Repubblica 6 Marzo
VOLPAGO DEL MONTELLO (Treviso) - Pier non ha avuto dubbi. Quando il papà gli ha chiesto se voleva andare a fare una gita al mare o a vedere i carri del carnevale a Treviso, è riuscito a dire: "Carri". Bisogna fare festa, a casa Morello. Piercarlo detto Pier si è laureato, 96 su 110. È diventato "dottore magistrale in Scienze umane e pedagogiche" con una tesi in cui parla di se stesso. Pier è affetto da autismo severo e non si ha notizia di altri autistici gravi che abbiano potuto cingersi d'alloro. "Abbiamo vinto una battaglia - dice subito il padre Luciano, ex insegnante - ma la guerra continua. Ma lo sa che quando Pier si è iscritto all'università l'Usl voleva togliergli i 400 euro al mese dell'"accompagnamento"? Dicevano: se va all'università non è autistico. Invece anche l'ultima diagnosi, svolta in una struttura pubblica due anni fa, conferma purtroppo che il nostro Pier è affetto da autismo severo".
È una storia bellissima e triste, quella di Pier. Bellissima perché Pier, 33 anni, non si è fermato in un'aula delle elementari o delle medie con l'insegnante di sostegno ma è diventato dottore. Triste perché la sua laurea è una mosca bianca in un mondo dove migliaia di ragazzi autistici "non parlanti" non riescono a uscire da "una vita - così ha scritto Pier nella sua tesi di laurea - muta, vacua e bisognosa di altri". "Io non so nemmeno - racconta il padre - cosa abbia provato, quando la commissione lo ha proclamato dottore e gli amici gli hanno fatto festa. Per un giorno e mezzo Pier si è ritirato nel suo posto preferito: il salotto di casa. Resta solo davanti alla tv accesa ma senza volume e ascolta musica alla radio: da Beethoven ai cantautori italiani. Non vuole che nessuno entri. Sì, ha visto i giornali, il Mattino e la Tribuna, che parlavano di lui. Ha fotografato gli articoli. Conosco i suoi tempi. Solo fra una settimana, via computer, potrò chiedergli come ha vissuto le ore della laurea. Io so che era molto teso, ma l'abbiamo capito solo noi genitori: aveva le guance rosse".
Nella storia di Pier ci sono stati molti muri e solo alcuni sono stati abbattuti. "Fino alle medie - ha scritto nella tesi per la triennale in Scienze della formazione - ricordo di avere solo colorato in silenzio tanti pallini a quadretti nei corridoi della scuola. Sì, ho conosciuto tante aulette di sostegno e corridoi". "Ho imparato - ha scritto nella tesi specialistica, su "Inclusione e ben-essere sociale: una storia di autismo per capire" - a leggere mentre gli insegnanti facevano lezione agli altri. Ma come facevo a farlo capire ai professori, visto che non riesco a parlare?".
"Fino ai tredici, quattordici anni - racconta il padre Luciano - Pier era giudicato dai medici un ritardato mentale. È stato allora che abbiamo incontrato la dottoressa Vittoria Realdon Cristoferi, che ha proposto una tecnica di scrittura facilitata, con l'assistenza di un operatore. E così è riuscito a frequentare l'istituto agrario di Montebelluna. I problemi più gravi sono arrivati dopo il diploma. Il Ceod - Centro educativo occupazionale diurno - ci ha proposto di inserirlo in una cooperativa sociale per disabili psichici, che è una struttura positiva per tanti ragazzi ma resta una gabbia, dorata ma sempre gabbia. Io e mia moglie Marta abbiamo deciso: Pier deve vivere in un ambiente normale, e per un ragazzo diplomato l'ambiente normale è l'università".
"Viviamo - ha scritto Pier Morello - in prigioni di cristallo, prigioni di voce negata e di parole che non sono espressione di dovuta fiducia". Un passo dopo l'altro, sempre in salita. Gli esami al computer, davanti al professore. "Alcuni docenti - racconta il padre - non volevano laureare Pier. Dicevano: non potrà usare la laurea, e allora perché dobbiamo concedergliela? Non hanno capito che la laurea in fondo è un effetto collaterale. L'importante è il passo avanti. Che farà adesso il nostro Pier? Noi non ci fermiamo. Lavora già, nostro figlio, tre giorni alla settimana. Da qualche anno va alla scuola materna di Venegazzù come assistente delle maestre. In aula distribuisce le matite ai bimbi, prepara la tavola delle insegnanti, fa la "sentinella" in giardino durante la ricreazione e avverte le insegnanti se i bimbi litigano o si fanno male. È la Usl che paga un piccolo stipendio e l'assicurazione con una borsa lavoro. Credo che questo sia un ottimo intervento: Pier si sente utile e motivato a comportarsi bene. La scuola non è una gabbia di cristallo. Il dottor Pier continuerà questa attività. Cercheremo anche altro, se possibile, ma sempre in un contesto normale".
"La disuguaglianza - ha scritto Pier - è la vera disabilità. So che cammino da solo... ma nella mia cesta di parole taciute trovo anche soli e lune, oceani e colori di luce". "Se il brano è stato scritto da Pier e non dal suo facilitatore - ha commentato Liana Baroni Fortini, presidente dell'Angsa, Associazione nazionale genitori soggetti autistici - Pier non può dirsi autistico perché dimostra di avere una comunicazione sociale molto buona". La dottoressa Vittoria Realdon Cristoferi, medico neuropsichiatra che segue Pier da quando aveva 12 anni, non cerca polemiche. "Nessuno di noi - dice - ha gridato al miracolo. "Uno su mille ce la fa", e questa è una buona notizia che però racconta che altri 999 non ce la fanno. Conosco Pier e gli "parlo" da quando era un bimbo. Mi ha sempre detto di voler vivere come gli altri. Ha raggiunto i risultati che si era prefisso. Pier è la dimostrazione che l'autismo non è incapacità. La laurea? Credo che per lui la conquista più importante sia stata quella di vivere con gli altri, andare con gli amici a prendere il sole a Prato della Valle... Sa di non poter fare da solo. Ma ha visto che la porta della gabbia può essere aperta".
mercoledì 5 marzo 2014
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