sabato 7 agosto 2010

7 agosto 2010

Ciao amici,ho tratto molti spunti e molte riflessioni da questo articolo, sulle esperienze che ho vissuto in questi miei primi 15 anni da ct nella gestione degli atleti e degli staff e sulle situazioni che sto affrontando ora in Giappone.Questi articoli, sono pane quotidiano per chi, come me, non ha studiato da CT ma ha cercato di istruirsi da solo.

MENTAL TRAINING (SCHERMAONLINE)


di tutte le discipline sportive, dal 'top level' ai settori giovanili, siano radicalmente cambiate negli ultimi decenni.
Grazie ai numerosi studi sulle scienze motorie e al basso costo delle tecnologie informatiche multimediali, oggi in palestra è possibile:

1 curare in ogni minimo dettaglio l’aspetto fisico dell’atleta, attraverso sedute di allenamento personalizzate e feedback valutativi individuali mirati a un potenziamento equilibrato dell’organismo, realizzati utilizzando sofisticate apparecchiature elettroniche sempre più specifiche ed efficaci;
2 allenare la tecnica individuale avvalendosi di prodotti hardware e software di largo consumo per la registrazione, il montaggio e la riproduzione di filmati al fine di visualizzare, anche in forma di singoli fotogrammi sequenziali, i gesti tecnici effettuati dagli atleti, mettendo così in luce eventuali movimenti irrazionali impercettibili senza l’ausilio di tale strumentazione;
3 progettare la tattica da adottare contro un avversario mediante l’utilizzo di videocamere ed applicativi “ad hoc”, capaci di catturare ed archiviare dati e documenti video con i quali elaborare analisi statistiche in grado di sintetizzare, in maniera oggettiva, le performances sia individuali che di squadra dei propri atleti e di quelli avversari, durante allenamenti e gare.

Va tuttavia osservato che un’evoluzione così celere e fruttuosa delle metodologie di allenamento non è stata seguita da un incremento altrettanto rapido delle tecniche per l’allenamento di quella parte non visibile ma fondamentale di ogni singolo atleta e, conseguentemente, della squadra: l’aspetto mentale.

Di fronte a momenti “di black out”, ad una prestazione individuale “tesa”, ad una performance “irriconoscibile” o addirittura ad una stagione con rendimenti altalenanti mediamente al di sotto del potenziale degli atleti, spesso non si hanno altre parole per spiegare le reali difficoltà provate dall’intero team; non si riesce a dare una soluzione al problema e non si ha la forza di invertire la tendenza.
A volte, peggio ancora, si prende atto “del momento particolarmente difficile”, “della mancanza di carattere degli atleti e della squadra”, “delle scarse motivazioni”, riconoscendo di fatto un limite: quello di non essere in grado di modificare la situazione.

Sorgono quindi spontanee le domande seguenti:

1.è possibile cambiare una condizione emotiva individuale o di squadra?
2.Perché atleti alternano prestazioni di alto livello ad altre poco costanti
3.In cosa si differenziano certi atleti di caratura superiore rispetto ad altri che invece non riescono ad esprimersi ad alti livelli pur avendo le potenzialità e il talento?
4.Quali strade percorrere per cambiare un trend?

L’allenamento “mentale”, “dell’intelligenza emotiva” “del saper essere” di un atleta, se realizzato regolarmente lungo tutta la stagione, in dosi variabili a secondo del momento temporale e dell’ambiente di riferimento e in funzione delle peculiarità dei singoli schermitori è il sentiero all’interno del quale si possono trovare risposte appropriate alle domande precedenti.

“Il saper essere” è da considerare come un elemento integrativo del sistema, anch’esso capace di creare valore aggiunto e di contribuire al raggiungimento di determinati obiettivi individuali e di squadra; un elemento invisibile da curare nei minimi dettagli, alla stessa stregua di un fondamentale tecnico.

Va inoltre sottolineato che l’allenamento dell’intelligenza emotiva, oltre a riportare alla dimensione “umana” lo sport, ha la capacità di coinvolgere tutti coloro che ruotano attorno ad una società sportiva, dall’atleta ai tecnici, dai dirigenti delle società ai vari collaboratori (medici, fisioterapisti, …) e lungo la stagione agonistica interessa ogni aspetto della pratica sportiva: dalla gestione dell’atleta maturo a quella del giovane, dall’organizzazione degli allenamenti alla preparazione delle gare, dalla formazione e gestione del gruppo all’individuazione degli obiettivi di squadra ed individuali.
In quest’ottica si rivaluta e viene posto al centro dell’attenzione il singolo atleta come soggetto unico del sistema e componente della squadra, dotato di intelligenza e personalità propria nonché destinatario ed utilizzatore delle metodologie, degli strumenti e dei prodotti che tutti i giorni si utilizzano in palestra durante l’allenamento.
Chiaramente, con ciò non si vogliono disconoscere i benefici generati dall’introduzione e diffusione delle continue innovazioni e scoperte scientifiche nelle scienze motorie e nell’informatica multimediale, cui va comunque riconosciuto il grande merito di aver contribuito in maniera più o meno importante a compiere quel grande passo avanti sopra illustrato.
Verosimilmente, a nostro avviso, un simile approccio riequilibra una pratica sportiva oggi apparentemente sbilanciata verso la “razionalità e la scientificità” esercitata da “atleti macchine” cui è lasciata l’unica possibilità di conformarsi ai programmi studiati a tavolino e dove trovano spazio solamente numeri, scouts, statistiche.
In termini “concreti” il “muscolo” da allenare è il cervello.
Funzionalmente il cervello si compone di tre zone concentriche, le quali sottendono al controllo delle nostre funzioni fisiche e psicologiche.

Tali zone sono denominate:
1.Midollo spinale e cervelletto;
2.Amigdala;
3.Neo-corteccia.

La parte più alta del midollo spinale e il cervelletto rappresentano la zona centrale del nostro cervello e possono considerarsi un corpo unico.
Esso è la parte più ancestrale ed è responsabile della funzioni vitali, poiché controlla il respiro, il battito cardiaco, etc..
Midollo spinale e cervelletto sono il nostro cervello “rettile”, sempre attivo, la cui velocità di risposta alle sollecitazione è molto elevata.

L’amigdala è la parte “intermedia” del cervello.
Essa è sede della componente emozionale, e presiede agli affetti, alla collera, alla paura, all’aggressività, all’ansia, alla capacità e volontà di associarsi in gruppo.
Può essere considerata il cervello “mammifero”, che nel processo evolutivo delle specie ha consentito ai mammiferi di non estinguersi grazie appunto agli istinti di paura, collera, lotta, fuga, che hanno garantito loro la sopravvivenza.
Come per il midollo spinale e il cervelletto la velocità di risposta alle sollecitazione è molto elevata.

La Neo-corteccia è la parte più esterna del nostro cervello.
Essa, a sua volta, può essere divisa in due emisferi con funzionalità differenziate:
la parte destra, in cui vengono fisicamente memorizzate ed archiviate le nostre esperienze, dove l’inconscio e l’immaginazione, la creatività e il pensiero induttivo caratterizzano il “mistero funzionale”;
la parte sinistra che è la sede del pensiero logico-matematico, dove il cosciente e il volontario albergano e regnano.

La Neo-corteccia può essere considerata il cervello dell’ ”uomo moderno”: la più recente nel nostro lunghissimo processo evolutivo, che distingue appunto l’uomo dagli altri mammiferi.

A questo punto ci poniamo la domanda: durante la gara, negli stati emozionali più forti, quale dei tre cervelli controlla la situazione?
La risposta è scontata: il cervello mammifero, il cervello rettile e l’emisfero destro. Questi effettuano un vero sequestro emotivo impedendo all’emisfero sinistro (il cervello uomo razionale) di elaborare le informazioni in termini razionali e proporre una risposta volontaria.
In pratica con il ragionamento non riusciamo a “colloquiare” con il nostro corpo e in modo prioritario emerge quello che proviamo.
Basta pensare a un qualsiasi esame che dobbiamo affrontare: più cerchiamo o cercano di imporci la calma e più si verifica il risultato contrario di farci innervosire e provare ansia.
In altri termini, proviamo a dire ad un’atleta prima di una gara importante di stare rilassato e tranquillo: l’effetto sicuramente non sarà quello sperato.
Non è possibile con la razionalità imporre uno stato emotivo né tantomeno generare volontariamente comportamenti di aggressività, calma, sangue freddo ecc.

Dobbiamo quindi cercare di “colloquiare” con la nostra parte più recondita e sconosciuta, ma come?

L’allenamento mentale dell’intelligenza emotiva (o emotional training) serve a questo.
L’invito è soprattutto rivolto a riflettere e far riflettere sull’importanza della parte ”invisibile” che c’è dietro qualsiasi prestazione di movimento e, successivamente, a condividere, scambiare esperienze e replicare il percorso e le “buone pratiche” proposte in contesti e situazioni diverse, raccogliendo eventuali critiche positive e negative con il solo obiettivo di promuovere la “vera” attività sportiva.
Piace infine osservare che l’allenamento della parte invisibile, anche a livello “pilota” non ha controindicazioni e non genera problematiche agli atleti: i quali, al contrario, si sentono molto attratti e sollecitati.

Luciano Sabbatini
Roberto Penna

4 commenti:

papagai ha detto...

Ciao Andra,
ho letto con attenzione questo ultimo intervento che hai scritto. Molto interessante. Infatti condivido pienamente il tuo commento. Penso che la federazione nipponica deve rendere conto dei molti spunti che questo testo ci ricorda.
Verro' anch'io a Parigi. Saro' a Milano e Berlino quel periodo!

Andrea Magro ha detto...

Ciao papagai, mi hai anticipato era mia intenzione chiederti la traduzione di questo pezzo per farla leggere a Harinishi San e a Emura San; penso che ci potrebbe essere d'aiuto per far capire alcune cose alla Federazione Giapponese.Ciao a presto, un abbraccio.

Unknown ha detto...

Se avessi piacere di metterti in contatto con gli autori del pezzo, e in particolare col mio vecchio amico Luciano Sabbatini, ti lascio la sua mail:
lucsabbatini@tiscali.it

Ciao
Antonio Fiore

Andrea Magro ha detto...

Ciao Antonio, ti ringrazio, In questi giorni sono un pò "occupato" il 13 rientro a Tokio e sicuramente sfrutterò questa tua informazione.Grazie.