giovedì 3 marzo 2011

3 marzo 2011

Ciao amici, mi sono permesso di postare questo articolo dal sito dell'Accademia della scherma,un grazie di cuore all'autore e ai gestori del sito.

Se un bambino ha dei limiti


Scritto da Vincenzo Prunelli

[...] Se, invece, il limite è solo l'impossibilità di arrivare a primeggiare nello sport, il problema è degli adulti, genitori o allenatori, e non del bambino: chiediamogli solo ciò che può dare e accontentiamoci, perché non dobbiamo vincere sempre e fare il campione anche quando non è possibile. Qui si tratta di bambini, ed è ora che ci togliamo dalla testa che con loro si possa fare una squadra solo per vincere. Lo diciamo perché qualcuno lo deve fare, poiché le istituzioni preposte anche al controllo non hanno idee al proposito, e perché chi non ha capito questo, non deve più avere a che fare con i bambini. [...]

Per gentile concessione dell'autore e di Nuovo Sport Giovani


È giusto adottare tutte le cautele perché un bambino che già deve patire un limite possa frequentare lo sport con gioia e i vantaggi che lo sport deve offrire a tutti. Dobbiamo però evitare quegli atteggiamenti che possono creare disagio, non opprimerlo con falsi compatimenti e tenere presenti due considerazioni.

La prima, che il rispetto vero in questo caso è quello che si deve a tutti. Vuole dire non chiedergli più di ciò che può dare, ma chiederglielo tutto senza sconti, concessioni o compensazioni puramente formali che lo farebbero sentire ancora più diverso. La seconda, è che deve poter giocare con compagni con i quali può vincere e perdere, per non costringerlo a confrontarsi con altri che lo sconfiggeranno sempre e trasformarlo in uno sconfitto anche fuori dello sport.
Se il deficit gli consente di giocare in modo da fare la propria parte come gli altri, quindi, dobbiamo solo trattarlo come tutti, senza favoritismi o privilegi particolari, che lo umilierebbero e gli metterebbero contro gli altri. Se invece non ce la fa, non siamo ipocriti e umanitari a tutti i costi. Lo sport deve essere per tutti, ma non cercando un inserimento forzato che magari ci fa tanto nobili e all'avanguardia, ma crea inutili sofferenze al ragazzo. Cerchiamo per lui, e per qualsiasi bambino meno dotato degli altri, una squadra o uno sport nei quali possa competere alla pari, e senza paura di ferirlo e farlo sentire declassato, perché negare l'evidenza è un'inutile protezione e una mancanza di rispetto, e costringerlo a misurarsi dove non ce la fa, è sempre diseducativo.

A volte è il bambino a voler giocare quando e dove è sempre un perdente. In questi casi, occorre capire se non cerca solo di soddisfare le illusioni dei genitori. E, fatto questo, se il limite gli permette ugualmente di divertirsi, facciamolo giocare per quello che può, perché il nostro compito con i bambini è solo questo. Intanto, però, cerchiamo di indirizzarlo verso uno sport nel quale non patisca la differenza con gli altri.
Se, invece, il limite è solo l'impossibilità di arrivare a primeggiare nello sport, il problema è degli adulti, genitori o allenatori, e non del bambino: chiediamogli solo ciò che può dare e accontentiamoci, perché non dobbiamo vincere sempre e fare il campione anche quando non è possibile. Qui si tratta di bambini, ed è ora che ci togliamo dalla testa che con loro si possa fare una squadra solo per vincere. Lo diciamo perché qualcuno lo deve fare, poiché le istituzioni preposte anche al controllo non hanno idee al proposito, e perché chi non ha capito questo, non deve più avere a che fare con i bambini.

Certo, andando avanti chi ha dei limiti troppo evidenti non ce la farà a reggere il passo. Quando sarà il caso, i genitori dovranno portarlo a giocare dove potrà essere all'altezza dei compagni e si divertirà, oppure fargli praticare un altro sport. Quest'affermazione sembra in contrasto con la nostra convinzione che tutti devono giocare e che non si gioca solo per vincere, ma se la differenza con gli altri è troppo grande sarebbe molto più diseducativo costringere un ragazzo a misurarsi sempre da perdente.




Chi è Vincenzo Prunelli
E' un medico specializzato in Neuropatologia e Psichiatria presso l'Università degli Studi di Torin; Psicanalista della Società Italiana di Psicologia Individuale, Consigliere della Associazione Italiana di Psicologia dello Sport; iscritto all'Ordine nazionale dei Giornalisti, ha scritto di argomenti scientifici, culturali e sportivi in modo non continuativo su La Stampa (Tuttoscienze e Specchio), Repubblica e Gazzetta dello Sport, e per due anni in modo continuativo su Tuttosport.
Ha scritto:"Il calciatore: formazione, professionalità, aspetti psicologici", 1984, Centro Scientifico editore; Cento vite per lo sport", 1992; Pacini Editore ; "Sport e formazione dell'uomo", FIGC 1992, "Calcio: Formazione dell'atleta, dai primi calci al professionista", 1994, Centro Scientifico Editore "Quaderno di campo, 1996, Omega edizioni, in collaborazione"La psicologia dello Sport in quattrocento domande e risposte", 1998, Calzetti e Mariucci Editori; "Le domande dei genitori", 2002, Società editrice internazionale
"Sport e agonismo", 2002, Franco Angeli editore

In campo sportivo ha lavorato, dal 1978, per alcuni anni come psicologo dello sport presso il Torino Calcio, dove con Sergio Vatta ho elaborato le teorie sulla formazione e sulla conduzione, poi trasportate alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, dove ho lavorato dal 1992 al 1993.

Ha lavorato presso la Ipifim, poi Robe di Kappa, basket dal 1990 al 1993.

Esercita come medico, neuropsichiatra, psicanalista e psicologo dello sport

Direttore della rivista IL MEDICO SNAMI

Ideatore e curatore del progetto NuovoSportGiovani

2 commenti:

renata ha detto...

Ho letto attentamente ma altrttanto attentamento dovrebbero leggere moltissimi allenatori, persino di pulcini,che si comportano con i piccoli come se avessero a che fare con giocatori professionisti.
Anche molti genitori ,affezionati al" bordo campo",dovrebbero dare un'occhiata....
Mio figlio, a 6 anni, ha deciso di non voler più giocare a calcio dopo aver perso una palla durante una partita ed essere stato umiliato da genitori(degli altri bambini) e allenatore ...
Lo "sfigato" ora pratica pallavolo, basket,snowboard,pattina "in linea"; insegna Windsurf, canoa e fa Kitesurf e Surf.. se trova le onde adatte.Ma non gioca a calcio.
Questa è la mia esperienza.

renata ha detto...

dimenticavo...sa andare anche in barca a vela.