Ciao amici,ieri è scomparso Vittorino Meloni,lo storico direttore del Messaggero Veneto; oggi il nostro quotidiano locale lo ha celebrato e tra i vari articoli mi ha particolarmente colpito quello scritto dall'ex direttore due giorni dopo il grave sisma del 76....un articolo che racconta in maniera strordinaria la nostra terra e il nostro popolo.
Il terremoto ha sconvolto e distrutto i paesi,ma non ha abbattuto i friulani. C'è un'atavica abitudine alla sciagura, allineluttabilità, alla calamità che non si può evitare,soltanto sopportare e vincere con la volontà di fare, di rifare.Una regione che ha subito in media ogni 50 anni un'invasione,che ha sempre dovuto rimettere le semine, ricostruire le case, ripopolare le campagne, che ha sofferto Attila e i turchi, i barbari antichi e quelli più moderni; un popolo che è andato a lavorare per il mondo dalla transiberiana ai grattacieli di New York, che ha rimandato al paese il frutto dei suoi risparmi; un mondo così, per tanti aspetti unico ed esemplare, non poteva avvilirsi di fronte alla catastrofe che l'altra sera, alle 21, ha bombardato, con un sisma senza così esattamente uguali e sanguinosi precedenti storici, la fascia pedemontana e ha scosso Udine, più profondamente di quel che appare, distruggendo molti centri, uccidendo a tavola intere famiglie serene(qust'era un'isola serena in una nazione inquieta) inducendo a sfollare una moltitudine sorpresa, ma non atterrita, prudente, non arresa.Quel che ha colpito di più i numerosi osservatori stranieri e i giornalisti che sono accorsi a Udine, come del resto i soccorritori che sono arrivati da ogni parte, sono state la dignità, la virilità del comportamento di tutti, anche di chi ha sofferto la perdita di un familiare o della casa faticosamente costruita.
Hanno visto che, senza lacrime(perchè il dolore non è da mostrare, va tenuto dentro, conservato nell'intimo), tutti lavoravano a cercare i sepolti sotto le macerie e altri già a rimettere a posto le strade, le tegole, a spazzare i calcinacci, quando non addirittura a curare i campi.Come sempre,splendidamente, i friulani hanno cominciato a soccorrere le vittime e a rimettere a posto quel che si può, in friulano,secondo un vecchio motto, significativo per tanti versi, "di bessoi", da soli.
Certo che si ha fiducia nella solidarietà nazionale,ma non pretesa,in ogni caso non per querimonie e piagnistei.
Se un diritto esiste,com'è chiaramente questo il caso,il governo e il parlamento della nazione provvederanno. Il buon diritto non ha bisogno di prefiche. Questo non è in ogni caso il costume friulano. Spiace dirlo, ma questa immane disgrazia ha dato al Friuli l'occasione, certamente terribile, di dare un altro esempio. Non potranno qui ripetersi gli episodi che sono avvenuti altrove quando si è trattato di calamità nazionali. Nè sfruttamento nè speculazione. di qualsiasi genere e da qualunque fonte provengano, possono trovare un minimo di accoglienza in questa terra. Sono sbalorditi i fotografi dei grandi rotocalchi italiani ed esteri di non trovare qui del "patos", di non avere scene di persone in deliquio, di non continuare cioè la sequenza delle storie strappalacrime.
Quasi non ci credono, si appigliano a spiegazioni psicologiche, si ripromettono di essere più fortunati, in un'inutile ricerca, oggi o domani. Questa è un'altra prova che non conoscono i friulani e il Friuli. lo vedranno, lo impareranno, capiranno bene alla fine qual'è e come sa reagire.
Altrove si piange, ci si preoccupa e si fanno gesti generosi, ma anche retorici.Qui si lavora. Il terremoto non è del tutto concluso, anche se i moti di assestamento vanno decrescendo di intensità, e intanto il Friuli, senza indugiare, manifesta coralmente, con una mobilitazione che nasce dal precetto della coscienza, la volontà di ricostruire, di rinascere.
nelle pagine di questo giornale,che esce nuovamente in condizioni difficili, non c'è soltanto la testimonianza di un dramma, ma anche quella di una grande forza morale.
di VITTORINO MELONI
giovedì 8 gennaio 2009
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