Salamaleco amici, un saluto da Dubai. Ieri si e, svolta la gara under 17 per i campionati asiatici. Abdulla( vincitore dei campionati arabi) e’ arrivato tra i primi 16. Dopo un girone non molto brillante, chiuso con 3vittorie e 3sconfitte, nel tabelllone dei 64 ha avuto la meglio su un atleta dell’Arabia Saudita e poi nei 32 su un fiorettista koreano ( questo match mi e’ piaciuto molto e come importanza per la crescita di Abdulla vale piu’ questo match che tutto il campionato arabo), nei 16 ha perso abbastamza nettamente da un fiorettista giapponese. La cosa che piu’ e’ emersa e’ la mancanza totale di velocita’ di pensiero nel prendere le decisioni in pedana, e questa mancanza e’ figlia di una inesperienza internazionale e di un basso livello di qualita’ nell’allenamento quotidiano. Tutto il mondo asiatico, viaggia oramai in giro per il mondo da anni, crescendo sia dal punto di vista dell’esperienza, dal punto di vista decisionale e dal punto di vista tecnico. Sono comunque soddisfatto della prova di Abdulla che e’ ancora al secondo anno cadetto e ha tutto il tempo per crescere se lo vorra’ e se ci saranno le condizioni per poterlo fare.
Il secondo cadetto, Hammed ( bronzo ai campionati arabi) si e’ fermato nei 32, il solito attendere per rifugiarsi in chiusure a volte preparate non bene ha pagato nel girone ( 4 vittorie e 1sconfitta), ma nel match dei 32 contro un ottimo schermidore di Hong Kong non sono state sufficenti ad impedirgli una sconfitta netta; Hammed se vorra’ crescere dovra’ riuscire ad ampliare il suo bagaglio tecnico in pedana.
Massalam
domenica 25 febbraio 2018
venerdì 23 febbraio 2018
23 Febbraio 2018
Salamaleco amici, questo pomeriggio siamo arrivati a Dubai, dove da domani inizieranno i campionati asiatici under 17 e under 20; un’ottima opportunita’ per i ragazzi di alzare l’asticella dopo i campionati arabi del Cairo. Nella capitale egiziana, Abdulla ha conquistato l’oro e Hammed il bronzo nella prova cadetta, mentre sempre Abdulla ha conquistato il bronzo nella prova riservata agli under 20. Queste tre medaglie mi hanno soddisfatto, perche’ conquistate al cospetto di egiziani e tunisini che sono buoni schermidori. Nella prova under 20 a squadre e’ arrivato un bronzo , dopo che il Barheim ci ha battuto in semifinale e abbiamo superato gli Emirati Arabi nella finalina, nella prova a squadre non abbiamo tirato bene commettendo molti errori. Domani mattina andremo al luogo di gara per un leggero allenamento e per il controllo del materiale. Dopodomani scenderanno in pedana gli under 17, sono molto felice e curioso di vedere i ragazzi cinentarsi con il meglio del mondo asiatico, che oramai rappresenta da anni parte dell’elite’ mondiale. Giappone, korea, Singapore ed altri rappresenteranno un banco di prova molto difficile, ma stimolante.
Massalam.
Massalam.
giovedì 22 febbraio 2018
giovedì 8 febbraio 2018
mercoledì 7 febbraio 2018
7 Febbraio 2018
Silvio Boldrinoni
Di : Marco Travaglio
Era il 23 agosto 2009 e lui, a parte un colorito mogano-palissandro, era tirato a lucido e laccato come un sanitario Ideal Standard. Lui nel senso di Silvio Berlusconi, ancora premier, reduce da una visita di Stato in Tunisia e in partenza per la Libia dall’amico Gheddafi, rilasciò una memorabile intervista alla tunisina Nessma Tv, che aveva appena comprato in società col vecchio compare Tarak Ben Ammar (presente quel giorno in studio con lui) e con l’amico Gheddafi.
Lì il Cainano, ammiccando con l’occhio lubrico da latrin lover all’avvenente conduttrice che lo riempiva di elogi, lanciò un appello agli africani perché si trasferissero in massa a casa nostra: “Noi italiani abbiamo il dovere di guardare a quanti vogliono venire in Italia con una apertura totale di cuore. E di donare a coloro che vengono in Italia la possibilità di un lavoro, una casa, di una scuola per i figli e la possibilità di un benessere che significa anche la salute e l’apertura di tutti i nostri ospedali alle loro necessità e questa è la politica del mio governo… È necessario incrementare le possibilità per la gente che vuole tentare nuove opportunità di vita e di lavoro, occorre aumentare le possibilità di entrare legalmente in Italia e negli altri Paesi europei. Questo è ciò che voglio sia fatto, non solo in Italia, ma in tutta Europa”.
A quel punto l’occhio da cascamorto virò nell’occhio umido da caimano: “E poi bisogna dire che gli italiani sono stati un popolo che ha lasciato l’Italia e che è emigrato in altri Paesi… La cosa più terribile sono le organizzazioni criminali, che approfittano della speranza degli altri, delle persone che sono nella miseria e che vogliono donare a se stessi e ai propri cari un futuro migliore. E allora si affidano a persone che con imbarcazioni non sicure si mettono in mare, con tragedie a ogni istante”. Così, in un nanosecondo, milioni di maghrebini – ignari del livello medio di attendibilità di ogni parola che esce dalla bocca di B. (zero) – si fecero l’idea che l’Italia fosse diventata il loro Paese di Bengodi. E prepararono i bagagli.
Ora confrontate quelle parole con queste, pronunciate sempre da B. a La7, il 28 dicembre 2017: “Una volta i poveri del mondo non sapevano nulla di come si vive nei paesi del benessere e quindi non avevano spinte a spostarsi, lasciare la loro patria e venire qui. Adesso anche nelle più sperdute tribù dell’Africa esistono dei grandi schermi televisivi con delle batterie, anche senza corrente. E alla sera tutto il villaggio si raduna a vedere la televisione che illustra la nostra vita. Quand’ero in Congo a costruire un ospedale per bambini, ebbi l’invito da una di queste tribù e mi trovai in un villaggio senza luce ma con il grande schermo funzionante”.
Lì, aggiunge commosso, “un ragazzo di 20 anni, che aveva i piedi nudi e la stessa maglietta da cinque anni, mi disse: la nostra più grande aspirazione è venire da voi per cambiare la nostra vita e quella dei nostri figli”. Chissà se, su uno di quei tipici maxischermi da villaggio (turistico?), il giovanotto aveva visto e sentito B. promettere il paradiso in terra ai migranti africani come neppure la Boldrini al brindisi di Capodanno. Chissà se era informato del Trattato militare siglato nel 2008 dal novello dottor Schweitzer col regime di Gheddafi per riempirlo di armi, tecnologie e opere pubbliche in cambio della chiusura a ogni costo (stragi, repressioni e campi di concentramento nel deserto) dei flussi migratori dalle coste libiche. Chissà se sapeva che, due giorni dopo l’intervista alla tv tunisina, l’apostolo dei migranti aveva esaltato a Tripoli, accanto all’amico colonnello, i balsamici effetti dei respingimenti in mare. Ma soprattutto chissà che ne pensa di tutto ciò l’alleato di B. Matteo Salvini che, dopo gli orrendi fatti di Macerata, accusa una non meglio precisata “sinistra” di avere riempito l’Italia di clandestini, mentre l’unico ministro che a memoria d’uomo sia riuscito a ridurre gli sbarchi si chiama Minniti ed è, se non proprio di sinistra, almeno del Pd.
Ora B. annuncia l’immediato rimpatrio di “600 mila irregolari” (una cifra a caso, gli è venuta così). Strano, perché nel 2002 il suo governo, con i voti della Lega, approvò la più grande sanatoria di irregolari mai vista in Europa (694.224 domande accolte). Nel 2003 accettò senza fare un plissé il Regolamento Ue di Dublino che affibbiava in esclusiva l’accoglienza dei migranti ai paesi di primo sbarco, cioè all’Italia. Nel 2009, mentre B. invitava i migranti a venire a frotte, il suo governo, sempre coi voti della Lega, varò la seconda mega-sanatoria di irregolari (294.744) e il decreto Maroni col reato di immigrazione clandestina.
Un’ideona che da nove anni intasa le Procure siciliane di decine di migliaia di fascicoli inutili su altrettanti fantasmi dall’identità, nazionalità e residenza imperscrutabili, punibili con multe di mille o 2 mila euro che mai nessuno pagherà. Inoltre, essendo tutti indagati (almeno i sopravvissuti), i migranti possono avvalersi della facoltà di non rispondere e di mentire, dunque le forze dell’ordine e i pm non possono più interrogarli come testi con l’obbligo di rispondere e dire la verità sui loro scafisti. Infine possono ricorrere contro i rimpatrii (già in larga parte teorici, o perché mancano gli accordi bilaterali con gli Stati di provenienza, o perché non si riesce a identificarli, o perché le questure e le prefetture non hanno soldi per i charter) fino al termine del processo, cioè per anni e anni, in attesa della Cassazione.
Nel 2011 finalmente B. si levò dalle palle, ma ci lasciò in eredità una bella guerra in Libia che moltiplicò gli annegamenti e gli sbarchi, per la gioia di Mafia Capitale e degli altri affaristi della cosiddetta accoglienza. Ora per fortuna non gli credono più nemmeno gli africani (tant’è che, appena arrivati in Italia, fanno di tutto per valicare le Alpi): mica sono italiani.
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