato assorto nei miei pensieri, fissando il podio dove lo champagne veniva versato per una festa che, gente con un minimo di compassione umana, non avrebbe dovuto far celebrare.
Quando poi lo speaker ci ha ricordato per l’ennesima volta che nel circuito c’era la possibilità di acquistare i merdosissimi gadget ho, d’impulso, preso il mio zaino e con i miei amici ce ne siamo andati disgustati da ciò che avevamo visto e sentito.
So che il mestiere di pilota è rischioso e l’ombra della morte lo insegue in ogni curva ma mi chiedo come è possibile che la logica dello spettacolo possa prevalere sulla dignità umana e la drammaticità di questi momenti?".
Morire nell'indifferenza"Si, si, lo sapevo": così Jorge Lorenzo ieri, appena sceso dalla moto (quando non poteva sapere ufficialmente della morte di Tomizawa) ha commentato in mondovisione la scomparsa del pilota giapponese in diretta mondiale. Ieri tutti lo abbiamo preso per matto, per un pilota che ancora scosso dall'adrenalina della corsa si sia confuso nella risposta data al collega. Ma poi, quando gli abbiamo chiesto lumi (come facevi a sapere?"), Jorge sempre glissato rifugiandosi nel suo spagnolo e cercando di parlare della sua corsa. Così l'orribile sospetto, che Tomizawa si morto in pista, si fa strada, trova conferme. Una differenza non da poco perché con un pilota morto in pista e non fuori dall'autodromo si dovrebbe aprire un'inchiesta diversa da parte della magistratura.
Ma da dove arrivano i dubbi della morte di Tomizawa in circuito? Da tanti aspetti. Primo: perché trasportare un "ferito" così grave in ambulanza e non in elicottero? Secondo, perché Valentino Rossi ha detto "quando ho visto l'ambulanza andare così piano ho capito"? Perché il "ferito" è stato trattato come un sacco di patate e mosso senza nessun rispetto? Perché non è stata data almeno la bandiera rossa per pulire la pista dai detriti? Il sospetto cresce.
Domande senza risposte perché a queste risposte non si deve dare risposta. Successe lo stesso secoli fa, incredibilmente lo stesso giorno dell'incidente di Tomizawa: il 5 settembre del 1993. Chi scrive era ai primi Gp seguiti da inviato, sempre per Repubblica. Allora scrivemmo che Raney rimase paralizzato per una follia, quella di montare cordoli alti come muri perché a Misano oltre alle moto ci dovevano correre anche i camion e le macchine. Successe il putiferio. Ma dopo le accuse più ignobili i cordoli furono abbassati...
La sicurezza nelle moto è un argomento tabù. E non potrebbe essere altrimenti. "Se sei incerto tieni aperto" recita uno degli slogan più antichi del mondo delle corse. E' roba degli anni Venti. Da allora nulla è cambiato. E ha ragione Graziano Rossi, papà di Valentino ed ex pilota della Classe 500 a spiegare che "Quando correvo io e quando vedo correre mio figlio penso solo che l'incidente mortale a me e a Vale non potrà succedere mai. E' una cosa che riguarda solo gli altri".
Insomma, il "caso Tomizawa" non è nulla di nuovo per il mondo delle moto e delle corse. Ma per capire quale aria si è respirata ieri in autodromo, lontano dalla sala stampa, dal paddock e dalla mentalità dei piloti che corrono vi proponiamo uno degli oltre seicento commenti piovuto nel blog. Eccolo, è di Madmax:
"Ieri ero presente al circuito di Misano.
Ho visto con i miei occhi l’incidente al povero Tomizawa (è successo a circa 200 metri da dove mi trovavo io) e ripensando a quel momento e a quello che è successo dopo devo dire di aver visto qualcosa di inspiegabile.
Nonostante il terribile schianto e con la pista piena di detriti, la direzione non ha interrotto la gara.
Tra il pubblico c’era confusione per quello che era successo e in assenza di comunicazioni precise sono cominciate a circolare le versioni più disparate.
Io, vedendo che la gara non era stata interrotta e la lentezza con cui soccorrevano il povero giapponese mi ero convinto che nonostante la terribile carambola l’entità dell’incidente non fosse così grave.
Quando mia madre mi ha telefonato e mi ha detto come stava la realtà mi si è gelato il sangue.
Come si sa, lo spettacolo è andato avanti ugualmente; ci sono stati i festeggiamenti, le impennate, i fischi a Lorenzo, etc.
Questo anche quando, a fine corsa, lo speaker si è degnato di annunciare ciò che ormai sapevano tutti.
Ci ha detto che le bandiere sarebbero state messe a mezz’asta e udite udite… non ci sarebbero state le hostess sul podio.
Allo speaker gli va riconosciuto il tentativo di creare un clima più sobrio durante la premiazione ma parte del pubblico non gli interessava nulla della morte di Tomizawa e continuava a far suonare le trombe.
Io me ne sono restato seduto sul prato assorto nei miei pensieri, fissando il podio dove lo champagne veniva versato per una festa che, gente con un minimo di compassione umana, non avrebbe dovuto far celebrare.
Quando poi lo speaker ci ha ricordato per l’ennesima volta che nel circuito c’era la possibilità di acquistare i merdosissimi gadget ho, d’impulso, preso il mio zaino e con i miei amici ce ne siamo andati disgustati da ciò che avevamo visto e sentito.
So che il mestiere di pilota è rischioso e l’ombra della morte lo insegue in ogni curva ma mi chiedo come è possibile che la logica dello spettacolo possa prevalere sulla dignità umana e la drammaticità di questi momenti?".
domenica 5 settembre 2010
6 settembre 2010
Ciao amici, ieri a Misano e` morto in un terribile incidente Tomizawa, 19enne pilota giapponese.Non riesco a capire, non capiro` mai....com` e` possibile, che non si sia fatto nulla, com`e` possibile che questo incidente e questa morte non abbia portato a qualche cambiamento nelle gare restanti!!Si doveva fermare la giornata, si poteva???!!!!...Il denaro viene prima di tutto....sponsor...tv..il circo va avanti...!!!??Un minuto di raccoglimento....niente......almeno nelle gare dopo...niente feste , niente impennate.....un rispettoso silenzio avrebbe dovuto calare sul resto della giornata...nulla!!!!Non parlatemi di ipocrisia...per favore!!!Tutto viene travolto...oramai non ci si ferma davanti a nulla!!!Non riesco a pensare a cosa possano aver provato i parenti o gli amici davanti a quelle immagini terribili....a me, che ero solo uno spettatore, hanno provocato un pugno tremendo allo stomaco...sono rimasto davanti le immagini senza riuscire a dire niente aspettando, che da un momento all`altro,arrivata la notizia della morte, qualcosa sarebbe successo...invece nulla!!!non capisco, non capiro` mai!!!!
Posso solo avere un pensiero dolce per quel ragazzino che ora non c`e` piu`.
Ciao
Posso solo avere un pensiero dolce per quel ragazzino che ora non c`e` piu`.
Ciao
sabato 4 settembre 2010
5 settembre 2010
GLI ANNI R. Vecchioni
Cos'è rimasto delle gioie
e dei miei improbabili dolori?
dov'è finito il tempo
dei miei straordinari batticuori?
avessi inventato qualcosa,
si fa per dire una pietanza;
fossi stato un genio
o almeno un terzino dell'Atalanta;
mia madre mi diceva sempre:
"Smettila di bere!"
e non sapeva ancora
che dovevo ancora cominciare
io mi toccavo freneticamene
pensando alle sue amiche
ah! le idee già
da allora le mie preferite
Gli anni t'inseguono
quando sei solo
gli anni ti parlano
ma non è vero
Gli anni rimangono
silenziosi, leggeri,
stanno dove li metti
e si nascondono
negli odori, nei fogli,
nel wysky, nei cassetti
gli anni si impigliano
e si aggrovigliano
Vorrei parlarti
vorrei spiegarti
vorrei lasciarti
e poi cercarti
Vorrei sognare
che è stato solo un sogno
che mi hanno raccontato
senza dormire
perché il mondo non c'è
quando io sono addormentato
e poi dormire
con una poesia
che da sempre so a memoria
senza sognare
e la ragazza usciva
lentamente dalla storia
gli anni continuano
telefona almeno per dirmi
come ti va la scuola
fatti guardare
come ti sei fatta bella,
è vero, il tempo vola
gli anni t'imbrogliano
io non so più se
sono buoni o cattivi gli indiani
però non vale
che stavo in piedi a vedere
con chi usciva lei domani
gli anni sorridono
e un'altra donna leggera
leggera danza sulle dita
corrono avanti
e colori, persone,
giochi giorni, l'Inter, la partita
Gli anni che passano
non sono mai tanti
gli anni miei...
gli anni, gli anni, gli anni.
Cos'è rimasto delle gioie
e dei miei improbabili dolori?
dov'è finito il tempo
dei miei straordinari batticuori?
avessi inventato qualcosa,
si fa per dire una pietanza;
fossi stato un genio
o almeno un terzino dell'Atalanta;
mia madre mi diceva sempre:
"Smettila di bere!"
e non sapeva ancora
che dovevo ancora cominciare
io mi toccavo freneticamene
pensando alle sue amiche
ah! le idee già
da allora le mie preferite
Gli anni t'inseguono
quando sei solo
gli anni ti parlano
ma non è vero
Gli anni rimangono
silenziosi, leggeri,
stanno dove li metti
e si nascondono
negli odori, nei fogli,
nel wysky, nei cassetti
gli anni si impigliano
e si aggrovigliano
Vorrei parlarti
vorrei spiegarti
vorrei lasciarti
e poi cercarti
Vorrei sognare
che è stato solo un sogno
che mi hanno raccontato
senza dormire
perché il mondo non c'è
quando io sono addormentato
e poi dormire
con una poesia
che da sempre so a memoria
senza sognare
e la ragazza usciva
lentamente dalla storia
gli anni continuano
telefona almeno per dirmi
come ti va la scuola
fatti guardare
come ti sei fatta bella,
è vero, il tempo vola
gli anni t'imbrogliano
io non so più se
sono buoni o cattivi gli indiani
però non vale
che stavo in piedi a vedere
con chi usciva lei domani
gli anni sorridono
e un'altra donna leggera
leggera danza sulle dita
corrono avanti
e colori, persone,
giochi giorni, l'Inter, la partita
Gli anni che passano
non sono mai tanti
gli anni miei...
gli anni, gli anni, gli anni.
venerdì 3 settembre 2010
4 Settembre 2010
Ciao amici, ho letto questa lettera scritta a Agostino Di bartolomei , indimenticato capitano della Roma,dal figlio....mi ha tolto il fiato e profondamente emozionato!!!!
Quanto mi manchi papà.
In queste settimane ho passato qualche giorno di vacanza
a San Marco e ho avvertito fortissima la tua assenza.
In un attimo mi sono tornati in mente tutti insieme i
piccoli segni dei giorni estivi di festa.
Il tuo asciugamano blu nel bagno davanti al mare da
cui d'estate cercavo la barca mentre assonnato indossavo il
costume; lo sguardo di mamma quando vedeva che mettevi
l'aria nelle bombole, preludio di una giornata di pesca
subacquea in cui tu, ti riposavi 20 metri sott'acqua tra
tane di cernie, e lei si agitava guardando il pallone di segnalazione
galleggiare incerto di sopra.
Ago, se prima mi capitava di parlare di te sempre con il
sorriso e quasi con la certezza di scorgere nelle mie azioni
qualcosa che ti riportasse alla mia memoria, adesso purtroppo
tutto questo non mi viene naturale. Non più come
prima.
Mi manchi papà. E da figlio perdonami se decido oggi
di gridare con egoismo l'ingiustizia di avermi sottratto i
nostri anni più belli.
Quelli dell'adolescenza e di una contestazione strozzata
nel realismo; quelli di qualche schiaffone con cui, ogni
tanto, mi avresti addrizzato. Quelli delle prime ragazze,
dello studio all'università, della casa da solo. Quelli delle
partite di calcetto insieme. Rigorosamente, in squadre
diverse.
Rituali sicuramente sciocchi e forse banali ma che ti parlano
di una normalità che - forse perché negata - avrei desiderato
tanto e che mi sottraesti in quella mattina serena
di un'estate immobile.
Una giornata di cui purtroppo ricorderò perfettamente
ogni secondo per tutta la mia vita.
Di quell'ultima volta che ti ho visto vivo al sole del
terrazzo.
Di quella sedia bianca da giardino che stazionò lì per
mesi prima che ce ne accorgessimo, presi come eravamo da
mille interrogativi e dai rimorsi che ti stringono quando capisci
che non avevi capito nulla.
Quella sedia bianca di legno colpita come da una martellata
rotonda all'altezza della seconda fascia.
Dell'ultima volta che ti ho visto poco più di un'ora dopo
nel corridoio stretto del cortile davanti casa: steso in quella
chiglia fredda di zinco.
Avevo undici anni papà, tu mi sembravi invincibile e destinato
a tornare in qualche modo in quello stadio grande
con sopra gli imbuti nel quale quando incontravamo i tifosi
partiva in automatico la foto mentre in sottofondo scattava
plastico il coretto: "OOOO AGOSTINO... AGO
AGO AGOSTINO GOL..." scatenando in un certo senso
la mia gelosia di bambino.
Volendo, oggi, essere onesto fino in fondo con me stesso
penso che nella serenità con cui ho parlato di te alle moltissime
persone chi mi hanno chiesto se fossi parente del
Capitano - a riguardarla adesso quella serenità - ci sia stato
qualcosa di inconsciamente innaturale.
Come se con quella mia tranquillità volessi placare il rumore
assurdo che quel tuo sparo ha prodotto nella testa di
tutti noi. Che gesto estremo insensato imbecille ed allucinante
hai fatto quel 30 di maggio Ago.
Un altro 30 di maggio per te: l'ultimo. Per noi, da lì in
avanti, l'unico.
Quella data diventerà un giorno a caso sul calendario, un
giorno tra il 29 e il 31 in cui i giornalisti delle radio mi chiamano
per un ricordo con il pubblico. Per i tifosi che hanno
visto e non hanno dimenticato quel Capitano serio. Per quelli
giovani che ti hanno scoperto sui forum, visto su Youtube
e che per te hanno aperto anche una pagina Facebook.
Ho scoperto più avanti la crudeltà di quella data. Dieci
anni dopo quella finale. Ho scoperto quella crudeltà e mi
sono sempre ripetuto che non ci puoi aver pensato davvero.
Troppa cattiveria in quella coincidenza. Forse ti si è insinuata
dentro quella data, ecco. Come la depressione che
ti porta a un gesto stronzo. Come un fallo plateale in area
di rigore.
Perché papà io non ci ho mai creduto e non voglio crederci
che in quell'attimo estraneo all'intelletto hai pensato
a una sconfitta in quella stupidissima partita di calcio.
Di fronte alla grandezza di una vita umana, all'amore di
una moglie e di due figli infatti cosa era quella se una stupidissima
partita di calcio?
E pensare che la sera prima saremmo stati in trenta a
casa, tra cugini e amici stretti, a mangiare insieme senza che
nessuno si accorgesse di nulla. Mentre quella sensazione
lieve di malessere ti stritolava.
Ma non penso che ci saremmo potuti accorgere di nulla,
papà. Con noi sei stato, fino all'ultimo istante, lo stesso di
sempre.
Non chiuso. Non orso come ti vedevano gli altri. Quelli
che non ti conoscevano. Quelli che ti avevano cucito addosso
un personaggio che non ti apparteneva. Non fiero,
non superbo.
Solo riservato.
Con noi eri solo Ago: innamorato, dolce, caciarone e
ironico. L'Ago di sempre. Quello che accantonava l'aria
seria del ragazzo cresciuto in fretta, precocemente vecchio,
e buttava le miccette nel camino per spaventare nonno.
Quello delle domeniche in barca per andare a pesca.
Dei pomeriggi su un campo alla periferia del calcio per
insegnare ai ragazzini gli schemi e dirgli che serietà e talento
contano alla stessa maniera.
Quello che veniva a svegliarmi tutte le mattine per vedere
i tg delle 7 e che poi partendo per andare a lavoro con
Gianmarco mi portava a scuola.
Quello che durante la settimana aveva sempre dei fiori
per Marisa e che quando tornava a casa aveva per lei il
primo bacio.
Quello che nonostante tutta la mia incazzatura e tutto il
vuoto mi ha lasciato dentro riesco sempre a perdonare perché
ho conosciuto tutto il suo amore.
Mi manchi Ago. Ecco volevo solo dirtelo ancora una
volta.
Quanto mi manchi papà.
In queste settimane ho passato qualche giorno di vacanza
a San Marco e ho avvertito fortissima la tua assenza.
In un attimo mi sono tornati in mente tutti insieme i
piccoli segni dei giorni estivi di festa.
Il tuo asciugamano blu nel bagno davanti al mare da
cui d'estate cercavo la barca mentre assonnato indossavo il
costume; lo sguardo di mamma quando vedeva che mettevi
l'aria nelle bombole, preludio di una giornata di pesca
subacquea in cui tu, ti riposavi 20 metri sott'acqua tra
tane di cernie, e lei si agitava guardando il pallone di segnalazione
galleggiare incerto di sopra.
Ago, se prima mi capitava di parlare di te sempre con il
sorriso e quasi con la certezza di scorgere nelle mie azioni
qualcosa che ti riportasse alla mia memoria, adesso purtroppo
tutto questo non mi viene naturale. Non più come
prima.
Mi manchi papà. E da figlio perdonami se decido oggi
di gridare con egoismo l'ingiustizia di avermi sottratto i
nostri anni più belli.
Quelli dell'adolescenza e di una contestazione strozzata
nel realismo; quelli di qualche schiaffone con cui, ogni
tanto, mi avresti addrizzato. Quelli delle prime ragazze,
dello studio all'università, della casa da solo. Quelli delle
partite di calcetto insieme. Rigorosamente, in squadre
diverse.
Rituali sicuramente sciocchi e forse banali ma che ti parlano
di una normalità che - forse perché negata - avrei desiderato
tanto e che mi sottraesti in quella mattina serena
di un'estate immobile.
Una giornata di cui purtroppo ricorderò perfettamente
ogni secondo per tutta la mia vita.
Di quell'ultima volta che ti ho visto vivo al sole del
terrazzo.
Di quella sedia bianca da giardino che stazionò lì per
mesi prima che ce ne accorgessimo, presi come eravamo da
mille interrogativi e dai rimorsi che ti stringono quando capisci
che non avevi capito nulla.
Quella sedia bianca di legno colpita come da una martellata
rotonda all'altezza della seconda fascia.
Dell'ultima volta che ti ho visto poco più di un'ora dopo
nel corridoio stretto del cortile davanti casa: steso in quella
chiglia fredda di zinco.
Avevo undici anni papà, tu mi sembravi invincibile e destinato
a tornare in qualche modo in quello stadio grande
con sopra gli imbuti nel quale quando incontravamo i tifosi
partiva in automatico la foto mentre in sottofondo scattava
plastico il coretto: "OOOO AGOSTINO... AGO
AGO AGOSTINO GOL..." scatenando in un certo senso
la mia gelosia di bambino.
Volendo, oggi, essere onesto fino in fondo con me stesso
penso che nella serenità con cui ho parlato di te alle moltissime
persone chi mi hanno chiesto se fossi parente del
Capitano - a riguardarla adesso quella serenità - ci sia stato
qualcosa di inconsciamente innaturale.
Come se con quella mia tranquillità volessi placare il rumore
assurdo che quel tuo sparo ha prodotto nella testa di
tutti noi. Che gesto estremo insensato imbecille ed allucinante
hai fatto quel 30 di maggio Ago.
Un altro 30 di maggio per te: l'ultimo. Per noi, da lì in
avanti, l'unico.
Quella data diventerà un giorno a caso sul calendario, un
giorno tra il 29 e il 31 in cui i giornalisti delle radio mi chiamano
per un ricordo con il pubblico. Per i tifosi che hanno
visto e non hanno dimenticato quel Capitano serio. Per quelli
giovani che ti hanno scoperto sui forum, visto su Youtube
e che per te hanno aperto anche una pagina Facebook.
Ho scoperto più avanti la crudeltà di quella data. Dieci
anni dopo quella finale. Ho scoperto quella crudeltà e mi
sono sempre ripetuto che non ci puoi aver pensato davvero.
Troppa cattiveria in quella coincidenza. Forse ti si è insinuata
dentro quella data, ecco. Come la depressione che
ti porta a un gesto stronzo. Come un fallo plateale in area
di rigore.
Perché papà io non ci ho mai creduto e non voglio crederci
che in quell'attimo estraneo all'intelletto hai pensato
a una sconfitta in quella stupidissima partita di calcio.
Di fronte alla grandezza di una vita umana, all'amore di
una moglie e di due figli infatti cosa era quella se una stupidissima
partita di calcio?
E pensare che la sera prima saremmo stati in trenta a
casa, tra cugini e amici stretti, a mangiare insieme senza che
nessuno si accorgesse di nulla. Mentre quella sensazione
lieve di malessere ti stritolava.
Ma non penso che ci saremmo potuti accorgere di nulla,
papà. Con noi sei stato, fino all'ultimo istante, lo stesso di
sempre.
Non chiuso. Non orso come ti vedevano gli altri. Quelli
che non ti conoscevano. Quelli che ti avevano cucito addosso
un personaggio che non ti apparteneva. Non fiero,
non superbo.
Solo riservato.
Con noi eri solo Ago: innamorato, dolce, caciarone e
ironico. L'Ago di sempre. Quello che accantonava l'aria
seria del ragazzo cresciuto in fretta, precocemente vecchio,
e buttava le miccette nel camino per spaventare nonno.
Quello delle domeniche in barca per andare a pesca.
Dei pomeriggi su un campo alla periferia del calcio per
insegnare ai ragazzini gli schemi e dirgli che serietà e talento
contano alla stessa maniera.
Quello che veniva a svegliarmi tutte le mattine per vedere
i tg delle 7 e che poi partendo per andare a lavoro con
Gianmarco mi portava a scuola.
Quello che durante la settimana aveva sempre dei fiori
per Marisa e che quando tornava a casa aveva per lei il
primo bacio.
Quello che nonostante tutta la mia incazzatura e tutto il
vuoto mi ha lasciato dentro riesco sempre a perdonare perché
ho conosciuto tutto il suo amore.
Mi manchi Ago. Ecco volevo solo dirtelo ancora una
volta.
3 settembre 2010
Ciao amici, prosegue il lavoro al Jiss di Tokio per la nazionale di fioretto femminile.Sono molto contento perchè in questo periodo è partito il programma che avevo preparato per la federazione Giapponese;l'integrazione delle ragazze dell'Academy con quelle della nazionale maggiore.Le atlete dell'Academy sono tutte cadette e primo anno giovani, quindi fondamentali per il futuro del fioretto femminile giapponese.Continuamo al ritmo serrato di 2 sedute al giorno,Week end libero,per sviluppare al massimo il lavoro di quantità, adatto a questo periodo ancora lontano dall'appuntamento iridato.Il 10 di settembre partiremo per budapest, dove ci alleneremo per una settimana con molte nazionali europee per poi partecipare il sabato e la domenica a due gare, una individuale e una a squadre.Porterò con me 7 ragazze così potrò schierare anche due squadre permettendo così a tutte di vivere una buona esperienza.
Sayonara
Sayonara
mercoledì 1 settembre 2010
1 settembre 2010
Che brutto periodo....Zia Clelia, ciao un'altra parte della mia infanzia che se ne va!!!ti bacio,un abbraccio immenso a Elena e Giulia.
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