lunedì 30 novembre 2015

30 novembre 2015

Ciao amici, un saluto da Tauber. Questo weekend il fioretto femminile era impegnato a Torino per il Gran Prix e le under 20 a Bratislava per la prova di coppa del mondo. Da Torino, non e' arrivata nessuna buona prestazione e di conseguenza nessun buon risultato. Golubytskyi, Sauer e Kruse si sono fermate al primo match del tabellone delle 64. mentre per Charlotte Kruse si puo' parlare di una prova sufficente, avendo superato il girone e i due match del tabellone di qualificazione, per Carolina Golubytskyi  dopo la buona prova di St. Maur si e' trattato di un brutto passo indietro figlio di un atteggiamento timoroso e di una scherma che non puo' produrre risultati. Da Anne Sauer speravo di vedere qualche miglioramento, ma purtroppo non ha ancora capito cosa vuol dire tirare a questi livelli.
Schmitz, Behr e Knauer si sono fermate nel match delle 128.
Sono soddisfatto dell'8 posto di Leandra Behr, conquistato a Bratislava, un buon risultato che spero le dia fiducia e convinzione.
Saluti

domenica 22 novembre 2015

22 novembre 2015

Ciao amici, un saluto da Tauber. Da poche ore si e' concluso il torneo internazionale under 17 che ha visto impegnate 217 atlete con un ottimo livello tecnico. Continuo il periodo positivo per le ragazze tedesche. Nelle ultime tre gare abbiamo conquistato 3 terzi posti( Ebert, Golubytsky, Ebert). 3 weekend, 3 gare, 3 terzi posti, simpatica coincidenza. La Ebert oggi ha conquistato un ottimo bronzo fermata in semifinale per una sola stoccata. Sono molto soddisfatto di questi due giorni di gara. 11 vittorie in 11 assalti nei due gironi, 2 vittorie nel tabellone di ieri per accedere alle 32 di oggi; 4 vittorie net tabellone e sconfitta solo in semifinale. Complimenti alla tedesca cadetta.
Ciao amici

giovedì 19 novembre 2015

19 novembre 2015

Ciao amici, un saluto da Tauber. Mentre l'Europa continua ad essere scossa dalla paura, ieri sera durante una trasmissione televisiva sulla 7, ho ascoltato le parole del Leader della lega Salvini, sono rimasto profondamente scosso. Nell'assoluto rispetto dell'opinione altrui e nel rispetto dells scelta democratica e libera del voto,  mi sento libero di esprimere la mia opinione. Non mi ha sconvolto la tremenda ignoranza del personaggio, ma il pensiero che ci siano italiani che possano seguire il pensiero razzista e privo di ogni contenuto di una persona come quella. Non mi piange il cuore per Salvini, ma soffro all'idea che il popolo italiano sia ridotto cosi. In qualunque paese civile un personaggio tale non potrebbe minimamente fare politica.
Voglio postare questo articolo letto questa mattina sul Fatto Quotidiano. Lo trovo molto bello ed illuminante, rispettoso dell'essere umano e delle sue diversita' culturali; ma sopratutto un "pensiero" onesto, parola che in Italia sta scomparendo.

Terrorismo e Islam: quando ho scoperto di essere un musulmano moderato
di Shady Hamadi | 19 novembre 2015

Confesso: non lo sapevo di essere un musulmano moderato. Mi hanno sempre chiamato per nome. Fino a qualche anno fa, mi è capitato poche volte di dover dichiarare che fede professassi. Poi è arrivato l’11 settembre e ho capito che qualcosa stava cambiando. Quando sentivano il mio nome, che definivano arabeggiante, cominciavano a chiedermi se i miei genitori fossero musulmani. Si stupivano quando rispondevo che mia mamma è cristiana e mio padre musulmano. «Ma come è possibile? Tua madre non ha cambiato religione? Tuo padre non l’ha obbligata?». «No» ribattevo semplicemente, e vedevo la confusione farsi strada nello sguardo dell’altro. Quando molti anni dopo, a ventidue anni, ho realizzato di sentirmi un musulmano che non può dirsi tale senza riconoscere la sua origine cristiana mi hanno dato del folle.
Le cose sono cominciate a peggiorare con la guerra in Iraq e i talebani in Afghanistan. I vicini di casa, che mi avevano visto nascere e crescere, cominciavano a fare domande, a voler sapere. «Curiosità. Non si capisce nulla e vogliamo stare tranquilli» dicevano quando venivano a bere il caffè nel salotto di casa nostra. Qualcosa che avevamo sempre tenuto privato, la fede, doveva per forza diventare pubblico. Dovevamo aprirci con tutti. Questo mi dava fastidio. Perché dovevo dire di che fede ero, quasi fosse una squadra di calcio? Mi arrabbiavo. Poi, da adolescente, scoprii che in alcune parti del mondo esistevano gruppi di fondamentalisti che discriminavano e uccidevano le persone che professavano una religione differente dalla loro. Allora cominciai a tollerare poco la domanda diretta «di che fede sei?» perché mi sembrava violenta, un voler entrare a tutti i costi nella mia vita privata senza permesso. Parallelamente, mi ricordavano quei fondamentalisti che tanto ho odiato. Perché dovevo essere etichettato? Non siamo un paese laico? C’è il libero arbitrio?
Diventando grande, ho cominciato a sentire spesso le seguenti parole “musulmano moderato” e “musulmani fondamentalisti”. Questa distinzione, entrata nel linguaggio comune, non mi era mai capitata di sentirla per nessun’altra religione. Ne sono sicuro. In questi ultimi anni mi hanno cominciato a definire “musulmano moderato”. Cosa c’è di moderato nel mio modo di essere? Il mio andare poco in moschea? Il tagliarmi la barba?
Ma il colmo è arrivato quando hanno cominciato, alcuni politici italiani, giornalisti, a chiedere ai musulmani, quelli moderati (come vengono chiamati), di condannare quello che dei terroristi hanno fatto a Charlie Hebdo e negli ultimi giorni a Parigi. Ho acceso un giorno la tv e ho visto un amico venir cacciato dallo studio televisivo, dopo aver detto 10 volte “condanno”, perché non si era alzato in piedi dichiarando, ancora una volta, con più voce, “io condanno”. Forse doveva anche inchinarsi di fronte a quei sordi che non hanno voluto sentire i suoi “io condanno”. Ma poi perché è colpa sua l’azione di alcuni singoli? E’ colpa di oltre un miliardo di persone l’azione di un gruppo? No, perché non esiste una colpa generale applicabile a un’intera comunità di individui.
Io non sono un musulmano moderato perché non conosco un Islam moderato, né conosco un Islam estremista. Conosco però una religione di nome Islam, di oltre 1400 anni, che racchiude la complessità, la pluralità e la ricchezza fenomenologica di qualsiasi altra religione. Poi, ri-conosco l’esistenza di terroristi e fondamentalisti che deturpano la fede, in nome di fini politici e economici, spesso sostenuti da mafie globali che hanno radici in molti governi. Come riconosco l’esistenza di tante persone, con nomi e cognomi, che hanno una credenza religiosa.
Ma forse mi sbaglio. Forse, invece, sono diventato estremista quando ho scoperto meglio le mie origini e ho visto un Occidente che si è definito illuminato, libero e democraticoandare a braccetto con i peggiori dittatori del mondo arabo (e non solo). Baciare la mano a Gheddafi, prendere il thè con Saddam Hussein, decorare con una onorificenza della Repubblica italiana Assad e fare affari con Ben Ali e le monarchie del Golfo. In quel momento mi sono sentito tradito. Ho cominciato a ricordare tutte le lezioni di storia sul fascismo e sul nazismo. Ho ricordato i valori che ci hanno insegnato a scuola, quelli della resistenza e della libertà, la libertà dell’uomo. Mi sono guardato intorno e ho trovato una parte del nostro Paese impegnata a seguire gli imprenditori dell’odio e incapace di riconoscere la differenza fra una dittatura e una democrazia. Ancora, ho aperto un giornale e c’era scritto che ‘noi’ eravamo tutti dei bastardi. E poi, dopo, hanno detto che alcuni di ‘noi’ non c’entravano, perché siamo «moderati».
Quando finiremo di etichettare le persone, di inserirle in categorie improbabili? Quando cominceremo il dialogo, quello vero, intorno alla nostra Storia comune? La risposta è che dobbiamo emanciparci dall’odio e da chi è in attesa delle disgrazie per porci l’uno contro l’altro, dividendoci in ‘noi’ e ‘voi’. Fino a separare anche quel ‘noi’ in tante piccole categorie. Dobbiamo essere fondamentalisti, estremisti… ma del dialogo.

lunedì 16 novembre 2015

16 november 2015

Ciao amici, parlare di scherma mi risulta difficile; continuamo gli allenamenti, ma fuori la guerra e' tornata, decine e decine di innocenti muoiono..... Ma forse la guerra non e' mai finita??!!!! La storia non ci ha insegnato nulla, continuiamo imperterriti a commettere gli stessi errori, continuamo nella nostra ignoranza. Tutti cio' che negli ultimi decenni e' successo fuori dall'europa non ci ha quasi mai toccato.... Ed ora che la paura, la morte e' arrivata da noi.... Non sappiamo cosa fare oppure ci domandiamo il perche' senza darci risposte oneste ed equilibrate, non ci prepariamo ad azioni serie e programmate ma parliamo senza sapere nulla della tragedia che sta colpendo il mondo intero. Penso ai bambini, ai civili innocenti morti sotto le bombe negli ultimi anni in giro per il mondo, penso alle persone che a Parigi erano sedute ad un tavolo a mangiare o ad ascoltare della musica e hanno visto la loro vita spezzata da un proiettile senza neanche avere il tempo di chiedersi perche'.....???? La guerra e' un mercato e non importa che il prezzo lo paghino le persone.Sapremo cambiare? Bisogna  avere la forza morale  e l'onesta' per farlo!!!Mi auguro che chi ama la liberta' e il rispetto fra i popoli voglia cambiare.
Ciao

lunedì 9 novembre 2015

9 novembre 2015

Ciao amici, voglio fare i complimenti a Carolina Golubyskyi per il 3 posto conquistato alla gara di coppa del mondo di St Maur. Un risultato ottenuto grazie ad una prova fatta di pazienza e finalmente riuscendo ad esprimere sensibilita' sul tempo e sulla misura. Ora spero che tutto il gruppo riesca a migliorare su questi aspetti fondamentali.
Un saluto.

lunedì 2 novembre 2015

2 novembre 2015

Pasolini, quando il calcio era cultura

Oggi il pensiero corre al grande scrittore scomparso 40 anni fa

Quand’è che questo calcio ha smesso di appassionarci? Quand’è che l’attesa della domenica è passata da rito imprescindibile che scandiva le nostre vite a momento di sopportazione, noia, quasi fastidio?
Forse siamo soltanto invecchiati e favoleggiamo un calcio più semplice, ma capace di suscitare emozioni genuine: quello con i numeri in campo dall’1 all’11, con l’orario d’inizio alle 14.30 per tutti, con le divise di gioco senza variazioni di colore incommentabili…
I calciatori con le facce scavate, vecchi già a 30 anni, senza creste colorate o tatuaggi da Maori, con qualche ‘cavallo pazzo’ eccentrico che era però l’eccezione e non la regola. E, magari, più attenzione verso le componenti che oggi sono state completamente sacrificate a favore del puro e semplice profitto: la passione, il senso di appartenenza, il divertimento. Quello ci manca!
Un calcio che non diverte, non ha ragione di esistere. Hai voglia a mettere su stadi-astronavi con spazi per Vip, o portare le telecamere fin dentro l’intimità dei giocatori. Se la partita è brutta, se nessuno dei calciatori dimostra che quello che sta facendo non è solo ‘timbrare il cartellino’, puoi metterci anche quattro commentatori alla volta, con il tono di voce sempre più alto, ma il risultato per lo spettatore non cambia.
Questo calcio, a uno come Pier Paolo Pasolini - scomparso 40 anni fa - probabilmente non sarebbe piaciuto per nulla. Creatura diretta di quella società dell’omologazione che non smise mai di attaccare in vita, nella sua opera letteraria, il pallone di oggi è lontano anni luce da quel senso genuino di sfida capace di coinvolgere sia fisicamente che emotivamente: sparito, andato, come le ‘lucciole’ cancellate dall’inquinamento della società di consumi di un antico (ma sempre attuale) scritto del poeta di Casarsa.
Grande appassionato di pallone, ala destra per vocazione e struttura fisica, Pasolini – che si dichiarò tifoso del Bologna, sua città di nascita - non perdeva mai occasione per portare il pallone dove dovrebbe stare: tra la gente, nelle strade. La famosa foto del poeta di Casarsa in giacca e cravatta in un campetto di periferia riporta alla memoria dei più attempati le domeniche fuori porta di qualche decennio fa, col pallone da calcio sempre nel baule dell’auto per improvvisare una partitella ovunque, con chiunque, con qualsiasi tempo (altre che ‘stadio coperto’!).
Quel calcio fatto di immediatezza e consapevolezza, lontano dai lustrini e dalle banalità in serie, è lo stesso che giocavano i grandi campioni, prima di diventare tali, magari su una spiaggia o su una strada polverosa, senza sponsor né merchandising. Un momento di unione e di sfida condivisa persino dalle rockstar (le foto dei Pink Floyd schierati come ‘squadra’ e le immagini di Bob Marley che addomestica un pallone nel cortile di casa sua col la band sono storia!) nei tempi in cui le ‘star’ non si trovavamo su un campo di calcio. O, se c’erano, era perché se lo meritavano, per davvero.
Andrea Ioime
Tratto da Udinese Blog

domenica 1 novembre 2015

2 novembre 2015

Ciao amici, un saluto da Tauber. Oggi riprendiamo gli allenamenti in previsione della seconda gara di coppa del mondo che ci vedra' impegnati a St. Maur venerdi e sabato nella gara individuale e domenica nella prova a squadre.
Sabato scorso , a Bochum, si e' svolta la gara di coppa del mondo under 20; sono molto soddisfatto del terzo posto di Leonie Ebert, la cadetta tedesca ha tirato bene conquistando un ottimo risultato. Deve continuare nel suo percorso di crescita tecnico per poter eliminare quegli errori che ancora compie, ma questo fa parte della natura delle cose; bisogna sempre cercare di migliorare attraverso il lavoro e poi l'eta' accompagnera' il suo percorso di maturita'.
Sono soddisfatto anche della prova di leandra Behr, fermatasi nelle 16 per mano della giapponese Kano. Leandra , compatibilmente con i suoi impegni universitari, dovrebbe cercare di allenarsi di piu' per dedicare del tempo a migliorare la sua "relazione" con il fioretto, ancora troppo acerba la sensibilita' che ha con lo strumento fondamentale di questo sport. Mi e' piaciuta anche la prova della cadetta di Bonn Sophia Werner che si dimostra ragazza intelligente in pedana.
La gara e' stata vinta dall'italiana Rivano davanti all'ungherese Pasztor. Ebert e Cipressa al terzo posto. Complimenti alla Maestra Gabriella Bozza che continua incessante, nella sua Rapallo, il grande lavoro schermistico culturale che le permette sempre di formare atlete forti ed educate al lavoro.
Ciao