Ma Sallusti per quel pezzo non può essere perdonato
di Piero Valesio
Ero quasi tentato di stare con Sallusti, come giornalista e come cittadino. Poi mi sono andato a leggere il pezzo di Libero che è alla radice della condanna a 14 mesi del collega attualmente direttore del Giornale: e pur ritenendo palesemente fuori luogo la condanna al carcere (che il nostro sta ora ovviamente cavalcando per i ben noti obiettivi del suo carrozzone politico) ho capito che dalla parte di Sallusti proprio non posso stare. Ma voi l’avete letto, quel pezzo?
Glisso sul cuore del problema e cioè che sia stato scritto quando tutti gli altri sapevano bene che la vicenda era andata in tutt’altro modo rispetto a quanto narrato da Dreyfus: ma il linguaggio e il tono di quell’articolo meritano di essere letti per capire fino a che punto si può bloccare l’attività neuronale per asservire la propria prosa non giù ad un ideale ma di certo ad una fetida ideologia. Che Dreyfyus possa essere identificato come l’agente Betulla, al secolo Renato Farina, è reso probabile dalla citazione testoriana, autore amatissimo dai ciellini per la sua produzione più tardiva. Ma anche se non si tratta di Betulla nemmeno l’Inquisizione sarebbe riuscita a produrre di meglio.
Ecco un elenchino di alcuni termini e alcune espressioni rabbrividenti che vi prego di prendere come il promo di un film horror:
So però che il problema è che c’è ancora e sempre qualcuno pronto a usare un linguaggio spaventoso che pare ancora e sempre ispirato dal catechismo di Pio V, quello il cui Dio scagliava fulmini dalla sua nuvolona. Ma perfino quel catechismo non esiste più. Chissà se lo sanno i sempiterni carnefici della parola.
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