Corruzione, i partiti applaudono Mattarella. Ma poi bloccano la legge
Ieri le ovazioni multipartisan alle parole del neopresidente sulla lotta al sistema della tangenti. Oggi il voto compatto al Senato contro la richiesta dell'M5S di avviare la discussione del ddl Grasso che prevede pene più dure. Votano sì solo grillini, Sel e Misto. Cioffi: "Anche la Lega di Salvini difende i corrotti"
Scrosciano gli applausi da tutti i partiti quando il neopresidente della Repubblica Sergio Mattarella esorta alla lotta contro il sistema delle mazzette, ma gli stessi partiti bloccano per l’ennesima volta la discussione del ddl anticorruzione giacente in Senato da ormai un paio d’anni. L’aula di palazzo Madama ha bocciato con 134 voti contrari e 49 favorevoli (Movimento 5 Stelle, Sel, Misto) la discussione urgente del testo originariamente depositato da Piero Grasso nel primo giorno di questa legislatura. Già ieri pomeriggio, mentre imperversavano gli apprezzamenti multipartisan per i richiami del nuovo capo dello Stato in fatto di legalità, la conferenza dei capigruppo aveva stoppato la medesima richiesta grillina. “Il Parlamento e la legge anti-corruzione possono attendere”, afferma il capogruppo del Movimento 5 Stelle Senato Andrea Cioffi. “Ieri tutti abbiamo applaudito il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando ha parlato di centralità del Parlamento e lotta alla corruzione. Oggi quegli stessi partiti che ieri applaudivano Mattarella hanno tradito le sagge parole del Presidente della Repubblica”. Cioffi sottolinea che hanno espresso voto contrario “tutti gli altri partiti, Lega di Salvini inclusa, che difende a denti stretti i corrotti”.
Stessa sorte, continua Cioffi, “per la discussione urgente per il disegno di legge sul divorzio breve proposta dal senatore Alberto Airola e per la mozione di sfiducia al ministro Beatrice Lorenzin avanzata dalla collega Michela Montevecchi. Una mozione quest’ultima che la maggioranza fa marcire nei cassetti da mesi in maniera inaccettabile mentre è palese l’incompetenza politica di questo ministro “.
Il nodo del contendere è il ddl n. 19 derivato dalla proposta originaria dell’attuale presidente del Senato. Prevede norme più incisive e pene più severe su corruzione, falso in bilancio e riciclaggio, e in questi due anni ha vissuto un iter tormentato. Per circa sei mesi è stato bloccato dal governo, che a giugno del 2014 aveva annunciato un testo proprio che si è fatto attendere a lungo. E quando è arrivato in Commissione giustizia, l’8 gennaio, ha innescato nuove polemiche con la reintroduzione delle soglie di non punibilità del falso in bilancio di berlusconiana memoria, che dal ddl 19 erano saltate in favore di una normativa più severa. Da allora il ddl è rimasto in commissione, mentre le Camere erano impegante nell’elezione del successore di Giorgio Napolitano. Che ieri si è insediato e ha inserito il contrasto alla corruzione e al “cancro” della mafia tra le priorità del Paese. Ma agli applausi non sono seguiti i fatti.
Il Fatto Quotidiano
4 febbraio 2015
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